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 2023  maggio 22 Lunedì calendario

Intervista a Alain de Benoist

Poteva andare meglio, ad Alain de Benoist. Se lo avessero contestato, come si temeva dopo il blitz degli attivisti che sabato hanno zittito la ministra Eugenia Roccella, sarebbe uscito dal Salone del Libro di Torino da martire. Invece, protagonista di un evento applauditissimo in un’Arena Piemonte strapiena, tra la Digos e i sorrisetti stizziti della vecchia Torino azionista, se ne è tornato soddisfatto e tranquillo a Parigi come un normale maître à penser. Alla fine è andato tutto bene, e a metà incontro si è persino collegato in diretta, via video, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, il quale ha manifestato il suo debito di lettore verso tanti libri del filosofo: «E con lui condivido la difesa del valore dell’identità della storia di ciascun popolo, la denuncia di una certa decadenza dell’Occidente e l’affermazione del pluralismo delle idee». Aggiungendo: «Bellissima quella sua immagine dei giornalisti poliziotti che vogliono importi la loro visione e sono pronti a processarti appena provi a esprimere un’idea un tantino diversa».
E comunque, forse la lectio di De Benoist era intellettualmente troppo alta per certa sinistra. I ragazzi d’ultima generazione bisogna capirli. Se non sono venuti, delle due l’una. O come Zerocalcare nemmeno sapevano chi fosse Alain de Benoist, oppure ieri avevano il pranzo domenicale con mamma e papà.
Bentornati al Lingotto del pensiero e del confronto delle idee, dopo la pessima pagina scritta l’altro giorno dai nipotini di Nicola Lagioia in gita Spritz&Indignazione al Salone.
E le idee su cui ci si è confrontati sono quelle del filosofo francese meno amato dalla sinistra e più letto dalla destra, un intellettuale che  per inciso  già quarant’anni fa, alfiere della Nouvelle Droite, aveva abbondantemente scavalcato la categoria orizzontale destra-sinistra, cercando semmai nuove sintesi.
Alain de Benoist: cosa è successo ai vecchi paradigmi politici «destra» e «sinistra»?
«Che in Francia come in Italia, in modi e tempi differenti, hanno perso sempre più di importanza e sono stati sostituiti, come si vede benissimo oggi, da una categoria verticale. Ora l’opposizione è tra alto e basso: le élite economiche sopra, il popolo sotto. In Francia Macron e Le Pen da un bel pezzo non parlano a elettori di destra o di sinistra, ma all’alta borghesia e al peuple».
Il suo nuovo libro, «La scomparsa dell’identità» (Giubilei Regnani), offre alcuni punti di orientamento in un mondo con sempre meno valori. Cos’è l’Identità?
«L’Identità è quella cosa, insieme semplice e complessa, che ci fa vivere e senza la quale non possiamo neppure domandarci da dove veniamo e dove andiamo. L’Identità è quella che tiene insieme chi si capisce e allontana chi non si capisce. E fa sì che la cultura non sparisca. È la celebrazione della personalità di un individuo e di una collettività. Dobbiamo difendere le Identità: quella francese, italiana, spagnola... Le identità sono diverse per lingua, cultura, sesso, credo religioso, filosofico, appartenenza nazionale... e spesso non si armonizzano fra di loro. Ma la cosa non ci deve spaventare. È da lì che nasce il confronto.
Qual è il rapporto fra identità e identitarismo?
«L’identità è qualcosa di concreto che rafforza e tutela la tua storia e la tradizione. L’identitarismo è qualcosa di artificiale, una miscela tra decostruzione e confusione in cui attecchiscono la cultura Woke, le teorie indigeniste e decoloniali, dove il femminismo da strumento di emancipazione delle donne si trasforma in una teoria del gender indifferenziato. Ma mentre l’identitarismo si allarga, l’identità è in crisi».
Conseguenze?
«Gli psicologi e i reparti psichiatrici vedono aumentare ogni giorno il numero di pazienti che hanno perso la loro identità, che si sentono confusi, che hanno smarrito i propri punti di riferimento. Le frontiere e i limiti si dissolvono, i legami famigliari e sociali sono sempre più fragili. E così l’identità individuale e collettiva si indebolisce. È uno degli effetti della globalizzazione e della Postmodernità. Tanto malessere e tante ansie che vediamo in giro nascono qui».
Chi ha causato la crisi dell’identità europea e occidentale?
«L’Occidente stesso. L’Occidente ha negato progressivamente le differenze fra le persone e i popoli. A disgregare l’Identità sono state le ideologie arrivate dagli Stati Uniti. Che tendono ad azzerare qualsiasi senso di appartenenza. Mentre io in realtà sono fiero di definirmi europeo, e fiero anche di definirmi francese. Così come un bretone può essere fiero di sentirsi sia bretone sia francese sia europeo. L’identità è qualcosa di davvero complesso e ricco di sfumature».
Si parla molto di nuove egemonie. Qualcuno dice che la più pericolosa non sia quella di sinistra o quella di destra. Ma sia l’egemonia del pensiero unico, del politicamente corretto, della «cancel culture».
«Sì, è così. È la tirannia delle minoranze rumorose. E qual è l’obiettivo di tale egemonia, esportata dagli Stati Uniti e che pervade il mondo anglosassone? Uniformare le dottrine e i credo. Farci dire felicemente: Siamo tutti uguali!. Anzi, Siamo tutti identici. Instillare l’idea che le differenze di genere, di religione, di pensiero vadano tutte combattute. Invece è vero il contrario: la ricchezza delle diverse Identità è vita. Le differenze culturali sono fondamentali per alimentare il dialogo. E anche il confronto politico».
Ecco, la politica. La accusano di essere putiniano.
«Putiniano? Non so nemmeno cosa significhi. Non sono zelenskiano, semmai. L’unica cosa che so è che era l’Europa che doveva mediare per evitare la guerra devastatrice, e invece non l’ha fatto».
Il prossimo anno si voterà per l’Europa. Un rafforzamento dell’area conservatrice potrà rilanciare la questione identitaria?
«Forse sì. Dobbiamo lavorare perché le persone riscoprano e difendano la propria storia individuale e la Storia collettiva. Molti dicono che il nostro passato di europei e occidentali sia qualcosa di criminale da condannare. Ci chiedono di continuo di fare un mea culpa. Ma tutti i popoli nella storia delle civiltà hanno avuto momenti luminosi e momenti oscuri. Pericle dice: Abbiamo fatto grandi cose nel bene e nel male. Ecco: c’è stato il bene e il male, ma intanto quelle grandi cose sono state fatte. Il Passato non va guardato con vergogna o compassione, ma con un sentimento di amicizia. Come qualcosa di prezioso da proteggere e tenere vivo. Si trasmette il fuoco, non le ceneri. E la Storia e le identità sono quella cosa che ci fanno avanzare, con la forza di tante idee, non di una sola, verso la libertà di tutti».