Il Messaggero, 22 maggio 2023
Bruce Springsteen a Roma
Sono dei fischi, quelli che si alzano dalla folla mentre i musicisti del Boss fanno il loro ingresso sul gigantesco palco allestito al Circo Massimo? Sembrerebbe di sì. Ma ad ascoltarli bene, i fan urlano «Bruuuce», non «buuu». D’altronde i contestatori hanno espresso in modo diverso il proprio dissenso dopo essersi sentiti traditi da Bruce Springsteen, una lunga storia di impegno sociale alle spalle, che però a Ferrara davanti all’immane tragedia che ha colpito l’Emilia-Romagna non ha pronunciato nemmeno una parola sulla scelta di confermare nonostante tutto il concerto. Lo hanno fatto evitando di presentarsi ieri al suo concerto nell’antico stadio romano, cercando di sbarazzarsi negli ultimi due giorni sui social dei tagliandi. Quelli che invece hanno deciso di esserci hanno biasimato il 73enne rocker del New Jersey, che si è ritrovato coinvolto suo malgrado in una situazione molto più grande di lui.
L’INGRESSO
Eppure ora che «Bruuuce» è sul palco, mentre alle 19.30 il sole è ancora alto su Roma e ha smesso di piovere, sembrano come Nanni Moretti davanti a D’Alema in tv in Aprile: «E dai! Rispondi. Di’ qualcosa: reagisci», pensano. Possibile che non dica nulla? Sì, possibile. «Ciao Roma!», si limita a dire lui, tenendosi lontano dalle polemiche. Esce per ultimo sul palco, anticipato dal fido Little Steven, il chitarrista al suo fianco dal 1975, quando i nove musicisti della E-Street Band e le coriste hanno già sfilato davanti ai 60 mila del Circo Massimo (un fiume umano che al termine dello show la sicurezza farà fatica a indirizzare verso le uscite), prendendo ciascuno il proprio posto. Saluta la folla con il pugno chiuso. Si volta a guardare il batterista Max Weinberg alle sue spalle: «One-two-three-four!». My Love Will Not Let You Down, canta, «il mio amore non ti deluderà», ma la promessa di fede della canzone con la quale il «working class hero» – che appena un anno e mezzo fa ha incassato 500 milioni di dollari dalla vendita del suo catalogo di canzoni a Sony – sceglie di aprire il concerto non ha a che fare con l’alluvione: l’aveva già suonata in apertura dei concerti di Dublino e Barcellona, prima di Roma (seconda tappa italiana del tour europeo, che chiuderà il 25 luglio a Monza). No Surrender, Ghosts, Prove It All Night, Letter to You, lo show fila dritto: «Non si tratta di insensibilità, ma il concerto è strutturato in modo da non lasciar spazio ad altro che non sia la musica», aveva detto a Ferrara l’organizzatore del tour italiano, Claudio Trotta. A Roma non cambia nulla. Quando su Last Man Standing Springsteen chiama il silenzio, non lo fa per rivolgere un pensiero sulla tragedia, ma per ricordare il primissimo mentore George Theiss (scomparso nel 2018), che lo arruolò nella band dei The Castiles: «Era il 1965. Avevo 15 anni e grazie a lui cominciai a suonare in una band di rock’n’roll. Iniziò così la più grande avventura della mia vita».
IL PRECEDENTE
Il maltempo non ha fermato il popolo del Boss: i primi fan sono arrivati alle 14, non senza prima passare davanti all’hotel De Russie, in via del Babuino, dove il rocker alloggia da venerdì, sperando in una foto o un autografo. Springsteen mancava in Italia da sette anni: l’ultima volta, nel luglio del 2016, si esibì proprio al Circo Massimo. Ottantadue mesi dopo, riallaccia il rapporto con i fan – tra i vip Thomas Raggi dei Maneskin, Sting, Edoardo Leo, Lars Ulrich dei metallica, Nick Mason, Nick Cave, Woody Harrelson e Carlo Calenda – ripercorrendo sul palco in tre ore di show le sue vite artistiche, spaziando dal rock grezzo degli esordi con Kitty’s Back al soul dell’album di cover Only the Strong Survive, passando per gli inni Born to Run, Because the Night e Born in the Usa.
L’ARRIVEDERCI
Nel 2016 aveva 66 anni, oggi ne ha 73 e si fanno sentire: si affida a lunghe code strumentali per riprendere fiato (un mese fa ha anche avuto il Covid), e talvolta chiude le canzoni recitando (come su Backstreets e Wrecking Ball), stringendo i denti. Su I’ll See You in My Dreams, alla fine del concerto, rimane da solo. I ricordi del passato tornano a tormentarlo: «Ora sono l’ultimo superstite di quella band – s’incupisce il Boss, parlando ancora dei Castiles – sono sui binari e vedo arrivare le luci del treno. Capisco l’importanza di vivere ogni momento». Perché, dice Bruce, quando hai 15 anni è tutto un «tomorrow»: ora, invece, ci sono un sacco di «goodbye». Come quello con il quale saluta il Circo Massimo: «Roma ti amo», urla, in italiano.