la Repubblica, 31 maggio 2023
Le mosse di Alberto Núñez Feijóo per conquistare la Spagna
Ai tempi dell’università, giurisprudenza a Santiago de Compostela, i suoi compagni di corso dicono che fosse un alunno «secchione ma non brillante». Ora, a 62 anni, mentre si prepara a giocare la partita della vita tentando la conquista della Moncloa, Alberto Núñez Feijóo dovrà dimostrare tutta l’astuzia, la scaltrezza e il coraggio che molti dei suoi stessi colleghi di partito del Pp ritengono che gli siano mancati da quando, nell’aprile del 2022, ha assunto la presidenza della formazione di centrodestra spagnola e la guida dell’opposizione al governo progressista. Non c’è stato neppure il tempo di godersi i festeggiamenti per la brillante vittoria alle amministrative di domenica scorsa – davanti alla sede nazionale, al numero 10 della Calle Génova, come succede per le grandi occasioni, avevano persino montato un palco con alternarsi di dj e musica a tutto volume fino a tarda notte – che il premier Pedro Sánchez ha spiazzato tutti con l’annuncio del voto politico anticipato in piena estate, il 23 luglio. Feijóonon se lo aspettava, e ora dovrà imbastire a tempo di record una strategia efficace per non dilapidare il vantaggio acquisito con l’ultimo successo che gli consente di riconquistare una cospicua fetta di potere a livello locale.
Non sarà affatto facile (e per questo non è escluso che dietro la scelta del leader socialista ci sia un sottile calcolo politico). Feijóo, che a parole predica «moderazione, serenità e rispetto istituzionale» – proprio per accreditarsi come premier affidabile – nelle prossime settimane, in piena pre-campagna elettorale, dovrà fare i conti con l’ultradestra di Vox il cui sostegno risulta indispensabile ai popolari per poter governare in sei delle nove regioni in cui hanno vinto e in almeno 30 capoluoghi di provincia. Anzi, il leader della formazione estremista, Santiago Abascal, non ha perso tempo e si è subito messo in contatto con Feijóo per congratularsi e tendergli la mano per un negoziato nel quale, ha avvisato, «non ci sarà spazioper regali né per ricatti». Secondo il numero uno di Vox, le trattative per le autonomie dovrebbero essere la prova generale per la creazione di un “blocco delle destre” in vista delle legislative. Uno scenario da incubo per il presidente dei popolari, terrorizzato dalla prospettiva di perdere per strada una buona fetta di voto moderato.
Nei suoi 13 anni alla presidenza della Xunta, il governo regionale della Galizia, che occupò dopo l’uscita di scena dell’ex ministro franchista Manuel Fraga, Feijóo riuscì sempre a tenere a debita distanza Vox e a governare in solitario. Ora sarà molto più difficile. Per tentare di uscire dall’imbarazzo, con una mossa che appare disperata, ha riformulato in questi giorni a Pedro Sánchez una vecchia proposta alla quale il leader socialista non aveva mai dato ascolto: accettare che, a livello locale, governi la lista più votata. In questo modo conserverebbe otto delle nove regioni in cui ha opzioni di governo e dovrebbe cedere solo l’Estremadura, dove il Psoe ha ottenuto più voti.
Secondo un calcolo fatto da El País,che estrapola i dati delle amministrative per proiettarli su un possibile risultato delle politiche, il Pp passerebbe dagli 89 seggi del 2019 a 143, inglobando quel che resta dei centristi di Ciudadanos, che non si presenterà alle urne, e prosciugando l’elettorato di Vox, che scenderebbe da 52 a 15 seggi. Non solo i popolari non potrebbero governare da soli, ma neppure con l’ultradestra: il totale fa 158, lontanissimo dalla maggioranza assoluta di 176 seggi alle Cortes. Il Psoe, al contrario, conferma la sua forza, e potrebbe crescere leggermente da 120 a 122 seggi. La speranza a questo punto è nell’impulso che potrà dare alla sinistra la discesa in campo di Yolanda Díaz con la piattaforma Sumar: dopo il disastro delle amministrative, Podemos ha pochi giorni per siglare un accordo con Díaz ed evitare la débâcle anche alle politiche. Per sopravvivere, Sánchez è costretto, a questo punto, a tifare per i suoi rivali di sinistra.