La Stampa, 27 maggio 2023
Intervista a Francesca Fialdini
Com’è stato avere vent’anni, per le ragazze italiane, negli ultimi decenni del Novecento, ce lo racconta, da stasera, Francesca Fialdini, su Rai3. Ed è un ottimo modo di raccontare come stanno le donne, certo, ma pure, forse soprattutto, di capire meglio il Paese che siamo stati e che ci prepariamo a diventare. Il programma, di Cristiana Mastropietro, arriva in prima serata dopo il successo delle passate edizioni. La formula non cambia, ma è ampliata, aperta: «Facciamo questo esperimento, il discorso sulle donne è sempre in costruzione», dice alla Stampa Francesca Fialdini, giornalista, che ha già condotto il programma e che per questa nuova manche si è tagliata i capelli, e s’è presa una caterva di insulti. E le hanno chiesto se fosse lesbica. Ma lei del Paese surreale si cura poco. Lei va dentro le storie, le sue interviste sono incontri, le importa scavare nelle relazioni (vedasi Fame d’amore, la sua docu serie sul disagio govanile).
Le ragazze si fa in studio, con le protagoniste, famose o no, di altri tempi, e anche del nostro, in conversazione. Le ospiti di stasera: Yvonne Girardello, la prima hostess italiana; Albertina Gasparoni, la segretaria di Aldo Moro, Leone, Pertini; Graziella Pera, costumista (tra le sue invenzioni: le spalline di Raffaella Carrà); la cantante Edda Dell’Orso; Maria Caruso, contadina; Giulia Bassani, ingegnera aerospaziale.
Le ragazze in prima serata. Che bella cosa da dire, sembra una festa.
«Ed è pure di sabato sera».
Si dirà che è un altro programma di donne per le donne con le donne?
«Se si dirà, ho pronta la risposta».
"Embè"?
«Più articolata. La storia delle donne è storia dell’umano. Il femminile è la parte di tutti noi, e della nostra storia, che abbiamo scartato, schiacciato e modellato per secoli, finendo con il credere che non avesse a che fare con gli uomini. Quindi, un programma di donne per le donne con le donne è in verità un programma di tutti per tutti con tutti».
Allora la specificità femminile non esiste?
«Esiste per la stessa ragione per la quale esiste quella maschile: è stato scelto un modello. I maschi sono stati mandati avanti, noi siamo state tenute recluse, a lungo, ed è per questo che abbiamo sviluppato una capacità, preziosissima, di guardarci dentro: non siamo costitutivamente introspettive, lo siamo diventate».
Che cosa c’è nella storia di quella introspezione?
«Albertina Gasparoni è stata la segretaria di Moro, Pertini e Leone. Quando Leone si dimise da presidente della Repubblica, nel 1978, lei aprì la porta del suo studio e lo vide affranto e disperato. Ecco cosa c’è in quell’altra storia: il racconto delle emozioni dei suoi protagonisti. Ed è una storia che abbiamo il diritto e il dovere di conoscere».
Dove sta l’incastro tra le donne che racconta?
«Nel contrasto, che fa emergere gli snodi in modo più forte. Maria Caruso, lavandaia, negli anni Cinquanta sognava di sposarsi. Ai nostri occhi sembra una scelta conservatrice, omologante, e invece a quel tempo e nella sua condizione, non c’era niente di più audace. Maria viveva nei campi, senza elettricità: vedersi maritata significava ambire a entrare in società, non certo sospirare per l’amore romantico. Insieme a lei c’è Edda Dell’Orso, un mito, ricercatissima, legata indissolubilmente a Ennio Morricon, per le colonne sonore del quale è stata una voce fondamentale, che però non si è mai liberata del complesso della bruttezza. Quando le ho chiesto cosa avrebbe voluto prendere della vita di Maria, mi ha risposto: gli spasimanti. Le ho viste prendersi per mano, rassicurarsi a vicenda».
