il Fatto Quotidiano, 22 maggio 2023
La crescita ci porta al tracollo
“Là dove c’era l’erba ora c’è/ Una città / E quella casa in mezzo al verde ormai/ Dove sarà… Torna e non trova gli amici/che aveva/ Solo case su case/ Catrame e cemento/ Là dove c’era l’erba ora c’è/ Una città, ah/ E quella casa in mezzo al verde ormai/ Dove sarà, ah/ Non so, non so / Perché continuano /A costruire le case/ E non lasciano l’erba/Non lasciano l’erba /Eh no /Se andiamo avanti così, chissà /Come si farà /Chissà /Come si farà”.
Questa canzone di Celentano, che è del 1966, l’abbiamo citata altre volte sul Fatto ed è ovvio perché il problema della cementificazione, o per meglio dire il dramma, affonda le radici in un passato ben più lontano degli anni 60, nello straordinario stravolgimento che ha cambiato il mondo e che passa sotto il nome di Rivoluzione industriale. Il mondo contadino non aveva di questi problemi, innanzitutto, e lapalissianamente, perché le industrie erano infinitamente di meno, e quindi meno cemento sia nei suoi esiti che nella sua produzione, in secondo luogo, legato strettamente al primo, perché i contadini conoscevano la terra e sapevano come trattarla, sapevano, per esempio, che dei boschi si può far legna ma che servono anche per drenare le acque e quindi tagliavano là dove c’era da tagliare e lasciavano stare dove c’era da lasciar stare. La media borghesia beota, che non conosce le arti artigiane ma nemmeno la speculazione intellettuale, non è in grado di trattare la terra.
Quello che aveva capito, o intuito, nel 1966 Celentano, che non è noto per una particolare intelligenza, avrebbero dovuto capirlo i politici (mi riferisco all’Italia ma il problema è globale e riguarda tutti i Paesi dove la Rivoluzione industriale ha messo piede). E per quanto i politici siano a loro volta, anche se non sempre, beoti non possono essere da meno di Celentano. In realtà i politici, o quanto meno la maggioranza, avevano capito benissimo dove si andava a parare con la cementificazione, nel business, nel Dio Quattrino che è oggi l’unico ‘idola’ universalmente riconosciuto. E vale sia ai livelli alti che bassi. Nel mio condominio i coinquilini non si sono accontentati dell’ecobonus, già dubbio in sé, ma, per sgraffignare qualche soldo in più, hanno preteso l’installazione di un telo pubblicitario che sbarra la strada all’aria, alla luce, al sole. Sono convinto che se andassi da un bangladese e gli dicessi “ti do un po’ di soldi ma ti tolgo l’aria, la luce, il sole” quello ti manderebbe a cagare. E se il bangladese può avere qualche giustificazione, non l’hanno i cittadini benestanti del mio condominio. La tragedia dell’Emilia-Romagna si lega agli eventi climatici eccezionali, ormai all’ordine del giorno, che sono a loro volta causati dal mutamento climatico mondiale che è provocato dalla CO2 che si lega, in un modo o nell’altro, alla produzione industriale. “Come si farà” si chiede Celentano. Non si farà e prima o poi andremo a incontrare, come docili, ma con i venti, pecore, il tracollo del sistema perché non c’è persona, politico, imprenditore, docente universitario, giornalista, tranviere, magazziniere, elettricista che non abbia in bocca la parola magica: “crescita”. E chiunque ne parli, in senso positivo invece che avversarla o quantomeno moderarla, è un criminale.