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 2023  maggio 25 Giovedì calendario

Biografia di Francesco Pionati

“Mi bastavano tre in quadrature: finestra, portone, bandiera. Più lo stand up finale. Se proprio, si poteva alleggerire mettendo il totale del Palazzo”. Quando a Francesco Pionati, che oggi diviene direttore del giornale radio, chiedemmo il segreto della sua arte, rispose con la franchezza che in troppi, non conoscendolo, faticano ad attribuirgli: “Restare immobile. Il Palazzo è sempre quello e i partiti decidono chi mandare in tv. Cosicché sono i leader che vengono da te perché il Tg1 è il motore dell’Italia, è il timbro della conoscenza, è il vettore plurimarche”. PIONATI, che in troppi si spingono a definire giornalista subacqueo per la sua capacità di restare senz’aria e non riportare il minimo segno dello stordimento, torna sull’altare. Dieci anni dopo l’abbandono da deputato a Montecitorio e venti o quasi da giornalista, riappare sul ponte di comando della radio, stavolta in quota Lega. Eppure se lo vedete, gli passate accanto per strada, noterete che è stempiato al modo in cui era alla fine del secolo scorso. E non è alto e non è basso e non è grasso e non è magro e non è rosso e non è nero. Francesco Pionati è un democristiano rafforzato, come quelle porte la cui blindatura non si arresta al primo chiavistello ma è forgiata da altri due catenacci. Irpino, figlio di Giovanni, già sindaco di Avellino, demitiano, illustratore di successo del cosiddetto “panino televisivo”. È una tipologia di nota politica nella quale Pionati per le sue qualità indiscutibili di sub era il curatore più assiduo, conosciuto e tributato, sviluppava al tg l’essenza della poliedrica politica italiana. “La sfoglia di pane sottana e quella soprana alla coalizione di maggioranza. In mezzo, come companatico piuttosto saporito, l’opposizione”. Volendo aggiornarlo alla condizione attuale, apre le danze nel tg delle otto un leghista, o uno di Forza Italia, o ambedue, e risponde loro un Pd o 5S. Chiude la pratica il partito egemone, in questo caso un meloniano. Certo è una visione per amatori, “non posso dire sia un boccone giornalisticamente p r e l i b at o”. E INFATTI Pionati nel 2006, quando ormai tutta Italia conosceva la grisaglia e l’effetto rallentato del suo eloquio ecumenico, si è trasferito dalla piazza, dove armeggiava con le telecamere, al Palazzo. Prima senatore, poi deputato. Ultracentrista. Arriva il 2006 e Totò Cuffaro gli apre le porte del Senato perché Pionati sceglie la Sicilia, dove Cuffaro è una potenza, per il lancio in orbita. Nel 2008 è già padrone dei giochi. La Campania la terra dove produce il bis e che gli offre la base elettorale per sganciarsi dall’Udc di Pier Ferdinando Casini, che si ritiene troppo ostile a Silvio Berlusconi. Nasce così, nel piacere delle mille isolette democristiane, l’alleanza di centro, quella formazione cuscinetto che permette all’età berlusconiana di farsi adulta e di conquistare proseliti, applicarsi nell’ancoraggio dei parlamentari inquieti, riceverli ad Arcore o anche in via del Plebiscito, catechizzarli e via. Pionati, sempre ugualmente stempiato e con la medesima grisaglia di oggi, si rappresentava nella formazione dei Responsabili. Una forza di interposizione politica, un ruolo di cuscinetto, di riequilibratore: all’uscita di Caio dalla maggioranza, Tizio sorprendentemente si responsabilizzava. “Se avessi voluto avrei fatto il sottosegretario e altro”, ha detto e certificato. Certo è che dieci anni fa Pionati ritorna alla casa madre di Viale Mazzini. Lì lo ibernano in una delle fantastiche sottodirezioni regionali. Lo tengono al freddo per non fargli perdere neanche un centimetro di stempiatura, in modo che il suo volto resti quello di sempre e il decennio appena trascorso risulti un periodo equivoco, in un certo senso persino suggestivo. In modo da chiedersi: ma Pionati è esistito davvero oppure è una finzione? Esiste. Andrà al giornale radio se oggi i consiglieri di amministrazione, come sembra, approveranno il suo curriculum (“entrato con una borsa di studio, mettiamolo per favore”). Il suo Gr1, scommettiamo?, sarà uguale a questo qui perché immutabile resta la premessa: in Rai nulla cambia e nulla si distrugge. Pionati è un democristiano poco fluorescente. Non fa rumore, non si rompe. È come la gommapiuma. “Aspettiamo la nomina, lo dico per scaramanzia”.