la Repubblica, 31 maggio 2023
Come i droni assassini cambiano la faccia alla guerra
Occhio per occhio, drone per drone. La guerra si sta facendo così complessa e confusa da permettere di riconoscerne soltanto gli schemi più arcaici, quelli che regolano la rappresaglia reciproca sulle due capitali. Quindici mesi di combattimento hanno stravolto qualsiasi previsione, rendendo rapidamente obsoleti i manuali bellici e catapultandoci in un futuro terribile, dominato da armi a guida tanto remota da rendere quasi ininfluente l’uomo. Droni di qualsiasi dimensione e per qualunque impiego, in cielo, ma anche in mare e in terra. Onnipresenti, con numeri che nessuno avrebbe mai immaginato: un recentissimo studio del Rusi, il think tank della Difesa britannica, ha rivelato che ogni mese gli ucraini ne perdono 10mila. Su ogni dieci chilometri di terreno conteso sono sempre in volo tra 25 e 50 macchine che filmano, intercettano e spesso uccidono. E stiamo parlando di una linea del fronte che si estende per milleduecento chilometri, popolata notte e giorno da sciami con visori termici che scovano i soldati anche nelle buche e li ammazzano con precisione algoritmica.
Un incubo, superiore alle più cupe pagine di Philip K. Dick, che rende la fantascienza una realtà quotidiana con cui convivono militari e civili: i raid contro Mosca hanno dimostrato che non ci sono barriere efficaci per fermare i robot alati. Ma i generali di Kiev sostengono di avere già pronto un prototipo capace di colpire a tremila chilometri di distanza, estendendo le ritorsioni fino alla Siberia. Tutti sono rimasti sorpresi dalla velocità con cui gli eserciti rivali progettano, producono e importano apparecchi telecomandati. Una rivoluzione che ricorda quella avvenuta nella prima guerra mondiale, con l’esordio della “morte dal cielo”: nel 1914 i francesi avevano 140 aeroplani, nei quattro anni successivi ne hanno costruiti 68mila e quei biplani sono riusciti a ribaltare le dinamiche dei conflitti immutate da secoli. Adesso la crescita dei droni ha un ritmo esponenziale. Pensate: nel 2001 gli Stati Uniti ne schieravano solamente settanta, poi undici anni dopo erano arrivati a settemila. Invece ora gli ucraini in un mese ne consumano molti di più. Certo, non si tratta dei grandi Reaper protagonisti delle esecuzioni a distanza dei terroristi che hanno alimentato polemiche mondiali: oggi questi velivoli da trentamilioni di dollari sono surclassati da una marea di apparecchietti ad alta prestazione che stanno in uno zaino. I più richiesti sono quelli della DJI: il modello base costa circa 360 euro e ha una telecamera che trasmette immagini a dieci chilometri; il più elaborato viene 4.600 euro, sfoggia una tripla camera con zoom e un sensore che evita gli ostacoli. Ci vuole pochissimo per trasformarli in bombardieri, usando meccanismi per sganciare fino a tre granate controcarro e mettere fuori uso tank da cinquanta tonnellate. Russi e ucraini ne ordinano ovunque, spesso online, soprattutto in Cina: in entrambi i Paesi ci sono sottoscrizioni popolari per donarli ai reparti impegnati al fronte. Oltre a questi strumenti commerciali, è stata moltiplicata la creazione di apparati militari. I tecnici di Kiev, ad esempio, per attaccare il Cremlino hanno realizzato gli UJ-22 con portata di 800 chilometri e una guida satellitare che sfugge alle contromisure russe. E hanno inventato i barchini telecomandati che prendono di mira porti e navi del Mar Nero. Gli ingegneri di Mosca, a partire da quelli della Kalashnikov, sfornano decine di sistemi agguerriti, come i Lancet che danno la caccia ai bersagli pregiati nelle retrovie.
La grande novità sono i “droni kamikaze”: restano in aria cercando i bersagli, poi quando li individuano ci si lanciano contro distruggendoli. Sono un passo oltre i cannoni e i missili: le armi più malvagiamente intelligenti mai concepite, che stanno sconvolgendo il concetto stesso del combattimento. Qualcosa di ancora più diabolico comincia già a manifestarsi: l’Intelligenza artificiale. Per ora ha dato un contributo limitato, perché i costi sono alti, ma le prime applicazioni sono entrate in azione e vengono tenute segretissime: non si parla mai dell’impiego degli Switchblade,consegnati dagli Stati Uniti e che possono potenzialmente uccidere senza autorizzazione umana. Perché l’unico punto debole di questi apparecchi sono le frequenze che li pilotano: una volta decifrate, basta disturbarle con fasci di impulsi e si trasformano in elicotterini impazziti. Così i russi hanno neutralizzato i Bayraktar turchi, esaltati dalla propaganda nel marzo 2022 e ormai scomparsi dal fronte.
La prossima fase saranno i robot che interagiscono tra loro, operando in squadra: chi stana la preda, chi distrae la contraerea, chi assalta. E tutto senza bisogno di comandi da parte degli essere umani. Non bisognerà attendere molto, è questione di mesi, forse settimane. Abbiamo già assistito all’incredibile scena di un soldato che si arrende a una macchina, obbedendo agli ordini impartiti dal cielo. E al terrore scolpito nel volto di un fante che corre disperato fissando l’occhio elettronico del drone che lo insegue: la nefasta anticipazione di un’umanità alle prese con la minaccia degli automi assassini.