Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  maggio 30 Martedì calendario

Walter Tobagi e il terrorismo che colpiva i migliori e gli indifesi

La mattina del 28 maggio 1980, Walter Tobagi, 33 anni, giornalista del Corriere della Sera, veniva ucciso a pochi passi da casa da uomini della Brigata XXVIII marzo, una formazione terroristica di estrema sinistra.
Domenica 28 maggio, Rai Storia ha riproposto «Walter Tobagi, odiato senza ragione», un documentario di Alessandro Chiappetta che invito tutti a vedere ora su Rai Play (ma consultate anche l’Archivio del Corriere). Tobagi era il cronista di punta del giornale sul fronte del terrorismo, aveva seguito numerosi processi e tante vicende di quel periodo, ma era anche il presidente dell’Associazione Stampa Lombarda.
Uomo del dialogo, socialista e cattolico, giornalista preparato, intuitivo, meticoloso, Tobagi si era distinto nel mondo del giornalismo e della cultura italiani (firmava in Rai servizi per «Tuttolibri» di Raffaele Crovi), a dispetto della giovane età.
Troppe persone, anche nel mondo dell’informazione, erano accondiscendenti e prigionieri dell’infatuazione ideologica di quegli anni.
In questo clima di diffusa ostilità, la figura di Walter Tobagi dava molto fastidio: le sue analisi sul terrorismo, il suo spirito di indipendenza, la sua bravura erano mal tollerati. Lo hanno ricordato i colleghi più vicini a lui ma, ovviamente, il ricordo più toccante è stato quello della figlia Benedetta, sempre sospeso tra la tenerezza e il rigore, tra la delicatezza dell’affetto e la lucidità dell’analisi.
Ne è passato di tempo, ma resta ancora da capire come mai il terrorismo di sinistra abbia puntualmente scelto i suoi obiettivi fra i migliori e gli indifesi: magistrati, giuslavoristi, giornalisti, poliziotti. Non ha scelto di scontrarsi con i «poteri forti» o con la mafia, per esempio, ma ha preferito fare mattanza fra coloro che erano impegnati a migliorare la società, fra coloro che credevano nelle riforme.
La lunga scia di morti del terrorismo è un triste elenco di brave persone, di gente in gamba, di professionisti coscienziosi. E compito del servizio pubblico è proprio quello di continuare a riproporre le loro figure e di dare, se possibile, più spazio alle vittime che ai carnefici.