Il Messaggero, 25 maggio 2023
Biografia di Fernanda Wittgens
La mia vera natura è quella di una donna a cui il destino ha dato compiti da uomo, ma che li ha sempre assolti senza tradire l’affettività femminile». Così si descriveva Fernanda Wittgens, prima direttrice della Pinacoteca di Brera.
Nata a Milano – alla quale sarà sempre legata – nell’aprile 1903, Fernanda era figlia di Adolfo Wittgens, professore di lettere al Liceo Parini, e Margherita Righini. Sin dall’infanzia, il padre l’aveva condotta con i fratelli nei musei della città. Benché il genitore fosse poi morto prematuramente nel 1910, la ragazzina aveva continuato a coltivare l’amore per l’arte e la pittura, laureandosi con il massimo dei voti a ventidue anni in Lettere all’Accademia scientifico-letteraria, con una tesi dal titolo I libri d’arte dei pittori italiani dell’Ottocento. Suo professore era Paolo D’Ancona. Dopodiché Fernanda si era dedicata all’insegnamento di Storia dell’arte in vari licei, aveva scritto libri di scuola sull’argomento, e tramite l’ispettore di Brera Mario Salmi aveva conosciuto il direttore della Pinacoteca e sovrintendente alla Gallerie lombarde, Ettore Modigliani. Questi era rimasto colpito dalla preparazione, dall’intelligenza, dall’energia della ragazza, soprannominandola “la piccola allodola”. L’aveva quindi fatta assumere nel ’28 come “operaia avventizia”. Di lì a poco, la Wittgens era divenuta sua assistente e nel ’31 ispettrice.
LA TRAGEDIA
Intanto, l’Italia viveva la stagione drammatica del fascismo. Bollato come antifascista, Modigliani veniva emarginato; quindi, in quanto ebreo, escluso dagli incarichi, internato e perseguitato. Si era ormai alle leggi razziali. A dispetto del pericolo, la Wittgens aveva continuato nel solco da lui tracciato, informandolo dell’evoluzione del lavoro. Aveva pubblicato con il proprio nome un libro, Mentore, scritto da Modigliani. E poi, nell’agosto 1940, era diventata direttrice della Pinacoteca. Erano gli anni tragici della Seconda Guerra Mondiale: con l’aiuto del cugino Gianni Mattioli e del suo piccolo gruppo di lavoro, Fernanda si adoperava con tutti i mezzi per salvare le opere di Brera, del Museo Poldi Pezzoli e dell’Ospedale Maggiore dai disastri delle bombe e poi dalle razzie dei nazisti. Era riuscita quindi a spostare i capolavori in luoghi più sicuri, soprattutto in Umbria. Come lei, si spendevano Palma Bucarelli e gli esperti legati alle Belle Arti.
GLI AMICI
Oltre ai quadri, la Wittgens voleva mettere in salvo gli esseri umani: amici, conoscenti, sconosciuti, soprattutto ebrei (fra cui Paolo D’Ancona) ricercati dai nazisti. Come scrive l’Enciclopedia delle Donne nella voce a lei dedicata, «il suo impegno professionale non si è mai separato da un forte impegno civile, per il quale si è esposta in prima persona, in una concezione delle cultura che non si disgiunge mai da un’idea di comunione e umana solidarietà».
Nel luglio 1944 veniva arrestata per colpa della delazione di un ebreo tedesco collaborazionista, che aveva aiutato a fuggire. Sottoposta a processo – “il Processo delle Dame” – definita “nemica del fascismo”, era condannata a quattro anni di carcere. Da San Vittore scriveva alla madre: «L’errore delle mie sorelle e tuo è di credere che io sia trascinata dal buon cuore o dalla pietà ad aiutare, senza sapere il rischio. È invece un proposito fermo che risponde a tutto il mio modo di vivere: io non posso fare diversamente perché ho un cervello che sente così» e definiva la prigione «una tappa di perfezionamento».
IL PENSIERO
Notava: «La legge dello Stato si deve seguire sino a quando coincide con la legge morale Quando crolla una civiltà e l’uomo diventa belva, chi ha il compito di difendere gli ideali della civiltà, di continuare ad affermare che gli uomini sono fratelli, anche se per questo dovrà pagare? Almeno i cosiddetti intellettuali, cioè coloro che hanno sempre dichiarato di servire le idee e non i bassi interessi Sarebbe troppo bello essere intellettuali in tempi pacifici, e diventare codardi quando c’è un pericolo».
LA RICOSTRUZIONE
La famiglia riusciva quindi a farla spostare in ospedale grazie a un certificato – falso – di tisi. Brera era stata distrutta dai bombardamenti, ma lei, scarcerata nell’aprile ’45, persuase le autorità a ricostruirla. Di lì a poco la raggiungeva Modigliani, liberato nel ’46: volevano edificare “la grande Brera”, collegata all’Accademia di Belle Arti e ad altri istituti. Scomparso Modigliani nel ’47 Fernanda diveniva sovrintendente della Pinacoteca. Intendeva renderla un polo museale di riferimento per i milanesi, con attività didattiche di ogni genere. Decisa, forte, amata e criticata, divenne anche Sovrintendente alle Gallerie di Lombardia. Tale era la sua autorevolezza che riuscì a far comprare dal Comune La Pietà Rondanini di Michelangelo.
I TRIBUTI
Fernanda sarebbe scomparsa all’improvviso nel ’57: nel 2014 le verranno dedicati un albero e un cippo nel Giardino dei Giusti di tutto il mondo di Milano. A lei, inoltre, sarebbero state consacrate biografie come Sono Fernanda Wittgens. Una vita per Brera di Giovanna Ginex, spettacoli teatrali, e il film di Zaccari con Matilde Gioli. Il suo nome resta fra i Giusti tra le Nazioni.