la Repubblica, 27 maggio 2023
L’egemonia della lagna
Rileggendo vecchie cose, trovo che nel dicembre 2009, nella tradizionale poesia satirica di fine anno sulla Repubblica, raccontavo la Rai (in ottonari) nella stessa precisa maniera in cui la racconterei adesso.
“C’è la fiction su Claretta/ e il talk-show senza Santoro:/ lo conduce una subretta/ chiama tutti ‘mio tesoro’./ C’è una Rai per longobardi/ coi grugniti in sensurround/ e una Rai che un po’ più tardi/ si collega a CasaPound./ Ma nell’interrogazione/ di Gasparri e Capezzone/ si denuncia la cultura/ di sinistra che perdura”.
Sono passati 14 anni. Era in sella il quarto governo Berlusconi. Ministra della Gioventù la precoce Giorgia Meloni (chissà se già allora, sulla sua poltrona di ministro, aveva il vezzo di definirsi underdog). Direttore generale della Rai Mauro Masi, dimenticato attore del berlusconismo come soluzione finale.
Lo schema è identico, immutabile: dire che la Rai è “nelle mani della sinistra” anche se non è vero. È nelle mani dei governi, tutti i governi, e lo è da sempre. E dirlo per creare un alibi alla propria prepotenza. È questa la sola vera “narrazione di destra” che abbia conquistato una indubbia egemonia: lagnarsi.
Fingersi vittime dei soprusi altrui per indorare i propri soprusi, e spacciarli per la riscossa degli oppressi. Del famoso merito, che almeno in teoria dovrebbe essere una bandiera della destra, chi se ne frega.