il Giornale, 24 maggio 2023
In morte di Maria Giovanna Maglie
Vittorio Sgarbi Era una certezza. Vederla apparire in un collegamento o trovarla nello studio, prevalentemente nei programmi di rete 4, dava la garanzia dell’equilibrio e della ragione rispetto ai luoghi comuni, ribaltando con pacatezza e determinazione le posizioni prevedibili di molti interlocutori. Veneziana di nascita, Maria Giovanna Maglie si era trasferita a Roma ancora bambina e alla Sapienza si era laureata in filosofia. Aveva iniziato a scrivere sull’Unità, di America Latina. «Da ragazza mi ero iscritta al Pci perché a quell’epoca o ti drogavi o facevi la terrorista o ti iscrivevi al Pci. Io, da buona ragazza borghese, ho scelto la terza. Poi, col tempo, sono entrata in crisi. Seguendo la politica internazionale, capii che non potevo più rimanere coi comunisti». Nel 1989 passa al Tg2, «un telegiornale meraviglioso, che faceva concorrenza al Tg1», racconterà. La Maglie continua con gli esteri ed è spesso inviata in Medio Oriente: «Finisco a coprire la guerra del Golfo perché tutti gli altri stavano in vacanza». Negli anni della cosiddetta seconda Repubblica sarà vicina al berlusconismo, collaborando con «Il Giornale», «Il Foglio», ancora la Rai, ma anche Radio 24 e Radio Radicale. Dopo la lunga militanza alla Rai, Maria Giovanna Maglie aveva trovato nuova vita ai tempi dell’improbabile, ma non impossibile, governo cosiddetto giallo-verde ovvero Cinque stelle-Lega, ovvero Di Maio-Salvini che lei ha per qualche tempo amato e legittimato, trovandosi nella a lei sgradita condizione di essere qualche volta in disaccordo con me. Non è durato neppure il tempo di quel governo, perché io ho detto e lei ha scoperto che l’appoggio ai Cinque stelle contrastava con l’ordine armonioso del suo ragionamento, e che dopo averla blandita l’avrebbero tradita. Incredibilmente, prima di ritrovare il suo spazio polemico, la Maglie era stata, in quei dibattiti e in quel tempo, una presenza a suo modo governativa. Era estranea al conformismo e al perbenismo della sinistra ma lo manifestava con la dialettica e i distinguo della cultura di sinistra dalla quale proveniva. Fu impeccabilmente trumpiana quando tutti erano contro Trump. Provava orrore per Biden come per il Covid. Era lucida, dialettica. Maria Giovanna era insieme inquietante e rassicurante. Per altri sarà stata indisponente, con me era sempre disponibile anche quando credeva che non fossimo d’accordo. In quel caso, come credo non sia accaduto con nessun altro, rinunciava alla polemica. Ne parlo qui da un punto di vista particolare, particolarissimo, di antichissima conoscenza (credo che lei prosperasse nell’età craxiana), diventata amicizia, quando, dopo molti anni di silenzio e di apparizioni carsiche, io la ritrovai stabile e, per così dire, alla mia corte, a Salemi dopo essersi trasferita in un tempo imprecisato a Trapani per vivere una nuova esistenza. Era il 2008, io stavo attraversando l’esperienza di sindaco nelle terre di Matteo Messina Denaro, ed ero guardato con sospetto dalla mafia e dall’antimafia. Era un grande conforto sapere che, tra tanti ipocriti e fasulli, c’era una persona libera e indipendente, tra le poche capaci di capire le mie intenzioni e il mio progetto, condiviso con Oliviero Toscani, Bernardo Tortorici, Peter Glidewell, Fulvio Pierangelini, in condominio con Rocco Forte. Era rassicurante sapere che sarebbe arrivata a Salemi interpretando quella realtà difficile con un pensiero semplice, e dialogando con il mio assessore al nulla, Graziano Cecchini. Teste originali e libere. La Maglie era una certezza. La Maglie era giusta. La Maglie era serena. Aveva serenamente ragione, come la Gruber ha serenamente torto. Credo che il suo trasferimento in Sicilia fosse determinato dall’amore per un ragazzo romantico e beffardo, spiritoso e coltivato, per il quale valeva la pena di vivere a Trapani. E in un certo momento la sua interpretazione lucida delle contraddizioni siciliane mi indusse a proporla come assessore, e a tenerla come un riferimento inevitabile, quasi un oracolo. Finì la nostra stagione siciliana, e la ritrovai in televisione. Credo fosse presente anche il giorno del mio memorabile scontro con Giampiero Mughini davanti al quale rimase imperturbabile, sicura, come sempre, della mia ragione. Occupava molto spazio, sia con il suo pensiero sia con il suo corpo ma, a un certo punto, come era apparsa, sparì. Si iniziò a parlare (ed è dunque fondato) di una sua malattia; ma la vera malattia è la nostra. È dovere stare senza di lei in balia di teste confuse, improbabili, senza la certezza di vedere l’orizzonte chiaro. Ecco: per me Maria Giovanna era come la luce dell’alba, quando vedi tutto, nitidissimo, e non ti vede nessuno. Adesso è entrata nella notte per renderla più chiara.