, 29 maggio 2023
SCENDE IN CAMPO IL “TICKET” MUSK-DESANTIS PER LE ELEZIONI AMERICANE DEL 2024 – IL GENIACCIO SUDAFRICANO SOSTIENE APERTAMENTE IL GOVERNATORE REPUBBLICANO DELLA FLORIDA, CHE SECONDO I SONDAGGI VINCEREBBE CONTRO BIDEN (A DIFFERENZA DEL CAVALLO PERDENTE TRUMP) – IL PIANO VIENE DA LONTANO: ELON VUOLE DIVENTARE IL NUOVO “KINGMAKER” DELLA POLITICA AMERICANA, E PER QUESTO HA SGANCIATO LA CIFRA FOLLE DI 44 MILIARDI PER PRENDERSI TWITTER, IL SOCIAL “PIÙ POLITICO” DI TUTTI. ORA HA CREATO UNA "MUSK-FORCE" PER DARE A RON UNO SPESSORE "PRESIDENZIALE" – LA STRATEGIA SUICIDA DEI DEM, CHE PENSANO SOLO AD ABBATTERE TRUMP, E LE MOSSE DEL VECCHIO SQUALO MURDOCH
DAGOREPORT Elon Musk è attivissimo. A differenza di molti capi azienda, che restano sott’acqua in attesa di capire su quale carro saltare, il geniaccio sudafricano ha deciso di giocare da protagonista la partita delle prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Dall’alto del suo ufficio-pensatoio, mr. Tesla ha commissionato due sondaggi: si tratta di rilevazioni “all’americana”, cioè molto costosi e con un campione nazionale. Niente a che vedere con i sondaggi italiani, pagati due lire e all’acqua di rose.
Nel primo sondaggio, Biden viene dato vittorioso in un eventuale testa a testa con Donald Trump, in una riedizione della sfida del 2020: il tycoon non riuscirebbe a spuntarla nemmeno questa volta.
Nel secondo, invece, l’80enne “commander-in-chief”, risulta perdente contro il governatore della Florida, Ron DeSantis.
Questi dati hanno spinto Elon Musk ad abbracciare la causa del politico italo-americano, rompendo una consuetudine politica che ha contraddistinto i colossi della Silicon Valley, da sempre schierati (e munifici nelle loro donazioni) con il Partito Democratico. Nel 2008 fu Facebook a tirare la volata a Barack Obama per la prima elezione da presidente.
È per questo che Musk ha offerto la vetrina di Twitter a DeSantis per annunciare la sua corsa alla Casa Bianca: la diretta su “Spaces”, da molti criticata per i problemi tecnici della piattaforma, è stata una novità assoluta nella politica americana. Un endorsement fin troppo evidente, che schiera il social più “politico di tutti”, cioè Twitter, per la causa di DeSantis.
We’re back. pic.twitter.com/sG5t9gr60O — Tucker Carlson (@TuckerCarlson) May 9, 2023
È un piano che viene da lontano, quello del fondatore di Tesla e SpaceX: quando decise di comprare Twitter, strapagandolo 44 miliardi e attirandosi critiche e spernacchiamenti a destra e a manca, aveva già in mente un percorso per diventare il nuovo “kingmaker” della politica americana.
Non a caso, il geniale sudafricano, non ha riversato miliardi sulle tettone di Instagram o i post “buongiornisti” di Facebook: si è pappato il social di chi detta l’agenda (giornalisti, intellettuali, personaggi pubblici, politici, manager…).
Per “costruire” un presidente, però, ci vuole qualcosa in più. E il plurimiliardario ha creato una “Musk-force” di cervelloni per dare a DeSantis lo standing e lo spessore che da grezzo politico locale ancora non ha.
A dare un’ulteriore spinta al piano di Elon, è stato il comportamento suicida dei democratici, che, obnubilati dal fantasma Trump, stanno perdendo la bussola.
Il tentativo di eliminare “The Donald” per via giudiziaria, sguinzagliandogli contro il procuratore speciale “de’ sinistra” Jack Smith e innescando una serie di bombe legali (Stormy Daniels, Jean Carroll, le carte segrete trafugate e il bubbone Capitol Hill), è un boomerang per Biden and friends: Trump è l’unico avversario contro il quale “Sleepy Joe” ha possibilità di vincere.
Musk ha le sue ragioni per avercela con i democratici: la Casa Bianca ha provato a ostacolare in ogni modo il suo acquisto di Twitter, salvo poi doversi rassegnare di fronte alla legge dell’articolo quinto (chi ha i soldi, ha vinto).
Non solo: il buon Elon ha tutto l’interesse ad avere un presidente “amico”, visto che il suo modello di business si regge quasi interamente su lauti finanziamenti da Washington. Le Tesla godono di un generoso piano di incentivi statali, SpaceX e i suoi razzi hanno contratti miliardari con la Nasa.
