il Fatto Quotidiano, 24 maggio 2023
Il ponte Morandi e gli strali da rifare
Gianni Mion dice di avere un ricordo “memorabile” di quella “riunione di induction” dei vertici di Aspi e Atlantia in cui si parlò del “difetto di progettazione del Ponte Morandi”, che “per i tecnici creava perplessità sul fatto che potesse stare su”. Ma non ricorda la data. Se questa défaillance per gli avvocati dei difensori è la dimostrazione della “inattendibilità” del manager dei Benetton, la Procura di Genova è convinta invece di avere in mano la prova dell’esistenza di quell’incontro. Un documento che il Fatto è in grado di riportare in modo integrale.
Si tratta di un verbale sequestrato dalla Guardia di Finanza, datato 10 novembre 2010. È il resoconto dei lavori del Comitato completamento lavori di Aspi, convocato presso la sede romana della società in via Bergamini. Il punto 8 dell’ordine del giorno è intitolato: “Informativa sul viadotto Polcevera”. A prendere la parola, “su invito dell’amministratore delegato” (Giovanni Castellucci), è Gennarino Tozzi, condirettore generale sviluppo rete di Aspi. Il relatore spiega come la riunione nasca “da una richiesta avanzata nel corso dell’ultima riunione di ‘induction’ di consiglieri e sindaci della controllante Atlantia”. Tozzi, sentito ieri in aula nel processo per i 43 morti di Genova, ha detto di non ricordare che si fosse parlato della sicurezza del Morandi. Le riunioni di induction, come spiegato da Mion, erano incontri di altissimo livello, a cui partecipavano i vertici societari. A quella in particolare, secondo Mion erano presenti, fra gli altri, sia Castellucci che Gilberto Benetton.
“L’ingegner Tozzi – si legge ancora – illustra il documento presentato da Spea (società di monitoraggio dei viadotti, ndr) (…) il Viadotto Polcevera è l’unico viadotto strallato di tutta la rete gestita da Autostrade per l’Italia (…) come si evince dal documento presentato da Spea, a causa dell’arditezza del progetto originario, oltre all’ambiente aggressivo in cui l’opera è ubicata, nel corso degli anni si sono resi necessari più interventi di manutenzione (…) L’ingegner Tozzi fa presente che l’opera è sotto costante monitoraggio (…) secondo le analisi svolte da Spea lo stato di conservazione rilevato al momento evidenzia problemi strutturali”. Sembrerebbe una risposta rassicurante ai dubbi di Mion, uscito “terrorizzato” dalla precedente riunione di induction: alla domanda se un ente esterno certificasse “la tenuta strutturale del viadotto”, “il direttore generale Riccardo Mollo mi rispose che la sicurezza ce la autocertificavamo”. E in effetti Spea, in pieno conflitto di interessi, era una società controllata da Aspi.
Ma c’è di più in questi documenti trovati dalla Finanza. Otto anni prima del crollo, in quel verbale, si parla di “interventi di ripristino conservativo degli stralli dei due sistemi bilanciati”, programmati per gli anni 2011-2012. Lavori mai eseguiti. A quel punto il verbale dà conto di un intervento di Castellucci: “L’amministratore delegato fa presente che la decisione risolutiva sarebbe quella di anticipare gli interventi di rinforzo strutturale degli stralli dei residui sistemi bilanciati”. In altre parole, già nel 2010 Castellucci proponeva di “anticipare” il rinforzo degli stralli, la cui rottura è responsabile del disastro del 14 agosto 2018.
Un altro tassello è aggiunto da un secondo documento sequestrato. Si tratta di allegato a una email – intitolato “Nota per l’ing. Mollo”, datato 15 febbraio 2011 – inviata dal dirigente di Aspi Mauro Malgarini al direttore di tronco Giorgio Fabriani: “Caro Giorgio, ti invio a carattere confidenziale questa nota odierna che ci è stata richiesta da ing. M. su sollecitazione di…”. Uno scritto che la Guardia di Finanza interpreta così: “Si evince che la richiesta è stata avanzata da M., presumibilmente Ing. Mollo (primo riporto dell’amministratore delegato e diretto superiore di Malgarini), ‘su sollecitazione di…’ presumibilmente di Castellucci”. In quella nota sono indicati i dettagli dell’intervento sugli stralli, da eseguire “fra il 2016 e il 2018”, con “otto mesi di interferenza sul traffico”. Lavori che, se eseguiti, avrebbero evitato la strage. Queste comunicazioni, per gli inquirenti, dimostrano che si sapeva già tutto allora.