il Fatto Quotidiano, 25 maggio 2023
Le assurde condizioni di “pace” pretese dal protervo Zelensky
La protervia di Zelensky, accolto come una star di Hollywood, quasi fosse Brad Pitt, al G7 di Hiroshima a cui non si capisce a che titolo abbia partecipato perché del G7 non fa parte, aumenta in parallelo con l’invio di armi, sempre più sofisticate ma “difensive” per carità, e di dollari, con cui viene rimpinzata l’Ucraina.
Sono emerse in questi giorni, sia pur in un modo un po’ nebuloso, le precondizioni che Zelensky pone per avviare un trattato di pace.
1) Ritiro senza condizioni dei russi dalle zone occupate dal 2014. Non si capisce allora su cosa mai si dovrebbe trattare, forse sulla garanzia alla Russia che l’Ucraina, diventata la più armata e inquietante delle Nazioni europee, non aggredirà in futuro la Russia.
2) Processo per “crimini di guerra” ai più importanti leader russi e, attraverso di essi, alla Russia stessa. Non è ancora chiaro davanti a quale Tribunale si dovrebbe svolgere questo processo, non davanti alla Corte penale internazionale dell’Aja per “crimini di guerra” perché nessuna delle tre Potenze interessate, Ucraina, Russia, Stati Uniti, aderisce a questo organismo (gli Stati Uniti non ci sono perché, ça va sans dire, loro “crimini di guerra” non ne commettono). Insomma a un “Tribunale speciale” come la Corte se ne aggiungerebbe un altro ancora più speciale.
Se fossi nei panni di Zelensky io sarei più cauto nell’invocare un “Tribunale speciale” che, con tutta evidenza, coinvolge la Russia intera. Perché questi “Tribunali speciali” sono storicamente, da Norimberga in poi, i Tribunali dei vincitori e se, Dio non voglia, fosse l’Ucraina a perdere la guerra – pronostico molto azzardato, ma quante volte abbiamo visto squadre scalcinate battere le “grandi” del calcio europeo – sul banco degli imputati si troverebbero Zelensky e i suoi, inseguiti da mandati di cattura per tutto il mondo, come avviene ora per Putin e un’infinità di cosiddetti “oligarchi”. E se il processo dovesse ricordare anche la storia relativamente recente di questi Paesi durante la Seconda guerra mondiale contro il nazismo, i russi hanno lasciato sul campo oltre venti milioni di morti mentre l’Ucraina non solo si è lasciata invadere senza colpo ferire ma, con la Gestapo in casa, cioè con gente seria e non degli straccioni, si è resa responsabile di uno dei più gravi pogrom antiebraici (di qui l’iniziale freddezza di Israele a soccorrere l’Ucraina, anche se poi pure gli israeliani si sono dovuti piegare agli interessi del loro protettore americano di cui peraltro sono la longa manus in Medio Oriente).
3) Addebitare alla Russia le distruzioni perpetrate in Ucraina. È questa la condizione più ragionevole posta da Zelensky, anche se in Serbia, 1999, in Iraq, 2003, in Libia, 2011, nessuno si è mai sognato di addebitare distruzioni agli americani e, per quanto riguarda l’Iraq e la Libia, nemmeno ai francesi e agli italiani sciaguratamente proni come sempre, questi ultimi, al volere del Signore yankee.
In quanto agli afghani nessun risarcimento è mai stato previsto per l’aggressione Nato durata vent’anni, ma si è provveduto, al contrario, a rapinarli dei loro pochi beni.
È questa una politica tradizionale, diciamo così, degli americani e degli inglesi in tutti gli scacchieri del mondo, a cominciare, solo a titolo di esempio, da Haiti dove queste pratiche sono state ben documentate nel bel libro di Ti-Noune Moïse Terra! Ma nessuna patria.