Musk, comunque, non è l’unico ad aver capito che Trump è un cavallo perdente. Anche il vecchio “squalo”, Rupert Murdoch, ormai ha abbandonato al suo destino “The Donald”, che la sua Fox ha contribuito a far eleggere e a lungo sostenuto.
Segnale chiaro di questo smarcamento è la cacciata di Tucker Carlson, l’anchorman di punta del canale, che si era caratterizzato per il suo turbo-trumpismo. Per certificare un cambio di strategia, Musk sta provando a incapsulare Carlson coinvolgendolo nel suo progetto e affidandogli uno show su Twitter.
Ad ulteriore riprova della strategia di Elon c’è anche la scelta di Linda Yaccarino come amministratore delegato di Twitter. La super-manager, ex Nbc, non si può di certo considerare una democratica di primo pelo “è una devota cattolica e una convinta repubblicana.
Quando l'ex presidente Donald Trump è stato eletto, Yaccarino ha partecipato al suo insediamento. Poi, nel 2018, Trump l’ha nominata nel Consiglio del Presidente per lo Sport, il Fitness e la Nutrizione”.
2. LO SPONSOR DI DESANTIS “PERDEREMO LE PRIMARIE COSÌ BIDEN SARÀ RIELETTO” Estratto dell’articolo di Paolo Mastrolilli per “la Repubblica”
«DeSantis perderà le primarie, e Trump perderà le presidenziali». Stupisce la schiettezza di questo giudizio, perché viene da un “fat cat ” repubblicano, uno dei grandi finanziatori del partito. In più si tratta di un amico personale del governatore della Florida […]. Eppure, ragionando in maniera anonima con Repubblica , non esita a fare un’analisi spietata delle prossime elezioni, basata su numeri, dati e rilevamenti interni al Grand Old Party.
La fonte spiega che DeSantis partiva da una posizione economica molto solida, anche prima degli oltre 8 milioni di dollari raccolti con le donazioni piovute subito dopo il lancio della sua candidatura, nonostante gli imbarazzanti problemi tecnici di Twitter.
Gli erano avanzati circa 150 milioni di dollari dalla campagna per la rielezione a governatore, che ora sta trasferendo nel Super Pac “Never Back Down”, il gruppo di appoggio che essendo esterno […] non ha limiti di spesa. In totale parte con circa 200 milioni di dollari, più del totale speso nel 2016 da Jeb Bush, in una campagna che costerà oltre un miliardo. […]
La fonte ha partecipato a una recente riunione dei donatori condotta dai manager della campagna di DeSantis, che considerano poco attendibili i sondaggi secondo cui Trump è avanti di circa 30 punti, perché sono influenzati dalla reazione emotiva ai guai giudiziari dell’ex presidente.
Secondo loro, Donald ha una base incrollabile del 35% di consensi tra gli elettori repubblicani delle primarie, ma questo lascia a Ron la possibilità di razziare il 65% rimasto libero, soprattutto se gli altri candidati […] capiranno in fretta di non avere alcuna possibilità di vincere.
La fonte si augura che queste analisi siano giuste, perché le finanzia con i suoi soldi, ma in realtà non ci crede. Perché le elezioni in generale, e le primarie in particolare, si basano sulla “name recognition ”, e mentre tutti sanno chi è Trump, pochi conoscono DeSantis.
È vero che a suo avviso il governatore ha fatto un ottimo lavoro in Florida, […] quindi ha preso una serie di iniziative, da “Don’t say gay ”all’aborto, dalla guerra culturale contro Disney alle armi, che hanno dimostrato la sua solidità come conservatore. Nel frattempo però Donald ha iniziato a definirlo anche prima che si candidasse, con un diluvio di spot negativi […].
Le prime uscite nazionali di Ron poi hanno deluso per mancanza di carisma, più che le incertezze sull’Ucraina, condivise dalla base trumpista. Risalire da questa voragine è storicamente quasi impossibile, secondo la fonte, a meno di sorprese.
Una volta che Trump avrà vinto le primarie, però, anche il suo destino pare segnato. [...] Circa il 60% dell’elettorato americano ha già deciso chi voterà in maniera incrollabile, con una leggera maggioranza per Donald in questo gruppo dei fedelissimi.
La Casa Bianca quindi si deciderà convincendo il rimanente 40%, negli stati chiave, che sono sempre gli stessi: Pennsylvania, Michigan e Wisconsin, con la probabile aggiunta di Arizona, Georgia e North Carolina, e forse Nevada e New Hampshire. [...] in tutte queste regioni Trump ha uno svantaggio tra gli indipendenti quasi incolmabile, e ancora non conosciamo l’esito di tutte le inchieste in corso. Perché è vero che le incriminazioni finora hanno aiutato Donald, ma questo vale per la base repubblicana nelle primarie, non per gli incerti nella corsa nazionale. […]