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 2023  maggio 30 Martedì calendario

Il diario di Houellebecq

“Non mi restava che una cosa da fare, l’unica che sappia fare. Iniziai a scrivere questo racconto la notte del 31 marzo”. Come mai Michel Houellebecq – tra i più celebrati autori viventi – ha avvertito la necessità di scrivere in un paio di settimane (la data del 16 aprile compare in calce) un centinaio di pagine e pubblicarle con l’urgenza di un instant book? “Perché era da escludersi che mi venisse concessa la parola”. Lui, la rockstar della letteratura francese, costretto a dirottare la sua verità in un libro? Sì, perché il suo punto di vista “non interessava più a nessuno”. Ecco allora Qualche mese della mia vita, che esce oggi per La nave di Teseo a pochi giorni dall’edizione francese. Un volumetto che sembra precipitare come un corpo estraneo nella bibliografia sempre irriverente e provocatoria dell’autore.


Sono pagine che trasudano paranoia, per di più minate da un orgoglio ferito spesso sconfinante nel piagnisteo (“il solito branco di idioti dei media che si accaniscono contro di me”). Sembra voglia mettere un po’ di sordina alla sua reputazione, immolarsi a vittima per annacquare il suo proverbiale maledettismo. Non tanto e non solo per i suoi “perpetui battibecchi con i musulmani” ma per essersi ritrovato, con l’inganno, protagonista di una pellicola porno. A chi gli suggerisce di eclissarsi, di ignorare lo scandalo appellandosi alla sua immagine punk, Houellebecq replica con involontaria parodia: “Non sono mai stato un punk, ho sempre preferito i Pink Floyd ai Sex Pistols”.


Dunque indossa l’elmetto per combattere a suo modo coloro che lo hanno trascinato in “un inferno multiplo”. Dapprima fa marcia indietro su alcuni passaggi incriminati di una sua intervista concessa a Michel Onfray su un settimanale. Houellebecq aveva sostenuto che i francesi non erano tanto avversi a una integrazione dei musulmani ma semmai timorosi di essere da loro derubati e aggrediti. Aggiungendo che una volta completata la loro assimilazione non erano da escludere dei Bataclan al contrario, cioè attentati di francesi contro gli islamici. Alla paventata denuncia per istigazione all’odio razziale del rettore della Grande Moschea di Parigi uno stentoreo “rinnego senza alcuna esitazione” serve a rettificare e chiudere il contenzioso.


Quanto alla vicenda del “porno di Houellebecq” (lui stesso adotta sarcastico la semplificazione mediatica) è utile una premessa. L’autore, convinto che un porno amatoriale sia eccitante per la vita di coppia, confessa: “Desideravo realizzare video pornografici con mia moglie a scopo privato”. Ecco perché abbocca all’esca del regista olandese Stefan Ruitenbeek che gli prospetta un incontro a luci rosse con una studentessa di filosofia ammiratrice dei suoi libri. L’incontro ha luogo il 1° novembre 2022 a Parigi. La studentessa chiede che sia Ruitenbeek a immortalare l’amplesso per poi caricarlo sul suo OnlyFans. Houellebecq non ha nulla in contrario, vi scorge persino “qualcosa di ammirevole per via dell’assoluta indifferenza alle norme sociali”. Si spinge addirittura più in là: “Pensavo di avere a che fare con un’onesta esibizionista, e cioè con una forza positiva nell’economia del mondo”. Houellebecq – incredibile a dirsi – ignora che l’accesso a OnlyFans sia a pagamento. Ha “grandissima stima” delle prostitute ma autentica ripugnanza per “le prostitute virtuali”. In questo resoconto a posteriori, gonfio di rancore, lo scrittore battezza come “lo Scarafaggio” il regista e come “la Troia” la studentessa, “pompinara ben più che mediocre”. Houellebecq – incredibile a dirsi – pur deluso dal raggiro, accetta un successivo invito licenzioso a metà dicembre 2022 nella Capitale olandese. Lo Scarafaggio gli fa firmare un contratto con una clausola che prevede l’utilizzo retroattivo delle scene girate a Parigi. Lo scrittore prende coscienza della sua ingenuità di ritorno da Amsterdam dove si è fatto riprendere ancora una volta mentre si scambia effusioni a torso nudo con un’attricetta che definisce “l’Oca” (sono proprio le scene del trailer che ha dato il via all’affaire).


Mentre infuria una battaglia legale ancora in corso per bloccare l’uscita del film, Houellebecq vive frangenti drammatici: “Mi capita di raggomitolarmi, trafitto dalla vergogna”. Non può sopportare l’idea che l’unica traccia della sua vita sessuale capace di sopravvivergli possa essere “un coito mediocre con una troia inerte”. Si sente violato nella sua dignità. Al punto che il suo delirio vittimistico – consapevole di buttare un altro cerino nel pagliaio delle femministe – prende il volo: “Al pensiero che quelle immagini potessero essere diffuse contro la mia volontà, provavo per la prima volta qualcosa che mi sembrava simile a quanto descritto dalle donne vittime di stupro”. L’unico che lo abbia “pienamente compreso”? L’amico Gérard Depardieu (fatalmente accusato di molestie). Non sarà che, presto o tardi, Michel Houellebecq sarà costretto a licenziare un altro récit per correggere di nuovo il tiro?