Corriere della Sera, 30 maggio 2023
I cinesi a consulto dall’«amico Kissinger»
Ha scelto Kent in Connecticut per la sua prima missione il nuovo ambasciatore cinese negli Stati Uniti. Xie Feng è andato nel villaggio che conta solo 3.019 abitanti perché uno di loro è Henry Kissinger: gli ha reso omaggio a nome del governo di Pechino per i cento anni compiuti sabato. Non è solo cortesia. Da decenni i mandarini comunisti (Xi Jinping incluso) consultano il vecchio stratega della politica estera e siccome Kissinger invoca dialogo e calma tra le due superpotenze, cercano di presentarsi al suo fianco per esibire moderazione. «Quello che manca di più alla politica degli Stati Uniti oggi è il pragmatismo unito alla razionalità di Kissinger»: ha titolato il suo editoriale il Global Times, giornale del Partito di Pechino. «Il suo pensiero sulle relazioni con la Cina è sempre affilato come un rasoio». Immancabile nel commento la definizione lao pengyou, «vecchio amico» del popolo cinese, riservata agli stranieri che hanno contribuito all’ascesa della Cina.
Con il suo viaggio segreto a Pechino nel 1971, l’allora Consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca preparò con Zhou Enlai il disgelo e nel 1972 portò Richard Nixon da Mao Zedong, cambiando la Storia. Alla base della svolta l’accettazione da parte degli Stati Uniti dell’esistenza di «Una sola Cina», che comprende Taiwan. Ora invece, si lamenta l’editoriale, «molti membri del Congresso Usa che non sanno nemmeno trovare Taiwan su una carta dominano le politica con le loro proposte anti-cinesi».
Il giornale comunista cita poi l’intervista concessa la settimana scorsa da Kissinger all’Economist: il Dottore ha detto che «il destino dell’umanità dipende dalla possibilità che America e Cina trovino un accordo».
Xi ricorda sempre più spesso che la «riunificazione di Taiwan è inevitabile», per via politica o militare. Ormai ogni giorno aerei e navi cinesi fanno prove di attacco.
Kissinger è stato accusato da diversi politologi di aver sottovalutato nel 1971 la determinazione di Mao su Taiwan (o di aver sacrificato l’isola alleata) accettando il modello «Una sola Cina». Lui smentisce e spiega che Mao evitava di trattare ogni tema specifico nascondendosi dietro la frase «sono un filosofo, lasciamo le questioni concrete a Zhou Enlai e Kissinger». Invece, «quando fu sollevata la questione taiwanese, il Grande timoniere comunista fu esplicito: “Quelli dell’isola sono una banda di contro-rivoluzionari, non abbiamo bisogno di loro adesso. Possiamo aspettare cent’anni”». Secondo il Dr. Kissinger: «Mao così accettò di fatto la nostra formula per una soluzione non militare e questa è diventata la base dell’accordo».
C’è un punto fondamentale nel ragionamento che la stampa di Pechino non ha ripreso. Kissinger osserva che «per come si sono evolute le cose ora, non sarebbe semplice per gli Stati Uniti abbandonare Taiwan senza minare la loro posizione mondiale, quindi questa soluzione non è sul tavolo». E allora? L’invasione devasterebbe l’isola e la guerra con l’America costerebbe alla Cina molti anni di crisi, mancato sviluppo e arretramento, avverte Kissinger.
Il suggerimento, l’invocazione del vecchio diplomatico è che i due presidenti si parlino e trovino qualche tema internazionale di cooperazione. Nella sua visione, Taiwan «è un problema irrisolvibile, l’unica possibilità è mantenere lo status quo per altri anni durante i quali le due parti dovrebbero evitare le minacce e limitare i dispiegamenti l’una contro l’altra». In sostanza, Kissinger consiglia di far trascorrere almeno tutti i cent’anni di attesa che forse gli aveva promesso Mao.