È qui il punto di incontro?
«Ho trovato questo filo rosso nelle vite delle Ragazze che ho incontrato: portano tutte i segni di una ferita d’amore. E ne parlano volentieri: la raccontano come qualcosa che le ha condizionate, che le ha rese chi sono. Molte sono state abbandonate da un uomo, non riconosciute dal padre, trascurate dai loro affetti».
C’è qualcuna di loro rispetto alla quale ha avuto la sensazione di aver peso qualcosa? Voglio dire: le è successo di pensare che, nel progredire, la condizione femminile ci abbia anche tolto qualcosa?
«Non ho e forse non potrei mai avere il coraggio di Yvonne Girardello, la prima hostess italiana. Le offrirono quel lavoro e nessuna certezza che volare fosse sicuro, anzi, ma lei si propose lo stesso e per molti anni fu l’unica donna disposta a salire su un aereo e fare il suo lavoro. Se abbiamo perso qualcosa, invece, non lo so. So che ha ragione Barbara Alberti, ospite di una delle prossime puntate, quando dice che se oggi un alieno arrivasse in Italia, penserebbe che le donne sono esseri mitologici, divinità venerate, rispettate e ammirate. Perché è vero che occupano molto spazio, che se ne parla molto e le si elogia altrettanto, ma è una retorica sovradimensionata rispetto alla pratica: delle donne non ci si occupa nel concreto. La ministra Eugenia Roccella agli Stati Generali della Natalità ha voluto sottolineare che la maternità è soprattutto una questione femminile. Se così fosse, però, bisognerebbe cominciare anche a lavorare affinché vengano accettate e legittimate altre forme di famiglia. Diversamente, se i figli sono di tutti, facciamo ancora molto poco per costruire le condizioni di una corresponsabilità familiare».
Che strada indicano Le Ragazze?
«L’abolizione dei ruoli».
Che però il governo preme molto per ristabilire.
«Non solo il governo. Da una parte si chiede una forte fluidità, la possibilità di scegliere da soli chi essere e cosa diventare, e soprattutto la reversibilità di ogni scelta, e dall’altra parte mi sembra che si sia tornati a dire cosa una donna debba essere: moglie, madre, persona rassicurante. È un modo per uccidere il futuro».
La sua ospite più giovane, questa sera, è Giulia Bassani. Ha 24 anni, è un ingegnere aerospaziale e sogna di diventare astronauta. Ed è un sogno sempre più diffuso.
«Ovvio. Non c’è posto sulla terra per loro, e allora puntano alle stelle. Vogliono essere delle pioniere e hanno bisogno di sentirsi uniche e speciali. Le ragazze e i ragazzi, proprio come le donne, li abbiamo sempre sulle labbra ma solo per contestarli, per dirgli come devono dissentire, manifestare, parlare. E più non ci obbediscono, più li mortifichiamo. Prima erano bamboccioni, ora sono pericolosi sovversivi, e naturalmente viziati radical chic. E allora è bene che sognino e buttino il cuore oltre l’ostacolo. È una fuga? Va bene. L’importante è che desiderino ancora».
Meloni e Schlein che ragazze sono?
«Meloni interpreta magistralmente un ruolo. E lo unisce a quello che già aveva, quello di madre. È bello vederla portare con sé sua figlia ed è stato potentissimo vederla abbandonare il G7 per raggiungere gli alluvionati e mettersi le galosce per camminare con loro. Schlein, spogliata del compito istituzionale di rappresentare tutto il Paese, comincia a rappresentare bene un’alternativa possibile. E lo fa dimostrando che non ha paura. Entrambe le cose mi sembrano importanti, nuove».
Com’è il futuro visto dalle ragazze?
«Un’epidemia di cura: donne e uomini sanno curare e sanno chiedere di venire curati. E il maschio delle caverne, il noioso vincente, viene archiviato per sempre».