La Stampa, 31 maggio 2023
Intervista a Piero Chiambretti
«Alla mia età mi sento come la Vanoni». Una donna? «No, una persona serena e in pace col mondo, che riesce a guardare le cose con distacco e può dire liberamente quello che gli passa per la testa». Anche quando si parla di Rai, Mediaset, pensiero unico e lottizzazione? «Soprattutto». Chissà se Ornella Vanoni è davvero pacificata, ma Piero Chiambretti, il bambino più adulto della tv italiana, sembra a due passi dal Nirvana. Invidiabile. «Oggi mi sento proprio a posto. Ho ricevuto un sacco di messaggi pieni di affetto. Vuole dire che ho seminato bene». Ha firmato un nuovo contratto? «No, è il mio compleanno. Sono 67. Il WhatsApp di mia figlia Margherita mi ha spappolato il cuore». Non lo sapevo, gaffe. Mi perdoni. Auguri. Parliamo di televisione? «Di che cosa se no?».
Piero Chiambretti, con una tessera in tasca si lavora meglio in tv?
«Bella domanda. Soprattutto perché ha tante risposte».
La prima che le viene in mente?
«La prima che mi viene in mente sono due. Se ce l’hai fatichi meno a lavorare, direi. Ma direi anche che se non ce l’hai, se sei un cane sciolto, hai il vantaggio che magari lavori anche quando cambiano i governi».
Diciamo che nella tv pubblica è meglio essere amici degli amici?
«Diciamo che la tv e la politica vanno a braccetto da sempre e che non c’è nulla di nuovo sul fronte occidentale, anche se oggi molti scappano dando l’impressione di farne una questione di principio».
E invece?
«Non vanno sulle montagne in Sardegna, si spostano più semplicemente dove hanno mercato per continuare a fare il proprio lavoro».
È un pizzino per Fazio?
«Ma figuriamoci. La tv è da sempre una specie di Grand Hotel pieno di gente che va e gente che viene».
Salvini ha salutato quelli che sono andati via da Rai3 con un velenoso Belli Ciao.
«Bah, un tempo la televisione spostava i voti. Nel 1994 successe con Berlusconi, che passò rapidamente da imprenditore a primo ministro. Poi questa forza di persuasione si è affievolita. D’altra parte se la tv fosse tutta di sinistra la destra non avrebbe vinto le elezioni».
Vero, ma Salvini e Belli Ciao?
«È di cattivo gusto usare Bella Ciao in questo modo. Rende omaggio a quei partigiani che morivano davvero per la nostra libertà. Mi pare una mancanza di rispetto nei loro confronti usarla così superficialmente».
Lo sente il venticello autoritario di cui tanto si discute?
«No. Io faccio tv da decenni e anche negli anni d’oro di Rai3, di cui sono stato fondatore (e me ne vanto), la lottizzazione era codificata. Rai1 alla Dc, Rai2 ai socialisti, Rai3 alla sinistra. Sono giusto cambiati i colori».
La Rai si sta impoverendo?
«Tutto può essere. Ma, da quello che leggo, chi se n’è andato lo ha fatto per scelta. Non è stato cacciato nessuno. E nessuno è rimasto disoccupato. Mi sembra difficile parlare di censure».
Di che cosa parlerebbe?
«Vedo che in giro ci sono agenti molto efficienti che riescono a garantire spazi confortevoli ai propri assistiti. Io, quando fui fatto fuori dalla Rai, rimasi fermo due anni. Nessuno si indignò o scese in piazza, ma non è che mi sentissi un martire. Piuttosto noto con dispiacere che in Italia gli ideali sono meno importanti degli interessi».
Chi fu a cacciare lei?
«Non ricordo l’esecutore».
Il mandante?
«Si disse Berlusconi. Che poi però mi ha chiamato a Mediaset, dove sono in piena sintonia con Piersilvio. Lavoro lì da dodici anni, dopo averne fatti quindici in Rai».
Ci resta a Mediaset?
«Spero di sì. Abbiamo dei progetti».
Ha mai votato per il Cavaliere?
«Mai. E neanche fatto una festa dell’Unità».
È vero che il suo primo provino in Rai, nel 1982, lo fece in mutande?
«Sì, avevo capito come sarebbe finita».
Mi pare che sia andata di lusso.
«Oggi sono una persona serena, senza conti in sospeso. A 67 anni sono un uomo libero, un privilegio a cui tanti si sottraggono. Ma la libertà di pensiero esiste. Poi, certo, bisogna trovare il pensiero».
Bello. Ma tornerei brevemente alle mutande. Che cosa le saltò in testa?
«Volevo rompere gli schemi e suscitare una reazione. Mi trovai in una stanza con sette funzionari di altissimo profilo e dissi: scusate, non ho sentito la sveglia e sono dovuto uscire di casa in fretta, avevo anche il pianoforte ma è rimasto incastrato nell’ascensore».
