La Stampa, 22 maggio 2023
Domenico Starnone parla al Salone del Libro
La vita da scrittore di Domenico Starnone è cominciata grazie alla paura che ha provato da bambino per una cicogna. Era la notte in cui nacque il suo fratellino più piccolo: lui e il fratellino di mezzo sentendo gridare la madre si avvicinarono alla stanza da cui provenivano le urla, e ne uscì la levatrice (o forse era una vicina) con delle lenzuola insanguinate. Non sapendo come spiegare l’accaduto, disse che il bimbo era talmente bello che «la cicogna se lo voleva riprendere, allora il vostro papà l’ha ammazzata». Doveva essere un evento lieto, e invece per i due piccoli in attesa fuori dalla porta fu un momento da incubo. Del resto, è l’umanità stessa a essere un eterno tirocinio, anche attraverso le paure, come dice il titolo del suo ultimo libro (appunto: L’umanità è un tirocinio, Einaudi), che l’autore napoletano ha presentato ieri allo spazio La Stampa al Salone del Libro di Torino. Un volume, questo, che raccoglie scritti e pensieri messi insieme in tanti anni, e molte riflessioni sulla scuola, dove Starnone ha insegnato per molto tempo. Delle pagine particolarmente intense le dedica al libro Cuore di Edmondo De Amicis, caposaldo della letteratura italiana per l’infanzia, che è anche una grande epopea, appunto, della scuola. Nonché uno specchio della sua, ancora attualissima, disuguaglianza. Prendiamo il personaggio di Franti, il bulletto, o il cattivo per eccellenza (come siamo stati abituati a considerarlo da piccoli). «Franti resta la contraddizione di fondo di qualsiasi scuola, nel senso che lui appare come il ragazzo estraneo a tutto ciò. Il libro però, se lo si legge in un certo modo, mostra pezzo per pezzo che l’intero sistema scolastico viene costruito per tenere fuori i Franti di questo mondo. Quel ragazzino non può riconoscersi in nessuno dei racconti mensili del maestro, viene da un contesto sociale e culturale che lì dentro non trova niente di simile» ha spiegato Starnone. «Il problema di fondo, e lo dico da quarant’anni, è la disuguaglianza della scuola. Noi purtroppo da sempre la facciamo per chi non ne ha veramente bisogno: per quelli che, per estrazione familiare e per opportunità, potrebbero pure farne a meno. Andrebbe ripensata da cima a fondo. Partendo proprio dai Franti». Il classismo nella scuola è un problema che persiste, e più che mai adesso che si parla di Ministero dell’Istruzione e del Merito, cosa che Starnone trova estremamente rischiosa: «Potrebbe riportarci nell’epoca in cui c’erano insegnanti che dicevano: ragazzo mio, c’è chi è nato per zappare e c’è chi è nato per studiare. Una frase che è la negazione di qualsiasi scuola democratica». E a proposito di fascismi, e della questione sollevata al Salone, dove il direttore uscente Nicola Lagioia è stato contestato da Augusta Montaruli di FdI, Starnone ha parlato di «criptofascismo delle coscienze», e di come non si possa ridurre tutto a una contestazione fascista, perché altrimenti l’intera storia dell’umanità andrebbe letta con quella lente, ovvero come una lotta di potere tra chi vorrebbe parlare e chi lo vuole far tacere, e non è possibile. La cosa più importante quando si parla di giovane umanità, ovvero degli adulti di domani, è soprattutto la consapevolezza che non si può insegnare forzando la mano: è necessario che imparino a pensare ricevendo prima di ogni altra cosa lo strumento della libertà. E vale anche per la lettura, che a detta di Starnone non è un amore innato, e va coltivato, ma come? «Imponendo ai ragazzini di leggere si possono creare solo dei non lettori». L’antidoto, quindi, è far comprendere loro il fascino della parola scritta: «Scrivere “Casa” sulla lavagna e spiegare che quei segnetti, che a guardarli sembrano puri ornamenti, si fanno nascere dentro la casa dove abiti, il comignolo, la patria, il tuo paese d’origine, il bisogno della mamma». Se con quei quattro segni si riesce a sollecitare queste cose, allora lì probabilmente nasce un lettore: quando a un bambino viene data la possibilità di accorgersi che l’alfabeto «è meglio di qualsiasi effetto speciale». Poi certo, si può insegnare a leggere e anche ad apprezzare il potere dei segnetti magici, ma non si può sapere come poi quegli stessi ragazzi la penseranno su determinati libri. Magari qualcosa che a noi è piaciuto moltissimo, e consideriamo un capolavoro, per loro sarà una cavolata.
Prediamo Madame Bovary di Gustave Flaubert, che per Starnone è appunto uno dei libri della vita, a cui ritorna spesso e che non smette mai di adorare. Un giorno lo consigliò a una sua alunna particolarmente brava, covando una grande speranza che lei lo amasse quanto lui. Quella lo tenne un mese, segno che forse non lo stava trovando imperdibile, e poi lo restituì all’allora professor Starnone, dicendo: «Ma perché mi ha fatto leggere la storia di una cretina?