La Stampa, 27 maggio 2023
Ricardo Franco Levi spiega perché si è dimesso
Dimissioni ormai attese, forse con impazienza. E subito accettate: «Mi è pervenuta una lettera del dott. Ricardo Franco Levi nella quale si dice pronto a mettere a disposizione l’incarico di Commissario straordinario del governo per l’Italia, ospite d’onore alla Fiera del libro di Francoforte 2024 – scrive il ministro Sangiuliano in un secco comunicato stampa d’inizio pomeriggio –. Preciso di non essere il soggetto istituzionalmente abilitato ad accettare tali dimissioni, pur condividendo la necessità di dare discontinuità a questo incarico dopo le recenti polemiche. Informerò il governo per concordare eventualmente la nomina di un nuovo commissario. Ringrazio il dott. Levi per la sensibilità dimostrata e il lavoro svolto finora». E così, nel giro di pochi giorni, la destra si sbarazza di un personaggio forse scomodo, scelto dal governo precedente e di necessità confermato da questo (perché il decreto di nomina è firmato dal Presidente della Repubblica) anche se non si direbbe, con grande entusiasmo.
Si era già intuito al Salone del libro, considerata la freddezza dimostrata dal ministro Sangiuliano nei confronti del commissario (e presidente degli editori). Pesava l’infortunio della lettera in cui Levi aveva comunicato al fisico Carlo Rovelli di averlo escluso dalla cerimonia inaugurale di Francoforte (in conseguenza delle dichiarazioni sulla guerra in Ucraina fatte a Roma dal palco del primo maggio), seguita da una rapida marcia indietro dopo l’alzata di scudi degli editori. Levi in quell’occasione si era assunto tutte la responsabilità, affermando di avere agito in totale autonomia. Ecco però che nel giro di pochi giorni lo “scoop” di un quotidiano di destra rivela come nella agenzia belga scelta per la promozione dell’evento Italia paese ospite alla Fiera tedesca, la IFC Next, lavori Alberto Levi, figlio appunto di Ricardo, anche se in ruoli subalterni, che nulla hanno a che fare con il contratto. Il commissario risponde che «abbiamo fatto una gara cui hanno partecipato svariate compagnie e la ICF Next ha vinto perché sia per progettualità che per costo era di gran lunga quella più indicata, a nostro avviso». La IFC Next è una multinazionale tra le più importanti in Europa nel suo settore, lavora abitualmente con le istituzioni, è controllata da una società americana quotata in borsa, insomma non è certo una start up. Ma la presenza del figlio non suona quantomeno inopportuna? «È un fatto di assoluta inconsistenza – ci dice –, mio figlio è uno dei tanti giovani italiani che sono andati a cercarsi un lavoro all’estero. Detto questo, però, si stava mettendo in dubbio la correttezza del mio operato, e non lo posso tollerare. Ho così rimesso il mandato al ministro, anche se non è l’istanza che ne può disporre, come scrive del resto nel suo comunicato. Il commissario viene nominato dal Presidente della Repubblica, su proposta del governo».Colpiscono i tempi stretti, come se ci fosse stata una sorta di strategia, innescata dal caso Rovelli. Indiscrezione non verificabile: già al Salone si era avuta l’impressione che la ricerca di un nuovo commissario, più vicino al governo, fosse cominciata almeno sotto traccia, che insomma l’addio di Levi fosse dato per probabile e soprattutto auspicabile. L’insistenza su una nuova egemonia da affermare partendo dall’alto, lo stesso attivismo dell’enfant prodige della destra culturale, quel Francesco Giubilei pubblicamente elogiato durante la presentazione di Alain De Benoist, ideologo della Nouvelle Droite francese, dal ministro Sangiuliano in collegamento video, lasciavano ampiamente intuire che fra le poste più rilevanti non poteva non esserci la mai nominata Francoforte; e in un certo senso già mettevano il commissario di governo, se non fuorigioco, certo in una posizione di difesa.
Si è sentito accerchiato, o addirittura vittima di una trappola ben organizzata? «Non lo so, non voglio fare illazioni. E devo dire che il ministro Sangiuliano, prima di rilasciare il comunicato, mi ha chiamato molto cortesemente. Ho apprezzato. Ha anche chiarito che la sua decisione va nel senso della discontinuità». È il termine che spiega tutto. «È il termine chiave. Non c’è nulla da obbiettare, dal punto di vista formale, ma è molto significativo». È già l’abbozzo di un programma. Dove del resto, se non alla grande fiera tedesca del libro, trovare l’anno prossimo palcoscenico migliore per celebrare, dopo quella elettorale, la rivincita «culturale»?