la Repubblica, 26 maggio 2023
Usa, cento nuove parole a prova di censura
“Bussin” per dire impressionante, gustoso. “Boo” è un amante, un innamorato. Queste sono due delle prime cento parole che l’Oxford University Press ha deciso di inserire nel nuovo dizionario di inglese afroamericano. Le parole sono frutto di una ricerca durata tre anni, analizzando lettere, diari, quotidiani, riviste, il Black Twitter, testi di musica jazz, hip-hop, blues, R&B, scritti di abolizionisti della schiavitù, e di giganti della letteratura afroamericana e delle battaglie per i diritti civili, da Toni Morrison a Martin Luther King.
Le cento parole verranno inserite gradualmente nei prossimi due anni, e arricchiranno un elenco che comprende le parole “cool”, “crib”, “Hokum”, “dis” come variante gergale di “This”, questo, “bad” inteso, ribaltando il classico significato di cattivo in “buono”, e “dig” per indicare “comprendere”. L’obiettivo del progetto, curato da Henry Louis Gates Jr., studioso di storia afroamericana a Harvard, è sottolineare l’importanza dell’inglese della comunità black e creare chiavi per le ricerche future e l’analisi di discorsi pubblici, la storia e la cultura. «Quando ero in terza elementare – ha raccontato Gates in un’intervista al New York Times – studiavamo il dizionario e come utilizzarlo. Avevo otto anni e trovai il dizionario qualcosa di magico».
Il professor Gates è diventato un collezionista di dizionari rari e antichi. Uno venne comprato durante la pandemia. «Ero seduto in cucina – ha raccontato – isolato, in collegamento Zoom, e pensai: beh,potremmo morire in qualsiasi momento. E allora sai cosa? Vado a comprarmi la prima edizione delSamuel Johnson». Quello è considerato uno dei più autorevoli dizionari della lingua inglese, compilato da Johnson il 15 aprile del 1755 e rimasto il più influente fino a quando non è uscito l’Oxford English Dictionary, 173 anni dopo. Ora la cultura afroamericana si arricchirà di nuovi termini, sapendo che ogni parola apre un mondo, allarga una frontiera, crea nuove possibilità e ponti con il passato. In questo caso sono cento. La sfida più difficile per i ricercatori è stata trovare fonti affidabili che confermassero l’uso di parole e come scriverle correttamente. «A causa della schiavitù – ha spiegato alTimes Bianca Jenkins, che ha lavorato al progetto – agli afroamericani era vietato per legge andare a scuola. Hanno dovuto studiare da soli».
Il lessico è stato reinventato di continuo, creando e modellando nuovi termini, o adattando alla cultura afroamericana quelli già esistenti. Così “Promised Land”, terra promessa, è diventata quella dove le persone ridotte in schiavitù potevano trovare rifugio e libertà. “Kitchen” qui non significa cucina, ma i capelli corti in basso, dietro la nuca, considerati più difficili da modellare. “Cakewalk”, un contest nel quale le persone nere si esibivano in una camminata caratteristica, gara che in genere vedeva il proprietario della piantagione di cotone nel ruolo di giudice. Il vincitore avrebbe ricevuto una qualche torta. Nel nuovo dizionario “cakewalk” diventa un modo di dire una “passeggiata”, un compito facile da farsi. O “pat”, il tiptap della musica afroamericana. Il nuovo elenco di parole, ha spiegato il professor Gates, servirà anche a mostrare come gli afroamericani modificarono e adattarono, come forma di difesa, i termini diffusi tra i bianchi. Una sfida, secondo alcuni, anche ai tempi attuali, nei diciotto Stati a guida repubblicana, come Florida, Arkansas, Texas e Virginia, che hanno vietato nelle scuole pubbliche l’insegnamento della storia dello schiavismo e della segregazione razziale. Le parole del nuovo dizionario potrebbero sfuggire alla censura.