il Fatto Quotidiano, 2 giugno 2023
Il dramma della vita più sana e più lunga
“Io sono d’un’altra razza: son bombarolo”
(Il Bombarolo, De André)
L’Irlanda ha varato una legge per cui è obbligatorio che sulle etichette delle bottiglie di vino, birra, sidro e distillati sia scritto “bere alcol causa malattie del fegato”. Curioso perché gli irlandesi sono dei forti bevitori (Irish coffee), ma forse è proprio per questo che il governo li ha voluti ammonire. Tentativo senza speranza.
Ci sono Paesi in cui gli abitanti, per cultura e a volte anche per latitudine geografica, non vogliono e nemmeno possono rinunciare agli alcolici. La Russia, che per sua fortuna non fa parte della Ue, può costituire un buon esempio. Gorbaciov, quando salì al potere, invece di occuparsi della posizione totalmente subordinata che la Russia aveva assunto nei confronti degli Stati Uniti, pensò bene di muovere guerra all’alcol. In quel caso la vodka, perché come il serbo è serbo, la vodka è russa. Emise quindi dei diktat per cui nei ristoranti non poteva essere servita vodka prima delle due e negli spacci non poteva essere venduta che per due ore, mi pare di ricordare dalle due alle quattro del pomeriggio. Risultato: fino alle due nei ristoranti non c’era nessuno e intorno agli spacci si snodavano file interminabili che si attorcigliavano, per interi isolati, intorno ai brutti grattacieli di Mosca. Quando uno riusciva a mettere le mani sulle tre bottiglie di vodka concesse, uscendo le spartiva con gli amici in trepida attesa e tutti poi andavano a ubriacarsi nel primo giardinetto disponibile. Nei primi anni Venti ci aveva provato anche Trotzky, che certo non andava per il sottile (la sanguinosa repressione dei marinai anarchici di Kronštadt), ma nemmeno lui aveva cavato un ragno dal buco. Il vero Zar della Russia non è Putin, è la vodka (Moskovskaya: le altre, alcune addirittura americane, sono una truffa).
In Italia mettere quel tipo di etichette al vino è semplicemente ridicolo. Da noi il vino è una cultura da tempo immemorabile, mi pare che anche Nerone ne bevesse, naturalmente in tazze di mirrina, una specie di ceramica delicata e profumata che si faceva venire dal Oriente, noblesse oblige. E nessuno oserebbe dire a un friulano che, appena alzati, non è bene farsi un bicchiere di grappa (stessa gradazione della vodka, ma a essa gerarchicamente sottoposta per motivi di nobiltà di lignaggio).
A gennaio di quest’anno il sindaco di Milano Giuseppe Sala aveva proibito con un suo diktat l’uso delle sigarette elettroniche anche all’aperto, in particolare nei parchi e alle fermate dei tram. Nei parchi era soprattutto per tutelare le donne incinte, se non c’erano donne incinte si poteva fumare la famigerata sigaretta. Quindi uno avrebbe dovuto andare nei parchi e tastare il ventre delle donne (buon pretesto peraltro) per assicurarsi che non fossero incinte.
Peccato. Sala aveva cominciato bene riuscendo a far celebrare l’Expo e, per far questo, aveva anche sorvolato su alcune norme burocratiche per cui è stato messo sotto accusa (s’è salvato per prescrizione per aver falsificato le firme su un mega-appalto). Ma se si fossero rispettate quelle norme l’Expo non si sarebbe fatta con un danno d’immagine incalcolabile per l’Italia. L’Expo, così dicono, ha fatto da traino all’economia turistico-alberghiera. Mentre prima di stranieri venivano a Milano solo per business, un giorno o due e poi via, adesso vengono anche, e molto di più, per turismo accorgendosi che Milano, pur non essendo spettacolare come Roma (la tappa del Giro d’Italia attorno al Colosseo ne ha dato, semmai ce ne fosse stato bisogno, una ulteriore dimostrazione), ha bellezze più nascoste e quindi più intriganti, come più intrigante è una donna interamente vestita di una che sculetta in tanga.
Ma Sala, nella sua smania di “modernizzazione” per cui Milano deve avere grattacieli almeno pari a quelli di Abu Dhabi (ma là ci sono almeno dei cammelli), ha finito per portare a compimento l’espulsione dei ceti popolari dalla città, in atto da anni. E una città spopolata diventa pericolosa perché manca il controllo sociale. Milano la notte è deserta in rapporto alla sua popolazione virtuale (virtuale perché mi pare che ogni giorno vi entrino un milione e duecentomila pendolari provenienti dallo sconsolato e terrificante hinterland). Roma, al contrario, è popolata tutta la notte. Così la Stazione Centrale, che pur è molto vicina al centro, è diventata uno dei luoghi più pericolosi della città.
Ma torniamo alla proibizione degli alcolici che può far contento solo il direttore (astemio) di questo giornale. Adesso i vaneggiamenti di Sala sono stati ripresi dal governo che, oltre a tutto ciò che già ci vieta, vuole proibire il fumo in ogni sua forma. Nella libera democrazia siamo circondati da divieti, divieti comunali, divieti regionali, divieti statali, divieti della Commissione europea, insomma è lo Stato (“il più freddo di tutti mostri”, come lo definiva Nietzsche) il padrone delle nostre vite.
Per quanto riguarda la salute, il leitmotiv è sempre lo stesso: bisogna allungare la vita dei cittadini. Non si accetta più che si possa invecchiare e morire. Per cancellare l’invecchiamento (la morte proprio non si può) sono stati inventati trapezismi linguistici come la “quarta età”. Per me la “quarta età” inizia quando uno comincia ad avere difficoltà a mettersi le mutande, e uno che ha difficoltà a mettersi le mutande, secondo il mio personalissimo cartellino, non è più degno di vivere.
Adesso ci giungono notizie che sono allo stesso tempo positive e negative. La positiva è che si potrebbe fare baldoria fino ai cinquant’anni, la negativa è che se si vogliono raggiungere i cento bisogna mettersi in regola. Quali sarebbero queste regole? Ce lo dice su Il Giornale una certa Valeria Braghieri, una che voleva diventare Natalia Aspesi ma è rimasta Valeria Braghieri, rifacendosi a ricerche di imprecisati scienziati, ricerche che non hanno alla base nessuna “evidenza scientifica”, ma abbiamo preso – ed era l’ora – a dubitare delle “evidenze scientifiche” dall’epoca del Covid quando ognuno degli immunologi, epidemiologi, virologi si basava su “evidenze scientifiche” tutte diverse. Ma vediamo queste norme di buona condotta, ex Valeria Braghieri. Ci sono innanzitutto le noci perché chi ne consuma a valanga avrebbe un tasso di mortalità del 20 per cento più basso rispetto a chi non ne mangia, ma pare che il vero miracolo venga dal caffè che mette al riparo da demenza e Parkinson. Vietatissimi sono i formaggi che vanno sostituiti con una tazza di cavolo cotto. E naturalmente bisogna andare a letto con le galline cioè non avere una vita notturna.
Insomma è la solita solfa, è quello che ho chiamato il “terrorismo diagnostico”. È ovvio che vivere ci fa morire. Ma rinunciare a vivere per potersi ingozzare a cent’anni di noci non mi pare una buona cosa.
Io sono poi proprio di un’altra razza. Sono per lo sterminio dei vecchi. Perché plotoni di vecchi pesano sulle giovani generazioni, già impegnate a stare alla larga dalla marmellata. Penso che sia indecente vivere oltre una certa età. Il Covid poteva essere una buona occasione, ma l’abbiamo mancata.