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 2023  maggio 28 Domenica calendario

Intervista a Giorgia Meloni

Dopo due settimane ad alta tensione, Giorgia Meloni tira il fiato e può fermarsi a guardare indietro. Vede un percorso simile alle montagne russe, cominciato in discesa, con l’incontro con il Santo Padre agli Stati generali per la Natalità, proseguito poi Reykjavik, Islanda - dov’era giovedì scorso per il Consiglio d’Europa (anche per ricucire un rapporto un po’ usurato con il presidente Macron) - per poi andare a Hiroshima, unica donna tra i Grandi del G7, dove ha incontrato nuovamente Zelensky, fino all’Emilia Romagna, dove è atterrata lasciando in anticipo il Giappone per entrare con gli stivali e l’acqua al ginocchio nelle cantine delle vittime dell’alluvione. Per poi tornarci due giorni dopo, con Ursula von der Leyen e mostrare alla presidente del Parlamento Europeo quanto quella regione abbia bisogno anche del sostegno dell’Europa.
Presidente, proviamo a fare un bilancio cominciando dall’alluvione in Emilia-Romagna. Lei è andata di persona già due volte e il Governo ha stanziato due miliardi di euro per l’emergenza. Oltre alla ricostruzione, state pensando anche alla messa in sicurezza del Paese affinché tragedie come questa non possano ripetersi?
«L’Emilia-Romagna è stata colpita da un’ondata di maltempo eccezionale. 500 mm di pioggia in meno di 15 giorni, la metà di quanta ne cade mediamente in un intero anno in quella zona. Città sott’acqua, infrastrutture compromesse, attività economiche e produttive in ginocchio, oltre 15 mila sfollati e 15 vittime. Davanti ad una catastrofe di questo tipo il Governo ha dato una risposta immediata, estendendo lo stato d’emergenza ai territori che non erano stati toccati dalla prima ondata di maltempo, compresi diversi Comuni marchigiani e toscani. Abbiamo mobilitato oltre due miliardi di euro per intervenire nell’immediato. Non ricordo in passato una cifra simile messa sul piatto in 72 ore. Siamo consapevoli che non è sufficiente, e siamo già al lavoro per le misure sulla ricostruzione. Mettere in sicurezza l’Italia è una sfida epocale. Stiamo purtroppo scontando decenni di scelte mancate e di ritardi e l’idea, errata, che la cura del territorio non fosse un investimento strategico. Bisogna cambiare paradigma. Nessuno ha la bacchetta magica ma è arrivato il momento di immaginare un modello completamente nuovo, che sappia responsabilizzare di più tutte le amministrazioni coinvolte e permetta di realizzare le opere necessarie, velocemente e bene. E capire che ci sono interventi che non possono essere più rimandati o bloccati dalla burocrazia o da un certo ecologismo ideologizzato. Non è facile, ma ci metteremo tutto il nostro impegno».
In nome dell’emergenza in Emilia-Romagna l’abbiamo vista collaborare da vicino con il presidente Bonaccini. Una collaborazione istituzionale che potrebbe ripetersi con esponenti delle opposizioni anche su altri temi?
«I partiti sono una cosa, le istituzioni un’altra. Chi pensa di poter guidare un comune, una regione o un governo contro un altro livello istituzionale per ragioni di schieramento, antepone se stesso ai cittadini che rappresenta. Dunque è un dovere delle Istituzioni collaborare per risolvere i problemi dei cittadini. Non c’è niente di eccezionale in quello che stiamo facendo con il Presidente Bonaccini e mi stupisce che qualcuno possa pensare il contrario. In quest’emergenza, anche da parte delle categorie produttive, dei sindacati e dei diversi livelli istituzionali, sono arrivati ottimi segnali. Questa è la strada giusta. Chi mi conosce sa bene che io sono una persona estremamente concreta: a me interessa il risultato, risolvere un problema e ascolto chiunque abbia buone idee. E questo vale per ogni dossier: ogni proposta di buon senso sarà sempre ben accolta».
