la Repubblica, 5 maggio 2023
Intervista a Cat Stevens - su "King of a Land"
Tecnicamente parlando è il primo album di Cat Stevens dal 1978, da quel Back to the earth che sancì la fine del suo vecchio io e la seguente nascita di Yusuf Islam. Sì, perché King of a land è, per molti versi, il suo primo album di canzoni nelle quali l’equilibrio tra il suo vecchio io e quello successivo, si trasforma in canzoni nuove e belle.
Canzoni semplici, dirette, cantate con la consueta grazia, anche se con una voce più profonda e matura, da uno dei più grandi artisti del pop degli anni Settanta, passato poi a negare sé stesso e rinascere nella fede islamica e poi, in tempi più recenti, a far pace con la sua storia e provare, in fondo, a rinascere ancora una volta. Yusuf Islam/Cat Stevens non si limita a proporre un nuovo album ma anche, e soprattutto, dei nuovi concerti, con i quali approderà anche in Italia il 18 giugno all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone di Roma. Tranquillo, pacato, disponibile come sempre, ha presentato l’album e i concerti in un incontro con la stampa italiana.
Cosa significa per un artista come lei fare dischi e concerti oggi?
"Significa un sacco di lavoro, a dire il vero. Sono molto impegnato per fare in modo che ogni parte del progetto sia al suo posto, le canzoni, il gruppo, i visual...ma sono molto fortunato perché sono ancora impegnato a fare questo. Molti amici e colleghi non ci sono più, mentre io posso continuare a comunicare con gli altri. E fare album come King of a Land, è un modo per essere a posto con me stesso, direi che è un album che è una combinazione di me stesso, anzi una risoluzione di me stesso oggi".
King of the land, è un titolo che sembra avere molti significati in questo 2023, con la guerra in corso e un ’re della terra’ come Putin che scatena guerre. C’è, dunque, oltre al suo classico messaggio di pace, anche un messaggio politico?
"È un punto interessante: i re sono simboli di cose diverse, alle volte opposte. In Inghilterra oggi c’è una grande divisione tra monarchici e repubblicani. Io sono sul lato monarchico ma in una delle canzoni del disco dico che la monarchia dovrebbe abbandonare le sue pompose sovrastrutture e diventare più vera, aiutando la gente. Quindi si parla di tutto nel disco, anche di problemi politici, gli stessi che ho chiaramente toccato nel mio manifesto, che ho mandato a Re Carlo. Una delle prime cose che gli ho scritto è di non dimenticare che è prima di tutto un servo di Dio e poi del popolo. Questo è quello in cui credo fermamente, tutte le mie canzoni hanno questo background. So che Dio ci guarda e che alla fine ci sarà un conto da pagare. In un’altra canzone dico che non mi piacciono i politici che dicono bugie e che la soluzione sarebbe chiuderli in uno zoo. L’ho detto anche al re, lui ha il potere per farlo...scherzi a parte le canzoni parlano della vita, in ogni suo aspetto".
Lei è in scena dagli inizi degli anni Settanta. Cosa è cambiato nel suo fare musica e come considera la musica di oggi?
"Per essere onesti mi è molto difficile trovare un focus nel modo in cui la musica si è sviluppata da allora a oggi. Oggi è un alluvione ed è difficile capire esattamente cosa e come accade. Capisco, però, anche di avere dei limiti, quindi tendo ad ascoltare con piacere le cose che amavo negli anni Settanta. Allora c’era una ricchezza di composizione e di idee incredibile, tutto era nuovo, cose mai fatte prima. Adesso invece la musica è un meccanismo ben oliato, ci dirigiamo verso l’intelligenza artificiale e i risultati non mi sembrano grandi. Ascolto la vecchia musica, insomma, ma non sono il solo, perché le mie canzoni sono su Spotify e vanno ancora molto bene".
Un tema ricorrente delle canzoni del disco è quello della libertà. Resta la cosa più importante per lei?
