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 2023  maggio 30 Martedì calendario

Manuel Vilas spiega la sconfitta di Sanchez

«Il popolo spagnolo ha voluto mandare un messaggio forte e chiaro a Sánchez: cercati alleati meno radicali. Lui è molto astuto politicamente. È un “sobreviviente”, un sopravvissuto. E non è improbabile che vinca le elezioni a luglio». Lo scrittore e poeta Manuel Vilas – a settembre uscirà in Italia il romanzo Amor costante (Guanda) – non nasconde le sue simpatie per la sinistra moderata e denuncia i «molti errori» che hanno portato al «trionfo travolgente della destra».
Come è successo?
«La sinistra ha governato bene nelle regioni e nei comuni. I dirigenti locali sono le vittime di un voto che non ha giudicato il loro operato ma la politica di Sánchez».
Cosa ha sbagliato?
«Gli spagnoli sono stufi. Non capiscono dove Sánchez vuole dirigere il Paese. Non ha saputo spiegare le sue scelte, come il patto con l’indipendentismo basco, l’inclusione di assassini dell’Eta nelle liste del partito EH Bildu, suo alleato. Non ha spiegato che il miglior modo per porre fine al passato e all’orrore dell’Eta è coinvolgere EH Bildu nella politica, piuttosto che emarginarlo. E non ha saputo spiegare neppure i suoi successi, che sono molti».
Quali?
«Il salario minimo, ad esempio. O che è riuscito ad addolcire l’indipendentismo catalano, grazie a lui molto ridimensionato. E ha avuto anche dei soci di governo, Podemos, che in questo momento non suscitano alcuna simpatia nell’elettorato spagnolo».
Quali altri soci immagina?
«Sta nascendo una nuova formazione politica, Sumar di Yolanda Diaz, che si suppone sarà alla sinistra del Psoe ma non comunista e radicale».
Sánchez può farcela?
«Ha molta fortuna. E deve averla pensata bene questa sorpresa del voto anticipato».
Di certo non lascia alla destra molto tempo per creare un solido patto di governo…
«Ha giocato bene le sue carte. La destra è spiazzata. Domenica sera celebrava un trionfo, e lunedì mattina si chiedeva che fare, come affrontare questa nuova tattica di Sánchez».
Se il Partito popolare governerà con Vox sarà un cambio politico ma anche culturale, a partire dai valori tradizionali di patria, famiglia e libertà. È questo che vuole la Spagna?
«Non credo proprio. La Spagna è un Paese di centro-sinistra, in grande maggioranza socialdemocratico».
Come spiega allora il successo di Vox?
«A differenza di Italia, Germania e Francia, in Spagna prima del 2017 non esisteva l’estrema destra. Dopo quarant’anni di dittatura franchista, non aveva alcuna presa sull’elettorato. Vox è comparso con l’indipendentismo catalano. È figlio del golpe in Catalogna».
Ma continua a crescere…
«Una volta nata, la creatura continua ad espandersi. Accade con tutti i movimenti populisti. Si alimenta degli errori della politica tradizionale».
Come poeta e intellettuale, teme un governo con la partecipazione di Vox?
«Ne ho una paura terribile. L’alternanza fra partiti di sinistra e partiti di destra “omologata europea” è nella logica democratica. L’estrema destra spagnola, invece, è l’annichilazione dell’intelligenza. Sarebbe un ritorno alla politica medievale, la rinuncia alle nostre conquiste civili».
Anche nel Pp c’è resistenza ad un patto con Vox?
«I dirigenti più intelligenti del Pp sanno che l’elettorato, tra quattro anni, li castigherà se scendono a patti con Vox. Il Pp raccoglie molti voti del centro, gente che è a favore dell’aborto, dell’eutanasia, del matrimonio omosessuale».