Chi potrebbe essere il commissario ideale per la ricostruzione?
«In questo momento il mio principale problema non è chi spende i soldi ma trovarli, capire le cose da fare e capire quali procedure vanno migliorate per dare risposte immediate. Quando arriverà il tempo della ricostruzione ci occuperemo di chi sarà il commissario. Vedremo le funzioni, valuteremo le competenze e sceglieremo il profilo più adatto».
Presidente, lei è arrivata in Emilia lasciando in anticipo il G7 in Giappone, che bilancio può fare del vertice con i Grandi del mondo?
«Penso che l’Italia debba essere molto soddisfatta del contributo che ha portato al tavolo e dei risultati che ha raggiunto. L’Italia è considerata un partner serio, credibile e affidabile. E nelle conclusioni finali c’è molto del nostro lavoro. Penso al sostegno all’Ucraina finché sarà necessario, alla difesa del diritto internazionale, ma anche al rapporto con i Paesi del Sud globale, che deve essere improntato ad un modello di cooperazione non predatorio e di reciproco sviluppo. Cioè il principio che ispira il nostro Piano Mattei per l’Africa, perché dalla sicurezza e dallo sviluppo delle Nazioni africane discende anche una maggiore sicurezza e un maggior sviluppo per l’Europa. È sempre grazie all’Italia se in seno al G7 si è tornato a parlare di come governare i flussi migratori e combattere il traffico di essere umani. Abbiamo toccato anche il tema della sicurezza economica e la necessità di rafforzare le catene di approvvigionamento strategiche e le sfide epocali poste dall’intelligenza artificiale. Temi di cui torneremo a parlare nel 2024 quando l’Italia presiederà il G7: accoglieremo i leader a giugno in Puglia, terra simbolica dell’abbraccio tra Oriente e Occidente. Luogo ideale per spezzare quella narrazione, alimentata da certa propaganda, che vorrebbe creare una contrapposizione artefatta tra l’Occidente contro il resto del mondo».
Via della Seta: entro la fine dell’anno l’Italia dovrà decidere se rinnovare l’intesa con Pechino o disdirla. Ha già avuto modo di affrontare questo dossier?
«È ancora presto per dire quale sarà l’esito della nostra valutazione, che è molto delicata e tocca interessi plurimi. In ogni caso l’Italia è l’unico membro del G7 ad aver sottoscritto il memorandum di adesione alla Via della Seta, ma non è lo Stato europeo e occidentale che ha maggiori relazioni economiche e interscambi commerciali con la Cina. Questo significa che si possono avere buone relazioni, anche in ambiti importanti, con Pechino senza che necessariamente queste rientrino in un piano strategico complessivo».
Il sostegno dell’Italia all’Ucraina è stato netto. Dei suoi incontri con Zelensky - a Roma e in Giappone - ha colpito la vostra vicinanza, anche umana. Potrebbero arrivare nuovi aiuti, da parte del nostro governo, anche militari?
«L’Italia agisce e continuerà ad agire in totale sintonia con gli Alleati europei e nell’ambito dell’Alleanza Atlantica, sempre avendo come stella polare l’interesse nazionale italiano. È quello che abbiamo fatto finora e che continueremo a fare. Per l’Italia è di vitale importanza la tutela del diritto internazionale e la carta dell’Onu, a partire dall’inviolabilità dei confini degli Stati. Se l’invasione russa non fosse contrastata con fermezza ci aspetterebbe un futuro di caos nel quale la forza del diritto verrebbe sostituita dal diritto del più forte. E questo non conviene all’Europa e non conviene all’Italia. Per questo aiutare l’Ucraina ad avere un futuro di pace e libertà è anche nel nostro interesse. Siamo convinti che l’Ucraina abbia la possibilità di rinascere ancor più prospera di prima e vivere presto un miracolo economico. E stiamo dando il nostro contributo anche a questo, come fatto con la Conferenza sulla ricostruzione che abbiamo celebrato a Roma e che ha visto la partecipazione di 600 imprese italiane e 150 ucraine. Vogliamo guardare oltre la guerra e il modo migliore per farlo è immaginare un’Ucraina libera e ricostruita anche dalle imprese italiane».
