la Repubblica, 2 giugno 2023
L’assassino, la morte e l’amante
«Sono preoccupata per Giulia». È l’una di notte di lunedì scorso. Davanti ai carabinieri della stazione di Senago c’è una ragazza italo-inglese di 23 anni. Si chiama A. e ha paura. Non è semplicemente un’amante o «l’altra», ma una compagna parallela. Una giovane donna che da quasi un anno frequenta il collega di lavoro Alessandro Impagnatiello pensando di costruire una storia. Ad aprile si accorge che lui sta con un’altra persona, dalla quale aspetta un figlio: Giulia Tramontano, 29 anni. Così A. si mette in testa di cercarla per capire. Le due si incontrano per la prima volta il 27 maggio, poche ore prima del femminicidio. Si confidano, capiscono di essere entrambe vittime di menzogne, s’instaura un rapporto di «solidarietà», così lo definiscono i pm, con la più giovane che si offre di ospitare da lei la più grande e che su Whatsapp le scrive «Tienimi aggiornata», con un cuore accanto. Paroleche Giulia non ha mai letto perché era già morta. Gli «strani» messaggi di risposta arrivavano in realtà dal barista dalla doppia vita.
C’è un momento in cui A. capisce che è successo qualcosa di brutto. Del resto si era quasi involontariamente trasformata in una detective e anche le sue parole sono state utili per smontare il fragile castello di bugie di Impagnatiello. Ma per arrivare a quel momento bisogna partiredal racconto della ragazza ai carabinieri. «Conosco Alessandro dal giugno 2022 quando ho iniziato a lavorare come cameriera all’Armani Hotel, mentre lui era ed è un responsabile del bar. Da luglio abbiamo iniziato a frequentarci». Lui andava a casa da lei, ma è successo anche il contrario. Lo scorso gennaio «sono rimasta incinta, ma non mi sentivo pronta per un figlio e di comune accordo con lui ho deciso di abortire. Ad aprile ho scoperto che frequentava anche un’altra ragazza di nome Giulia». Con la quale in realtà stava insieme da oltre due anni e aspettava un figlio. «Me ne sono accorta perché ho visto delle foto sul suo telefono che lo ritraevano con lei in vacanza a Ibiza. Mi è apparso subito chiaro che Giulia era incinta. Lui mi ha strappato di mano il cellulare».
Altre bugie: l’uomo dice che il figlio non è suo, che un test del Dna lo conferma, che voleva aiutare Giulia solo perché era «mentalmente instabile», che con A. era invece tutto «vero». La ragazza ammette: «Lì per lì gli ho creduto». Ma poi continua a scoprire foto, a vedere sul tablet del barista delle ricerche per reperire test del Dna. E trova il numero di cellulare di Giulia. Il 27 maggio «ho deciso di chiamarla e ci siamo incontrate sotto l’hotel dove lavoro alle 17.30». Il barista, invitato all’incontro, non si fa vedere. La chiacchierata dura poco più di un’ora. «Ci siamo confidate. Abbiamo convenuto che Alessandro ci aveva mentito. Giulia mi ha detto che avrebbe fatto rientro a casa da lui».
È a questo punto che le cose diventano inquietanti. Nel tardo pomeriggio A. manda un messaggio a Giulia: «Tienimi aggiornata». Però, improvvisamente, «mi stava scrivendo in maniera diversa. Nei messaggi inviati dalle 20.30 alle 21.50 mi scriveva che lei non era stata sincera e di lasciarla in pace». Altre chiamate, a vuoto. La 23enne chiama Alessandro alle 23.29: «Era sul balcone, gli ho chiesto dove fosse Giulia. Ha detto che stava dormendo, gli ho chiesto di farmela vedere (in videochiamata, ndr), allora ha detto che era a casa di un’amica». Per gli inquirenti, Giulia era già morta da ore.
Quella sera A. torna a casa dal lavoro verso le 2 di notte. «Alessandro insisteva nel volermi vedere, non ho risposto alle sue numerose chiamate. Era sotto casa, voleva parlarmi per almeno 5 minuti. Gli ho parlato solo dalla finestra, dal ballatoio. Mi ha detto che Giulia era bipolare, che il figlio non era suo. Gli ho detto di andarsene. Ho avuto paura a farlo entrare perché non sapevo che fine avesse fatto Giulia e di cosa fosse capace lui».
Il giorno dopo i due si rivedono al lavoro. «Alessandro mi sembrava strano. Gli ho chiesto di Giulia, mi ha detto che non rispondeva nemmeno a lui, che non sapeva dove fosse. Dallo zaino che aveva in spalla ho visto fuoriuscire dei guanti in lattice azzurri». A. non si arrende. Chiede a Impagnatiello il cellulare della sorella di Giulia, Chiara. Lui si oppone. Lei trova lo stesso la familiare su Facebook. Le due si sentono, A. si presenta. Altri pezzi di verità che vengono a galla. No, dice Chiara, Giulia non è bipolare, non ha mai sofferto di malattie mentali. Alle 21.45, la ragazza riceve una chiamata dai carabinieri per andare in caserma e raccontare quello che sa. Pochi giorni dopo il ritrovamento del cadavere. Ieri sera, a Senago, tanti fiori sommergevano una panchina rossa. Accanto, una foto di Giulia.