Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  giugno 02 Venerdì calendario

Intervista a Gene Gnocchi. Parla dell’alluvione

Alcuni anni fa, dopo aver deciso di lasciare Fidenza e di emigrare ma non troppo, cioè senza comunque abbandonare la via Emilia, scrisse un libro dedicato alla sua nuova città:Cosa fare a Faenza quando sei morto.È ancora presto – grazie al cielo – per avere una risposta. Ma Gene Gnocchi, 68 anni, ha da raccontare qualcosa di speciale.
Gene, cosa fare a Faenza quando c’è l’alluvione?
«Beh, quando ti capita qualcosa di brutto di solito ci si può consolare dicendo: nella sfortuna, ho avuto almeno una fortuna. Io invece, nella sfortuna, ho trovato un’altra sfortuna: scoprire che l’unico posto dove puoi andare è la casa dei tuoi suoceri. Loro stanno all’ultimo piano, dove l’acqua non è mai arrivata».
Battute a parte?
«Battute a parte, qui a Faenza l’impatto è stato molto forte. Se vai vicino ai nostri due fiumi, il Lamone e il Marzeno, te ne rendi conto. Il Marzeno ha coperto un nucleo di case dove ho rischiato di andare ad abitare. Ero andato a vederne una con mia moglie Federica quando era incinta di Irene. Siamo stati fortunati. D’altra parte il libroCosa fare a Faenza quando sei morto era ispirato a un film americano, Cosa fare a Denver quando sei morto, il cui senso è: non puoi sottrarti al destino, che segue una concatenazione di fatti».
Ma adesso abita ancora con i suoceri?
«No, sono tornato a casa mia.
Abitiamo nella zona che va verso Brisighella, vicino all’Orto Bertoni, quartiere pesantemente colpito».
Danni a casa sua?
«Pochi».
Dov’era il giorno dell’esondazione?
«A Roma. Era un lunedì. Alle sei del pomeriggio mi chiama mia moglie e mi dice: c’è l’allerta meteo, dicono che bisogna andare ai piani alti».
Voi a che piano state?
«Pianterreno, più un pianorialzato. Ma a pianterreno abbiamo le grate fisse: se entra l’acqua sei intrappolato. Federica è stata bravissima: ha preso le bambine e le ha portate dai nonni».
E lei?
«Non potevo partire. Quando vado a Roma, viaggio in auto fino a Bologna e poi prendo il treno.
C’erano le strade bloccate, anche l’A14. Sono potuto rientrare a Faenza solo mercoledì mattina».
Quanti anni hanno le bambine?
«Irene dieci, Livia sette».
Erano spaventate?
«Spaventatissime. Immagina due bambine costrette a lasciare la casa mentre tutt’intorno girano le ambulanze e i vigili del fuoco a sirene accese. E quella voce urlata dagli altoparlanti: andatevene il più in fretta possibile».
Ha detto in tv che alcuni suoi amici hanno perso tutto.
«Vero. Stavano nella zona vicina al Lamone. Hanno perso la casa e l’attività lavorativa».
Lei è nato e cresciuto a Fidenza, vicino al Po. Il Grande Fiume le ha mai fatto così paura?
«Non così. Il Po l’ho visto a volte altissimo, ma mai esondato. E comunque il Po ha un’area golenale molto vasta. Ha molto spazio per sfogarsi, insomma.
Questi piccoli fiumi di Faenza sono contenuti solo dagli argini. E quando se ne rompe uno, l’acqua non ha un’area di compensazione».
I faentini dicono: venite a vedere, è peggio di come appare in tv.
«Difficile dire se è meglio o peggio.
In centro la situazione èmigliorata, rispetto ai primi giorni. La zona che va verso la collina di Brisighella non è stata toccata.
Bene anche verso l’autostrada, cioè via Granarolo. Ma in alcune zone sembra di essere in guerra.
Vicino al Lamone e al Marzeno è ancora un disastro: si vedono mobili arrivati a 8-900 metri dalle case. E la cosa più brutta è che non hai certezze. Non sarà facile riprendere».
Lei ha detto anche: questa volta i romagnoli, da soli, non ce la possono fare.
«No. Per quanto siano eccezionali, per quanto siano persone che non si piangono addosso, hanno bisogno di tutti. E debbo dire che gli italiani hanno capito: vedo in giro, a spalare e a dare una mano, gente di Bolzano e gente di Palermo».
«Cerco di fare un po’ da cassa di risonanza. Vado in televisione a dare l’Iban e dico: date quello che potete. Barbara Palombelli mi ha mandato un messaggio: se vuoi ti do volentieri Francesco Rutelli».
Ha fatto anche una diretta da un circolo tennis di Faenza e sui social l’hanno attaccata.
«Sì, ho fatto un collegamento da un circolo tennis cui sono iscritto.
Sono andato lì per fare un appello. E non vedo il problema. Avrei potuto farlo anche da casa: non ho mai fatto la vittima, non ho mai detto che la mia casa è danneggiata. E comunque: sa perché il giorno di quell’appello alle tv ero in quel circolo tennis?».
Ce lo dica lei.
«In quel circolo il 15 giugno farò uno spettacolo, ovviamente gratis, per aiutare gli alluvionati. Ero lì per organizzarlo. Ecco, avrei evitato di dirlo se a volte la gente non fosse stronza».
Sui social il peggio che c’è in noi esonda sempre? Anche dopo un’alluvione?
«A quanto pare sì. C’è troppa gente che non sta bene e si deve sfogare».