il Fatto Quotidiano, 24 maggio 2023
Il Frosinone in A raccontato da un tifoso
La squadra del cuore. È bello averne una. Tifarla. Seguirla. È bello emozionarsi per le sue vittorie. La mia è la squadra della città dove sono cresciuto per oltre vent’anni, la squadra che mio papà Luciano mi portava a vedere da bambino. Anche in trasferta perché poi lui doveva raccontarle sul giornale dove scriveva. La mia squadra è quella per la quale nei campionati giovanili ho giocato le prime partite. Le giornate iniziavano sui campi quasi sempre in terra battuta, con trasferte in piccoli pullman quando andava bene o nelle automobili dei genitori. Portiere era il mio ruolo… I suoi colori sono il giallo e il blu ed è appena finita sulle pagine sportive di tutti i giornali perché ha raggiunto la terza promozione in serie A. Una cavalcata bellissima come il gioco che il suo allenatore, uno dei “ragazzi” di Marcello Lippi, quelli di Berlino, è riuscito a far esprimere ai suoi che per la prima volta si son trovati a giocare insieme in questa stagione. Qualcuno in prestito, qualcuno no. Qualcuno esperto, altri meno o addirittura all’esordio in B scovati da un Direttore Generale che di promozioni e talenti se ne intende: Guido Angelozzi. Una presenza importante a fianco del presidente Maurizio Stirpe. Un progetto condiviso. Pensato e realizzato con determinazione. Strutturato in ogni singolo aspetto. Frosinone: una città che sta perdendo residenti anno dopo anno. Un centro storico praticamente deserto. Un capoluogo di Provincia con 91 Comuni belli e in parte “difficili” come dimostrano gli efferati delitti. “Noi siamo la Ciociaria” ha strillato la Curva per tutta la stagione. Gente ciociara appunto. Gente che è stata presa in giro ingiustamente in molti film e da parecchi comici. Di ciociari importanti ce ne sono stati e ce ne sono. Fieri di esserlo. Uno di questi è stato Benito Stirpe (papà del Presidente Maurizio), nato nel 1923 che ha fondato le proprie fortune partendo da un motto del fascismo: “Se insisti e resisti, raggiungi e conquisti”. E così ha realizzato l’acquedotto di Capri; il potenziamento di quello di Ravello per la visita di Kennedy, 7 km in 7 giorni. Benito ha poi conquistato la fiducia delle famiglie dei lavoratori della “Prima” quando negli anni 70 rilevando la fabbrica del suo paese l’ha salvata dal fallimento. Ha portato la squadra di calcio in Serie C alla fine degli anni 60 e poi oltre quaranta anni dopo in B. “E ora si può arrivare in A, perché no?”. Diceva la sera stessa della promozione quando tutta la squadra andò a trovarlo nella sua casa. Io ero lì a filmare le sue lacrime di gioia e quelle dei suoi figli. Patrizia, Curzio e Maurizio. Qualche anno dopo, Benito non c’era più ma Maurizio aveva avverato il suo sogno. Il presidente si è battuto come un “leone” per far costruire uno stadio meraviglioso che porta proprio il nome del papà. La sera del primo di maggio i ragazzi di mister Grosso si sono assicurati la matematica promozione nella massima serie battendo la Reggina e facendo impazzire la città. Una festa in parte sommessa perché avvenuta dopo qualche giorno dalla scomparsa di Curzio Stirpe. I “canarini” gli hanno dedicato la vittoria a fine gara insieme all’allenatore e a tutti i tifosi presenti allo stadio. Giocatori di talento e con grandi capacità, anche morali così come ha sottolineato spesso il loro allenatore. Capitan Lucioni e compagni volevano però arrivare primi. Alzare la coppa che la Federazione assegna a chi vince il campionato. Ed ecco che un paio di settimane dopo, hanno rifilato tre reti al Genoa. E così sempre allo “Stirpe” è stata ancora festa. E il pensiero è andato a quando mio papà mi teneva per mano insieme a mio fratello gemello per farci entrare al “Matusa”. Non c’erano i tornelli e nemmeno i biglietti elettronici ma le emozioni erano forti lo stesso. Nessuno immaginava neanche lontanamente la favola che la famiglia Stirpe avrebbe fatto vivere ai tifosi con il nuovo secolo. Vedere le squadre più importanti d’Italia giocare contro il Frosinone prima in quello stesso vecchio Stadio Comunale (il Matusa) e poi nel gioiellino che porterà per sempre il nome di quell’uomo che per primo aveva creduto alla promozione in Serie A. Tutto torna…