"La libertà è importante per tutti. Io parlo della libertà di base, quella della schiavitù imposta da un essere umano su un altro. Il problema, come si vede dalla Russia oggi, è che al mondo ci sono quelli che vogliono dominare. Scusate quindi se nel mio disco c’è una visione idealista, altruista, io non riesco ad essere diverso, è la mia prerogativa come artista. Le canzoni forse non possono cambiare nulla, ma è importante continuare a farle".
E’ difficile parlare di cose importanti nelle canzoni oggi?
"Viviamo in un tempo breve, una canzone di diciotto minuti, a parte Dylan che lo ha fatto di recente, non avrebbe grande successo, anzi a dire il vero io stesso non arriverei fino alla fine. Ma i social come Tik Tok definiscono una nuova realtà, quella del ’collasso del contenuto’. È un mondo in cui si dice ’non ho niente da dire, ma è così interessante, guarda questo, guarda quello, non c’è nulla ma tutti si muovono. E consumano".
Molti anni fa fece un musical intitolato "Moonshadow". Ne farebbe una nuova versione oggi?
"Il tema di quel musical credo sia ancora valido, era una grande storia. Ma io ho lavorato troppo in fretta e ho sbagliato molte cose: non avevo abbastanza tempo, il regista non era quello giusto, gli attori sono stati reclutati troppo rapidamente, è stata una corsa. Ma l’idea è ancora là, con una delle più vecchie storie del mondo, la parabola della caverna con gli uomini che guardano le ombre create dalla luce: un uomo esce e scopre il mondo fuori e quando torna dentro pensa di essere matto. Ci sono molte somiglianze con quello che accade oggi, i nostri sono tempi pericolosi e la storia è ancora estremamente rilevante. Tornerei a lavorarci su, per un film o qualcos’altro".
Father and son è una canzone che ha cambiato la storia della musica ed è ancora molto attuale.
"Lo è, è la canzone più prolifica che ho mai scritto. Ma è curioso pensare che sia nata quando cercavo di comporre una canzone per un musical sulla rivoluzione russa, mio Dio! Ed è bello che la rotazione delle generazioni mi abbia portato oggi ad essere padre, e a sognare, come dico in un’altra canzone, a quel tempo in cui i miei bambini vedevano chiaramente le risposte. Di certo ho una bellissima relazione con i miei figli, uno di loro mi ha spinto a riprendere la chitarra e scrivere".
È vero che ha iniziato a scrivere canzoni dopo aver avuto la tubercolosi? E che la sua conversione è avvenuta dopo un incidente gravissimo?
"Sì, ma tutto verrà rivelato nel libro che ho appena finito di scrivere. È vero che l’inizio del mio risveglio spirituale è avvenuto quando il mio corpo mi stava abbandonando, quando vedi quali sono le cose davvero importanti e pensi al prossimo posto dove andrai. Per me è stato importante il messaggio di George Harrison, quello di guardare oltre i muri, e il viaggio nel Pacifico dove sono arrivato faccia a faccia con la morte. Ho definitivamente realizzato che è sono importanti le promesse che fai, tutti ne facciamo, e quanto resti fedele alle tue. Saremo tutti giudicati per quanto le avremo mantenute. Il libro è finito, uscirà tra qualche tempo".
Cosa ne pensa di colleghi come Roger Waters che parlano in favore di Putin, o di artisti che sono contro la violenza ma in favore di un paese che ne invade un altro?
"Waters ha un punto di vista sulla Russia e un altro, diverso, sulla Palestina. Alle volte se quello che dici non può realmente migliorare le cose è meglio non gettare benzina sul fuoco. Capisco quello che dice quando afferma che va visto il contesto generale, che ogni atto scatena una reazione, ma perde di vista il fatto che la pace è l’obbiettivo principale. È resterà il mio obbiettivo primario, Inshallah, fino alla fine".