la Repubblica, 1 giugno 2023
Maternità surrogata, a New York per diventare genitori servono 18 mesi e 140mila dollari
«Nessun governo dovrebbe entrare nella camera da letto di una persona», dice Deepak Gulati, seduto nella sala riunioni al piano terra di un palazzo art decò di dodici piani, al numero 1148 sulla Fifth Avenue, a Manhattan. Per entrare nel mondo della maternità surrogata, invece, basta una porticina di vetro e metallo senza numero, che si affaccia su Central Park e dà accesso a uno studio medico, un labirinto di ambulatori con alle pareti riproduzioni di elefantini sacri dell’India. Una infermiera ti accompagna oltre una porta bianca, che dà sulla lobby del palazzo, tra marmi di Carrara, capitelli corinzi, tappeti persiani, poltrone di velluto rosso stile Versailles e il via vai di portieri in livrea. Alla fine del corridoio ci sono gli uffici di Surrogacy4All, clinica che dal 2006 offre servizi di maternità surrogata a single, gay, lesbiche, coppie etero. Molti americani, ma anche europei, soprattutto tedeschi, e italiani. Laurea in tecnologia a Madras, India, master in ingegneria a Berkeley e a Chicago, Gulati è presidente e volto di questa organizzazione con sedi a New York, California, Ghana e India. «Un giorno – racconta mister Dee, come lo chiamano i doorman – è venuto da me un uomo di 74 anni e mi ha detto: “Mi risposo, mia moglie è giovane e voglio un figlio”. Ma ci sono donne anziane che hanno mariti giovani e vogliono un figlio per diffondere il loro Dna. Cosa facciamo? Neghiamo loro la realizzazione di un sogno?».«Poi ci sono le persone Lgbtq – continua – da noi è venuta una coppia di Atlanta, Georgia. Ho chiesto perché volessero un bambino e la risposta è stata: un figlio ci farà sentire ancora più vicini». La parola magica è immortalità. «Se dovessi morire domani – continua – posso andare in paradiso, o all’inferno, non so, ma attraverso il nostro dna continuiamo a vivere, così il bambino diventa un vascello per l’immortalità».Salire a bordo di questo vascello può essere semplice, ma costoso. Gli Stati Uniti sono un riferimento da anni: tra il 1999 e il 2013 sono nati con la “surrogata” 18 mila bambini. È anche un grande business: nel 2022 sono stati mossi 14 miliardi didollari nel mercato globale. Entro il 2032, secondo l’istituto di ricerca Global Market Insights, arriveranno a 129 miliardi. In alcuni Stati americani, tra cui New York, la “maternita in affitto” è legale, in altri no. In una quindicina è ammesso pagare la madre surrogata. Il costo medio va da 120 a 140 mila dollari, in cui vanno compresi screening, consulenza psicologica, congelamento embrioni, compenso alla gestante e spese sanitarie. Si diventa genitori in 15-18 mesi. Se si vive fuori, all’inizio neanche c’è bisogno di mettere piede a New York. In quel caso Gulati presenta il piano via Zoom o Skype. Al “genitore” manderanno a casa il kit per il prelievo dello sperma, da consegnare alla banca locale del seme per rilevare eventuali malattie trasmissibili. Ricevuto il via libera, la clinica si occuperà di prelevare il campione,portarlo a New York e sottoporlo a procedimento con ovuli e congelamento dell’embrione. Su una lavagna del c entro sono riportati alcuni dati, la cui sintesi è: più la donatrice è giovane, più aumentano le possibilità di successo. «Il modo migliore – spiega Gulati – è avere una donatrice tra i 21 e i 25 anni, le chance aumentano del 72 per cento. Tra i 35 e 40 scendono al 50 e così via». Accoppiati sperma e ovuli, si passa al congelamento. «Se hai un buono sperma, una donatrice di ovuli giovane e una madre surrogata giovane, le possibilità di successo sono tra l’80 e il 95 per cento». «Le donatrici di ovuli vogliono restare anonime – spiega la dottoressa Pooja Patel, coordinatrice del centro – abbiamo anche italiane che vivono in Usa e donano. Possono farlo non più di sei volte». Per ogni donazione ricevono ottomila dollari. Le madri surrogate, invece, 60 mila, e possono avere fino a tre gravidanze. Firmano documenti, assistiti dall’avvocato, in cui rinunciano a eventuali ripensamenti. Dicono che non ci sono storie di miseria alle spalle, ma se anche fosse probabilmente non lo ammetterebbero. La moglie di un militare Usa in missione ha offerto gli ovuli. Un’altra voleva guadagnare 60 mila dollari senza lasciare casa.
Come vengono selezionate? «Attraverso inserzioni pubblicitarie su Google», spiegano. Sono più di mille. Devono avere tra i 21 e 40 anni, essere non fumatrici, avere portato avanti almeno una gravidanza con successo, niente precedenti per droga, niente crimini, niente malattie mentali. L’aspirante genitore sceglie la madre da un gruppo di cinque-sei candidate inserite in un data base con centinaia di nomi. La gestante verrà seguita dal proprio medico e dalle ostetriche del centro. Una settimana prima del parto, madre e genitore, assistiti dai rispettivi studi legali, firmano davanti al giudice i documenti finali di “cessione volontaria” del bambino. A quel punto vengono avviate le pratiche per il passaporto americano. Il nuovo genitore uscirà dall’ospedale con il figlio. Nessuno gli avrà chiesto se è un papà etero, gay, single o sposato. Si sentirà solo una persona immortale.