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 2023  maggio 28 Domenica calendario

La favola del glicine e del ginkgo biloba

Nel mio studio, appeso di fianco alla scrivania, tengo un disegno con una dedica: «L’albero cui tendevi “la pargoletta penna”. Ora siete cresciuti tutt’e due!». Firmato: «Papà, settembre 2003».
    Mio padre, che se n’è andato quasi centenario nel 2016, non era tipo da regali. Quel disegno incorniciato, perciò, mi è caro. Rappresenta un albero, un ginkgo biloba, in piazza Aldo Moro a Crema. Nei primi anni Ottanta l’amministrazione comunale aveva deciso di tagliarlo, per far posto a un monumento d’acciaio dedicato ai Caduti sul lavoro.
    Ai tempi tenevo una rubrica su «La Provincia» di Cremona, e decisi di intervistare l’albero. Che rispose con malinconica compostezza, come tutti i condannati a morte. Ricordava i tempi in cui, nella panchina sotto di lui, sedevano quelli di destra, poi quelli di sinistra, poi gli innamorati bi-partisan. Non ce l’aveva coi Caduti sul lavoro, ovviamente, che meritavano un monumento. Ma perché proprio lì? Sacrificando lui, il ginkgo biloba, l’unico albero nel centro storico di Crema?
    Lo straziante testamento vegetale, scritto dal cronista ventitreenne, riuscì nell’intento. La città si appassionò al destino del ginkgo biloba, che venne risparmiato. Il monumento ai Caduti sul lavoro venne eretto in un’altra piazza. Mio padre, per anni, ha ripetuto che quell’articolo era la cosa più utile che avessi mai scritto. Chissà, forse è così.
    Questa vicenda mi è tornata in mente leggendo degli sforzi di moltissimi milanesi per salvare lo spettacolare glicine di piazzale Baiamonti, una pianta emozionante. Vogliono tagliarlo, insieme ai tigli, per far posto al nuovo museo della Resistenza. E aprirlo da un’altra parte, come chiedono in coro i milanesi?
    Non firmo petizioni, è uno dei punti fermi della mia vita. Ma posso scrivere, e l’ho appena fatto. Salvate il glicine, che non ha altra colpa se non quella d’esser colorato e profumato! Lo chiedono cinquantamila milanesi, un cremasco e un ginkgo biloba, entrambi di una certa età. Quando gli passo davanti, ho l’impressione che mi saluti e sussurri: «Tuo papà aveva ragione».