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 2023  maggio 27 Sabato calendario

Musk vince: negli Usa sì ai test per i chip nel cervello

La Fda, l’ente regolatorio che salvaguarda la salute pubblica negli Usa, ha autorizzato Neuralink a iniziare i suoi test sul cervello umano. L’azienda fondata da Elon Musk sviluppa interfacce neurali che puntano, tra le altre cose, a «ripristinare la piena funzionalità del corpo a chi ha un midollo spinale spezzato». Oppure a «restituire la vista anche a chi è nato completamente cieco».
«Mi aspetto che entro sei mesi il nostro primo chip sia sperimentato su un uomo», aveva detto Musk a dicembre scorso. Il tempo, per una volta, gli ha dato ragione. Nel 2016 l’imprenditore ha promesso che avrebbe portato «entro sei mesi» i primi uomini su Marte con un razzo SpaceX. Ci sta ancora lavorando. Dal 2014, inoltre, Musk ha annunciato ogni anno la completa guida autonoma sulle sue Tesla. Gli automobilisti stanno ancora aspettando. Ma su Neuralink aveva ragione. E ora si fa sul serio. Perché Musk, vale la pena ricordarlo, è anche l’imprenditore che è riuscito a far atterrare i suoi razzi in verticale, che ha rivoluzionato il mercato dell’auto con le sue supercar elettriche e che sta scavandotunnel – con la sua azienda The Boring Company – per spostare il traffico delle metropoli sotto terra. Musk insomma, si sa, ha idee visionarie. A volte però esagera. «Siamo già dei cyborg», ama ripetere. «Gli uomini potranno scaricare nei robot i loro cervelli, la loro memoria e tutte quelle cose che ci rendono unici», ha anche detto lo scorso aprile. È la via per l’immortalità. Un sogno condiviso con gli altri miliardari delle Big Tech. Da Jeff Bezos a Larry Page, uno dei fondatori di Google, in molti stanno investendo su medicine e tecnologie che allungano la vita. Ma sarà davvero possibile trasferire la nostra coscienza a una macchina? «Il problema è che Musk non sa ciò che dice – afferma sorridendo il neuroscienziato Angelo Vescovi – È il classico errore di Cartesio, di chi è convinto che le diverse aree cerebrali si possano mappare singolarmente e poi si possano semplicemente sommare. Il cervello umano in realtà è sopramodale e supera, per capacità di computazione e memoria,qualsiasi dispositivo disponibile sul pianeta». Vescovi, che è anche presidente del Comitato nazionale per la Bioetica, ammira Musk perché «è uno che per l’innovazione butta il cuore oltre l’ostacolo». Ma è preoccupato dall’uso sbagliato che si potrebbe fare della tecnologia di Neuralink. L’interfaccia cervello-macchina esiste da tempo. Già negli anni 80 veniva usata per inviare impulsi e per alterare una patologia come il dolore cronico. Ora però è diverso. I microchip moderni consentono anche di prelevare segnali dal cervello. La comunicazione è diventata bidirezionale. «È vero che questi dispositivi, nel breve periodo, aiuteranno chi ha avuto un’ischemia, per esempio, a comunicare pensieri e parole – dice Vescovi – ma il rischio è rappresentato dall’estrazione di altri dati e dall’Intelligenza artificiale». Proprio all’AI, in futuro, sarà affidato il compito di decodificare le informazioni provenienti dal cervello. «Quando potrà sfruttare la potenza di calcolo dei computer quantistici – afferma Vescovi – non dico che l’AI arriverà a leggere il pensiero, ma potrà interpretare le emozioni di chi ha il microchip. Se questa cosa si fa su un paziente è un conto. Ma se lo fa il matto di turno, in un settore che non ha regole precise, è un problema serio. Perché si può addirittura arrivare a modificare o influenzare uno stato emotivo».
Musk dice che di Neuralink ci si può fidare. «Non è pericoloso – ha affermato qualche mese fa – Sarei favorevole a impiantare un chip in uno dei miei figli». Lo stesso Musk sarebbe disposto a fare da cavia. Nel suo cervello finirebbe un dispositivo grande come una moneta, dotato di sottili cavi ed elettrodi. Finora è stato testato solo sulle scimmie. Ma ilfuturo non sarà dei primati. Sarà dei superuomini. E non tutti potranno diventarlo. Si stima che per impiantare un chip Neuralink nel cervello si pagheranno almeno 3mila dollari. Chi potrà permetterselo avrà un vantaggio rispetto agli altri. Non solo sulle aspettative di vita. Questa tecnologia consentirà infatti di intervenire anche su patologie che non sono serie. Con il solo scopo di migliorarsi. «Uno studente potrà agire sullo stress prima di affrontare un esame – spiega Vescovi – e un manager potrà contare su un’estensione della memoria». Ma gli esempi non sono solo positivi. «A un soldato – aggiunge il neuroscienziato – potrebbe essere trasmessa l’aggressività in vista di un attacco. O la calma di fronte al pericolo più estremo, per fargli fare qualsiasi cosa». Servono regole, insomma, e l’AI Act che l’Europa voterà a giugno sarà provvidenziale: la nuova proposta di legge mette al bando proprio quelle forme di AI che consentono il riconoscimento delle emozioni.