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 2023  maggio 31 Mercoledì calendario

Intervista a Daniele Silvestri

Daniele Silvestri, il nuovo disco si intitola Disco X. X che cosa significa?


«È il mio decimo album ma la X si legge ics e non 10, significa anche qualsiasi ed evidenzia il bisogno di non cercare l’hype».


Ossia?


«A volte credo che non ci sia il bisogno di emergere, ma di immergersi nella musica».


Lo ha fatto.


«E mi sento più libero, ora. Come se mi fossi liberato dalla pressione, dal bisogno di rispettare le aspettative. Quando sei dentro, non ti rendi conto di quanto tu ne sia condizionato. Lo capisci solo quando tu le vedi dal di fuori».


In effetti per Daniele Silvestri, 54 anni, esordio nel 1994 con subito la vittoria al Tenco, sembra un altro debutto, e non succede tanto spesso dopo decenni di carriera. Anzi non succede mai nell’epoca dei cliché musicali ripetuti all’infinito finché funzionano. Invece il cantautore molto impegnato si è trasformato, ha perso per strada qualche dogma e si è ritrovato in quello che oggi sembra il suo ruolo ideale: quello di chansonnier nel senso di cantastorie che, oltre a omaggi sempre più evidenti a Lucio Dalla, riesce a mescolare elettronica e pop rock, barre rap e jazz per raccontare i cambiamenti sociali (ad esempio Bella come stai con Franco 126), i pregiudizi (Mar ciai con Eva) e persino i provini da talent show (Il talento dei gabbiani). Insomma il Silvestri di oggi è più completo di quello di ieri. Mica poco.


Quando c’è stata la svolta?


«Probabilmente alla fine dello spettacolo Teatri X, ambientato in uno studio di registrazione durante il quale ho anche registrato degli inediti. A chi lo seguiva, ho anche chiesto di mandare storie e ne ho ricevute tantissime. Alcune avevano un germe per diventare canzoni e lo sono diventate in scena».


E poi?


«Le ho raccontate e raccontare storie è bellissimo, questo disco nasce proprio dal bisogno di mettere la musica intorno alle parole».


Nella musica spunta anche Giorgia.


«C’è una canzone d’amore forse un po’ vintage, nella quale c’è jazz e c’è soul. Si intitola Cinema d’essai e ho pensato che fosse perfetta per quella mia amica di sempre che si chiama Giorgia. Era incasinatissima, ha registrato al volo ma la prova è andata benissimo ed è rimasta quella definitiva».


In While the children play ci sono Wrongonyou e soprattutto il gigantesco Frankie Hi Nrg.


«Beh noi siamo legati da una onlus nata per aiutare i bambini siriani vittime della guerra, anche se oggi parlare di guerra evoca immagini ancora più vicine. In ogni caso Frankie è un maestro perché è stato il faro illuminante del rap quando è diventato anche italiano. Magari non è stato il primo, ma di certo ha mostrato subito una penna di livello altissimo. Diciamo che con Caparezza e Fabri Fibra rappresenta uno dei caposaldi del nostro rap».


Daniele Silvestri non ha mai avuto paura di prendere posizioni anche frontali e ritrovarsi al centro delle polemiche. Ora è meno «guerrillero».


«Forse sì. Ma forse è anche una questione anagrafica. Fare il battagliero quando hai i capelli grigi diventa meno credibile».


Una sorta di «largo ai giovani»?


«No, ma forse un po’ sì. Ogni fase della vita ha le proprie caratteristiche e adesso a me è venuta più voglia di approfondire e, appunto, di raccontare».


Da qui l’amore crescente per Lucio Dalla.


«In Scrupoli c’è una chiara citazione di Disperato erotico stomp. Racconta la fine di una relazione dal punto di vista di una donna. Ma c’è anche Colpa del fonico, che è la canzone alla quale forse tengo di più e che non sarebbe mai nata senza l’ispirazione di Dalla».


E ora?


«E ora si fanno concerti. Di certo, saranno concerti estivi e quindi con vestiti musicali più leggeri, anche se sul palco mi porterò un po’ di teatro lo stesso».


Cosa pensa di Arisa costretta a disertare il Pride di Milano dopo aver parlato della premier Meloni?


«Ho visto qualche titolo ma, lo confesso, mi è passata la voglia di approfondire».