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 2023  maggio 23 Martedì calendario

Gadda morto lo stesso giorno (quasi) di Manzoni

Il caso, un «avvenimento inavvertito», ha voluto che il più grande ammiratore di Alessandro Manzoni, milanese come lui, Carlo Emilio Gadda, sia morto esattamente cent’anni dopo il suo idolo, e cioè cinquant’anni fa: Manzoni il 22 maggio 1873, Gadda il 21 maggio 1973. E quel 21 maggio, Gadda morì, nella sua casa di via Blumenstihl 19 a Roma, con I promessi sposi sul comodino, se è vero, come hanno raccontato gli interessati, che l’Ingegnere a letto, negli ultimi giorni, amava ascoltare pagine del romanzo di Manzoni dalle voci di Pietro Citati e di Ludovica Ripa di Meana. «Il giorno prima della morte – ha scritto Citati – gli lessi il capitolo della sorpresa notturna, quando Renzo e Lucia vanno a farsi sposare, dove c’è quella scena straordinaria di comicità e di avventura: mi ricordo che Gadda moribondo rideva con le sue risate sussultorie…». Fu un amore profondo, quello di Gadda per Manzoni, al punto che già nel 1927 il giovane Carlo Emilio scrisse una Apologia manzoniana mandandola all’amico Alberto Carocci, direttore della rivista «Solaria», con queste parole: «Il Manzoni mi è sempre stato simpatico e caro, anche assai prima della recente resurrezione». Aggiungeva che per «prepararsi muscoli forti» non si può evitare di interpretarlo. Gli era talmente «simpatico e caro» che, in difesa di don Lisander, Gadda avrebbe ingaggiato una dura polemica con Moravia, quando nel 1960 pubblicò sul «Giorno» un articolo intitolato Manzoni diviso in tre dal bisturi di Moravia. In netto disaccordo con l’immagine del «presunto aedo della non-rivoluzione», del conservatore cattolico, pauroso e borghese voluta da Moravia, per Gadda la felicità descrittiva del Manzoni incarna «l’arte antica e nuova d’un Caravaggio». E anzi il suo romanzo raffigura «nei poveri, negli umili, negli incorrotti e nei fatalmente oppressi i risorgenti protagonisti della storia umana, della salvezza biologica». L’incipit dell’Apologia era già una dichiarazione d’amore: «Egli disegnò con un disegno segreto e non appariscente gli avvenimenti inavvertiti: tragiche e livide luci d’una società che il vento del caso trascina in un corso di miserie senza nome». Non poteva sapere Gadda che qualcuno avrebbe potuto dire di lui, cent’anni dopo, ciò che scrisse il 20 maggio 1873 Carlo Tenca dell’amico Alessandro: «Lo stato di Manzoni è straziante, non v’è più febbre, ma la mente è annebbiata, ha dei lucidi intervalli». Tanto meno poteva immaginare che in quegli intervalli estremi sarebbe stato confortato e persino rallegrato dalle voci di Renzo e di Lucia.