La Stampa, 30 maggio 2023
Intervista al ministro Tajani
Antonio Tajani scorre un’altra volta i risultati di queste amministrative e non nasconde la soddisfazione: «Sono la conferma che in politica si vince al centro, con candidati moderati e competenti», dice il vicepremier e ministro degli Esteri. Che ci tiene a sottolineare «il contributo decisivo di Forza Italia, in particolare ad Ancona e a Brindisi, strappate al centrosinistra grazie a nostri candidati». Parla mentre è in auto, dopo aver ricevuto aggiornamenti dal Kosovo: la festa, infatti, è stata rovinata dalla notizia degli 11 militari italiani, in forza alla missione di pace Nato, rimasti feriti negli scontri con gruppi di manifestanti serbi: «Tre sono in condizioni più serie, nessuno in pericolo di vita, si sono trovati in mezzo a un lancio di molotov – spiega –. Temevamo potesse succedere qualcosa del genere, mi ero anche raccomandato al telefono con il premier Kurti. Questo incidente può danneggiare il loro percorso di adesione all’Unione europea». Ma non fa passare in secondo piano il trionfo del centrodestra, dalla Toscana alla Sicilia, «al di là di ogni aspettativa – ammette Tajani – la nostra coalizione ha dimostrato di essere coesa e credibile».
Anche dove c’era un’amministrazione di sinistra da 30 anni…
«Ad Ancona è un risultato storico, davvero clamoroso. Non c’era mai stato un sindaco di centrodestra e ora ce n’è uno di Forza Italia, una persona competente come Daniele Silvetti, già nostro coordinatore locale, presidente del Parco del Conero. Stesso discorso con Marchionna a Brindisi: abbiamo scelto bene i candidati e questo ha fatto la differenza».
Ad Ancona eravate andati al completo: lei, Meloni e Salvini con vari ministri, credevate nel colpaccio?
«Siamo partiti in anticipo con la campagna elettorale, io ero andato a inaugurare quella di Forza Italia: avevo visto teatri pieni e notato un entusiasmo inatteso, nonostante non fosse una nostra roccaforte, diciamo. C’è stata una rivoluzione culturale, una reazione al rischio di uno spostamento eccessivo a sinistra».
Un effetto Schlein al contrario?
«Ognuno farà la propria analisi, ma un Pd spostato sempre più a sinistra, a mio avviso, allontana molti elettori. Ad esempio, ex democristiani ed ex socialisti, che sono sicuro abbiano votato per i nostri candidati. Poi la coalizione di centrodestra si è mostrata compatta e seria, al contrario del campo avversario. Non a caso, abbiamo confermato i sindaci anche nelle città toscane, da Pisa a Siena a Massa, dove il Pd sperava di recuperare».
Unica eccezione Vicenza, dove avevate il sindaco e l’avete perso. Perché?
«Lì qualcosa non ha funzionato, può succedere. Sono stati commessi errori, ex assessori allontanati dal sindaco uscente, si è pregiudicata la coesione di cui parlavo prima. E poi Possamai, che ha vinto per una manciata di voti, non ha un profilo molto vicino a Schlein, ha fatto una campagna elettorale senza i leader di partito. La definirei una vittoria sporadica».
Quella del partito popolare in Spagna, invece, come la definisce?
«Mi ha colpito, in particolare, il risultato nelle Asturie, regione storicamente di sinistra, dove i popolari, pur perdendo, hanno raddoppiato i voti. C’è un evidente segnale di ritorno al popolarismo, si vede un’ondata che guarda a un’Europa diversa».
È un’ulteriore spinta verso l’alleanza tra popolari e conservatori, per ribaltare la maggioranza a Bruxelles?
«Sono convinto che la direzione debba essere quella, dobbiamo trovare la giusta strada, il dibattito è aperto. Con Giorgia Meloni, in qualità di presidente dei conservatori europei, e con tutti gli altri, per arrivare a un’alternanza e a un cambio di maggioranza anche a livello europeo».
A proposito di Europa e di Pnrr, il presidente della Corte dei conti ha rivendicato il ruolo dei magistrati contabili nel verificare l’andamento dei progetti del piano. La sua posizione?
«Io apprezzo i magistrati che lavorano in silenzio, facendo il loro dovere. Nello specifico, verificando se ci sono errori contabili, perché di quello si deve occupare la Corte dei conti, non di altro. I controlli sono giusti, i magistrati svolgono una funzione di garanzia, dopodiché ci aspettiamo un approccio costruttivo».
Sarà costruttiva anche la scelta del commissario straordinario per le zone alluvionate? Ormai è escluso possa trattarsi del presidente dell’Emilia-Romagna Bonaccini?
«Io non ho pregiudizi, vediamo chi è la persona più adatta, ma credo che serva qualcuno che possa dedicarsi a tempo pieno a questo compito. E ricordo che, per l’Abruzzo, il governo dell’epoca non scelse il presidente della Regione, quindi non sarebbe una novità. Comunque, non dobbiamo decidere questa sera».
Da giornalista, oltre che da ministro, come vede la nuova Rai, senza Fazio e Annunziata?
«La vedo con grande rispetto per tutti, credo che la Rai non finisca se vanno via Fazio e Annunziata, come l’Italia non finirà quando io smetterò di fare il ministro. Sottolineo, però, che non è stato mandato via nessuno: Fazio ha fatto la sua scelta, Annunziata aveva la trasmissione confermata e ha deciso di andarsene, forse per ambizioni politiche. Tra l’altro, io vedo con favore una sua eventuale candidatura al Parlamento europeo, perché porterebbe lustro nelle istituzioni comunitarie. Comunque, nessuna epurazione, tutti sono stati ricollocati».
Una ricollocazione come direttore della tv di San Marino, come è successo ad Andrea Vianello, non è esattamente un premio…
«Meglio direttore a San Marino che rinchiuso in una stanza per due o tre anni, com’è successo in passato a certi direttori non graditi quando arrivava al potere la sinistra».