La Stampa, 25 maggio 2023
La strategia italiana per le terre rare
Dalla Cina importiamo il 56% dei metalli che servono a fare andare avanti auto elettriche, impianti eolici, smartphone, Pc, tv e persino droni essenziali per la sicurezza. Una dipendenza che potrebbe mettere in ginocchio la nostra economia, visto che un terzo del Pil italiano è prodotto da aziende che fanno uso delle 34 "materie prime critiche" per l’industria classificate dalla Commissione europea, con in testa il rame, a quota 1. 300 tonnellate di fabbisogno l’anno sulle 2. 782 di metalli strategici utilizzati annualmente nel nostro Paese. Per questo è urgente investire nell’economia del riciclo, come ribadito dal Ministro dell’Industria Adolfo Urso e dal position paper di The European House Ambrosetti e della multiutility energetica Iren, presentato ieri a Roma.
Se la Cina interrompesse la fornitura di terre rare all’Europa, da qui al 2030 – si legge nel rapporto– sarebbero a rischio 241 gigawatt di eolico, ossia il 47% del totale e 33, 8 milioni di veicoli elettrici pari al 66% del parco auto a batteria. Per rompere questo monopolio la commissione europea ha fissato gli obiettivi da raggiungere entro il 2030 su estrazione, raffinazione e riciclo, pari rispettivamente, al 10, 40 e 15% del fabbisogno europeo di materie prime critiche. L’Italia da qui al 2040 vedrà crescere fino a 11 volte il suo fabbisogno di metalli rari e poco sostituibili. Tanto più che in Italia l’estrazione di materiali metallici è oggi sostanzialmente nulla, con tempi per l’autorizzazione di un nuovo sito minerario che vanno dai 15 ai 17 anni. Sulle materie prime critiche, servono «risorse significative, processi di autorizzazione estremamente semplificati e accelerati perché l’obiettivo è troppo ampio e si potrà conseguire solo attraverso risorse comuni, con un fondo sovrano europeo», afferma Urso. Intanto nel ddl sul made in Italy, che la prossima settimana dovrebbe avere il via libera in Consiglio dei ministri, ci saranno la mappatura dei siti italiani delle materie prime critiche e il fondo sovrano nazionale, che «incentiverà materie prime italiane come legno, ceramica, argilla e fibre naturali», rivela Urso.
Per fronteggiare la carenza di materie prime critiche si pensa di attingere allo stock di prodotti riciclabili che le contengono e che da qui al 2040 è previsto crescere di 13 volte, fino a poter soddisfare il 32% del fabbisogno italiano annuo di materie prime strategiche. Sempre che si incrementi la dotazione impiantistica con 7 impianti per valorizzare i prodotti che contengono materie prime critiche, pari a un investimento di 336 milioni di euro. Anche se la domanda di risorse per progetti di economia circolare è di circa sette volte superiore ai fondi stanziati dal Pnrr: 4 miliardi contro i 600 milioni concessi.
Luca Del Fabbro, presidente di Iren, spiega che «lo studio serve a capire quali sono i materiali essenziali per l’industria italiana e a proporre delle soluzioni per l’approvvigionamento. Iren ha in sviluppo due impianti di recupero di metalli rari, uno molto strategico ad Arezzo che sarà il primo in Europa che recupererà oro dai materiali rari. Non avere questi materiali significa frenare l’economia, averli invece ci renderà più competitivi sui mercati mondiali, riuscendo a sostenere lo sviluppo della nostra industria».
«L’obiettivo di Iren – aggiunge Del Fabbro – è quello di diventare l’azienda leader in Italia nel recupero dei materiali. Vogliamo estendere questo tipo di lavorazione per raccogliere il palladio, l’oro, l’argento e il rame e poi commercializzarli».