Pnrr: l’Europa ha aperto alla revisione del piano ma chiede che questa avvenga entro giugno. Ce la farete? E quali modifiche immagina? Resteranno le grandi opere o punterete su interventi di dettaglio?
«Il nostro piano è il più grande d’Europa con 191,5 miliardi di euro e 527 obiettivi. E una sua revisione richiede una verifica attenta per scongiurare il rischio di fare in fretta e male. La scadenza per proporre modifiche è il 31 agosto 2023 e il Ministro Fitto sta lavorando con la Commissione Europea e le singole Amministrazioni per assicurare la piena attuazione degli interventi. In questi giorni abbiamo completato la fase di ricognizione con le Amministrazioni centrali per verificare lo stato di attuazione del Piano e nelle prossime settimane, come stabilito con la Ue, si intensificherà il confronto per la formalizzazione delle proposte di modifica. Siamo nei tempi, e lo dimostra il fatto che ad oggi solo 5 Stati hanno presentato la proposta di revisione del Piano con l’integrazione del REPowerEU. Faremo tutto quello che c’è da fare per far arrivare queste risorse a terra, in modo utile ed efficiente».
Il grande problema del nostro Paese sembra essere quello di non riuscire a spendere - ad ogni livello: di governo, regionale, comunale - i fondi europei. Come pensa di affrontare la questione in concreto?
«La capacità di spesa è un problema storico. A febbraio abbiamo concluso una verifica sullo stato di attuazione delle politiche di coesione 2014-2020 e abbiamo constatato che, dopo 8 anni, risultava effettivamente speso solo il 34% dei 126 miliardi di risorse programmate, tra europee e nazionali. Accorpare la delega del PNRR a quella delle Politiche di coesione nasce proprio da questa esigenza: assicurare una maggiore sinergia tra le diverse fonti di finanziamento, sia per garantire che i soldi vengano effettivamente spesi ma anche per privilegiare misure di qualità e in grado di rafforzare la competitività e avere effetti sul PIL. Un’impostazione confermata dal Regolamento REPowerEu che ha previsto il concorso delle politiche di coesione agli obiettivi del PNRR, in particolare a quelli connessi alle politiche energetiche per ridurre la dipendenza dal gas russo».
Riforme istituzionali: dopo aver incontrato i leader dell’opposizione lei ha detto che si sarebbe riservata di fare una proposta. Ha avuto modo di rifletterci e decidere come sarà il suo "modello italiano" di governo? E pensa di continuare con questi incontri con le opposizioni?
«Per noi gli obiettivi irrinunciabili sono due: la stabilità dei governi e delle legislature e il rispetto del voto dei cittadini nelle urne. Su questi due obiettivi abbiamo avviato un’interlocuzione con le forze di opposizione per capire su quale modello, e ce ne sono tanti, possa essere raggiunta la più ampia convergenza. È un confronto che certamente proseguirà, siamo solo all’inizio ed è ancora presto per dire quale sarà la proposta che formalizzerà il Governo, ma sono molto ottimista. Abbiamo preso un impegno chiaro con il popolo italiano e intendiamo rispettarlo: chi vince le elezioni deve poter governare per cinque anni, avere gli strumenti per farlo con velocità ed efficienza, e alla fine rimettersi al giudizio del popolo. Senza ribaltoni, senza inciuci di Palazzo, senza giochi di poltrone. Far entrare l’Italia nella Terza Repubblica è un obiettivo alla portata di mano».