Libero, 2 giugno 2023
C’è da aver fiducia nella farmacologia quasi sempre
Questa, durante la pandemia, forse non era da raccontare: c’era da aver fiducia nella farmacologia e basta, sempre. Meglio: quasi sempre. Si torna alla Bayer tedesca di fine ‘800, che nello stesso laboratorio e nello stesso agosto del 1897 creò due celebri composti nati dal processo di acetilazione degli alcaloidi: uno era l’acido salicilico, insomma l’Aspirina, destinata a cambiare la storia medica del Novecento. Due settimane dopo, poi, la Bayer creò anche la diacetilmorfina, che pure cambiò la storia del Novecento: doveva curare la tubercolosi polmonare, ma, dopo le conferme di 180 studi clinici tedeschi, russi, francesi, inglesi, ungheresi, svedesi e svizzeri, la molecola venne suggerita con grandissimo entusiasmo a bambini e adulti per almeno altre trenta patologie: dal cancro alla demenza, dal singhiozzo alla sclerosi alla depressione, davvero di tutto. Nel 1913 la Bayer la esportava in 23 paesi, e sino al 1930 altre ditte farmaceutiche ne esportarono tonnellate in tutto il mondo. Solo gli Usa cominciarono a vietarla dal 1925. La Società delle nazioni, poi, impose tutto un sistema di autorizzazioni. Nel 1931 altre nazioni la confinarono a usi medici (niente più libera vendita) e l’Italia la mise al bando solo nel 1951. Ultime, nel 1962, furono Cecoslovacchia a Portogallo: Aspirina sì, diacetilmorfina no. Che poi tutti, da un pezzo, la chiamavano eroina.