Reazione?
«Nessuna. Un silenzio tombale. Ma nella loro testa evidentemente restò qualcosa. Tipo: ma tu guarda questo demente».
Bruno Voglino, su questo giornale, ha detto di lei: Chiambretti è un genio, ma ha perso la sua carica rivoluzionaria. Le dispiace?
«È giusto che Voglino dica quello che pensa, anche se mi vede diversamente da ieri. Lo ringrazierò sempre per quello che ha fatto per me».
Però?
«Nessun però. Solo che la tv è cambiata. Il mio ultimo progetto, la Tv dei 101, con dei bambini che parlano di attualità dando risposte migliori di quelle di centinaia di opinionisti che stazionano in forma parassitaria nella tv italiana, era a suo modo rivoluzionario. È un format che conto di vendere anche all’estero, a partire dalla Spagna. Il pensiero laterale resta al centro del mio modo di fare televisione».
Come andò la storia del bavaglio a Cossiga?
«Era il 1992. Facevo il Portalettere. Era tutto improvvisato. Il Quirinale mi disse: se vuole incontrare il presidente si trovi alla Casina Valadier alle 15. Andai convinto che fosse uno scherzo e mi portai il bavaglio da dargli. Capii che era tutto vero solo quando vidi muoversi i cespugli».
Scoiattoli di Villa Borghese?
«Agenti dei servizi. Poi arrivarono anche gli elicotteri».
Oggi lo porterebbe un bavaglio a Mattarella?
«Mattarella è un santo, è l’unto del Signore. Dunque va trattato di conseguenza».
Ovvero?
«Si è sacrificato per la collettività accettando un altro settennato. Forse meriterebbe in regalo due biglietti per Miami».
E un bavaglino a Ignazio La Russa?
«Ma no. La Russa fa parte di un mondo nostalgico che ancora accompagna la politica e, nel bene e nel male, accende dibattiti. Per la tv è utilissimo».
Fuori dalla tv è altrettanto utile?
«Bisognerebbe fare questa domanda a Meloni: La Russa è un uomo di Stato o è meglio sapere in che stato è? Personalmente mi fa molto ridere».
Mi dice le prime tre persone che chiamerebbe davanti a una telecamera?
«Mi sento ancora un innovatore nonostante la veneranda età. Con l’invasione di internet, che offre qualunque opzione, credo che la vera ribellione stia nella riscoperta della convenzione».
Non ha fatto i tre nomi.
«Allora sparo alto. Vorrei Donald Trump, davanti al quale mi vestirei da indiano. Poi Bezos, per travestirmi da pacco. E infine Putin, per travestirmi da Biden».
Cast improbabile, risposta evasiva, ma successo sicuro.
«Credo anch’io».
De Filippi o Fiorello?
«Due superprofessionisti che fanno cose molto diverse. Impossibile scegliere».
Crozza o Frassica?
«Scelgo Frassica, perché con lui ho un rapporto quasi fraterno. Ma anche qui siamo di fronte a due stili molto diversi. Uno politico ed estremo, l’altro più surreale».
Schlein o Meloni?
«Schlein devo ancora capirla. Ma il suo arrivo a sorpresa non mi pare abbia dato la scossa attesa. Avrebbe dovuto affidarsi al fattore attak».
Qualunque cosa voglia dire.
«Vuole dire che doveva sì attaccare la destra, ma anche tenere unite le due ali del suo partito. In questo momento mi pare invece che sia la miglior compagna di lotta di Meloni».
La quale?
«Ha le carte in regola per tenere a bada la sua cordata».
Occhio, per avere difeso la premier Arisa è stata riempita di contumelie.
«Altro segno della confusione che regna sotto il cielo. Come si fanno ad attaccare i fascisti se poi ci si comporta come loro?».
A Discovery andrebbe?
«Sono un professionista. Sono stato in tutte le reti. Non vedo perché no».
In 45 anni di televisione chi è il più bravo che ha visto?
«Risposta difficile. A istinto dico gli artisti ospiti del teatro cabaret di Torino. Da Troisi a Teocoli. Allora non c’erano follower, per avere successo dovevi portare qualcuno in sala. Erano pazzeschi. E sono rimasti inarrivabili».
La sua battuta più bella?
«Il mio sogno nel cassetto? Stare nel cassetto».
Chiambretti, le manca la Rai?
«L’ho sempre detto che vorrei finire la mia carriera in Rai. Da bastian contrario, nel momento in cui tutti scappano io potrei tornare».
Ci sta dando una notizia?
«Era solo una battuta».
Sa imitare Pino Insegno?
«Perché?».
Magari aiuta.
«In effetti no».