Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  maggio 21 Domenica calendario

Intervista a Max Giusti

Accettare di portare al Sistina di Roma Il Marchese del Grillo, e quindi accostarsi a un gigante come Alberto Sordi, con un repertorio di battute che in città conoscono anche i muri, è un po’ come andare in uno di quei vecchi circhi con gli animali, entrare nella gabbia del leone, aprirgli la bocca con le mani, mettere la testa dentro e vedere come va a finire. A Max Giusti, romano, 54 anni, è andata così bene che dopo il debutto di ottobre, dal 12 maggio è tornato di nuovo in scena (fino al 28). Ieri all’ora di pranzo è passato al Messaggero – due minuti a piedi dal teatro – per parlare di questo, e non solo, compreso l’inevitabile e apprezzatissimo finale di “conosco un posticino”.
C’è voluto più coraggio o incoscienza?
«Maturità. Prima del debutto nelle interviste davo risposte da allenatore di calcio: parlavo senza dire nulla perché non volevo risultare spocchioso, ma avevo assorbito così tanto di Albertone che ero sicuro di fare bene».
Cosa l’ha stupita?
«Essere stato la prima scelta. Per me, un premio. Così ho iniziato a studiare come un matto e sono arrivato alle prove che sapevo ogni battuta a memoria».
Dieci anni fa diceva di non avere la faccia da numero uno: l’ha superata questa cosa?
«No. Non credo di essere così bravo e fico da pensare di potercela fare sempre da solo. Non ho un ego esageratissimo».
Per quanto riguarda la tv al momento è disoccupato?
«Ufficialmente sì, ufficiosamente sto lavorando con Endemol alla puntata pilota di un mio show che potrebbe andare su Rai2. Vorrei fare un percorso nuovo in Rai, adesso che sta cambiando tutto, e anche se non ho ancora incontrato i dirigenti, penso che ci riuscirò».
Lei è un appassionato di tennis: in giro si dice che giochi spesso con Giampaolo Rossi, che il 25 maggio sarà nominato nuovo direttore generale Rai, e Pino Insegno: conferma?
«Nooo!!! Rossi non l’ho mai visto in vita mia, mentre Pino insegno, sì, lo conosco».
Avete parlato di lavoro?
«Raramente, e non di recente. Lo incontravo spesso ai tempi di
Se il tempo fosse un gambero, nel 2005, quando lui era ancora sposato con Roberta Lanfranchi, mia partner in quello spettacolo. Certo, ora è molto esposto, ma è bravo. Di sicuro è uno che dice come la pensa, e lo ha sempre fatto. Non è un furbetto».
Lei è ancora di sinistra?
«Se ci fosse, sì. Certo. Oggi non so più con chi schierarmi, beato Pino Insegno che è così convinto.
Comunque la Meloni mi ha stupito, dopo Draghi pensavo facesse peggio».
Si sta riposizionando? Per caso l’ha votata?
«Per carità. Non sono proprio andato al seggio».
È vero che dieci anni fa le avevano chiesto di candidarsi alle Politiche?
«Sì. Mario Monti. Ci ho pensato per un weekend, ma poi ho detto di no. Mi ha fatto molto piacere, ma non è roba per me».
Lei entra ed esce dalla Rai – nel 2016 la fecero fuori – quindi lo sa: cosa ci vuole per sopravvivere da quelle parti?
«Io lavoro e non ho protettori, cosa che facilita molto l’operato di chi vuole liberare posti, tant’è vero che quando mi cacciarono da Affari tuoi nessuno chiamò o disse una parola per me. Meglio così, mi sento più libero».
Di fare che cosa? Più tv, teatro, cinema?
«Tutto. Ho appena finito di girare due film: Dicono di te di Umberto Carteni, una commedia amarognola ambientata nel mondo della tv, tipo
Boris, con Paolo Calabresi, Ilaria Spada, Gabriele Corsi e Pupo; e La seconda chance, sempre di Carteni, storia familiare con Gabriella Pession e Maurizio Mattioli».
Se uno ha aperto i pacchi in tv, le telefonate di quelli che fanno cinema d’autore se le sogna? Il pregiudizio resiste?
«Purtroppo, sì. Certa gente continua a guardarti dall’alto in basso. Per il nuovo film di Paolo Virzi,
Un altro Ferragosto, seguito di Ferie d’agosto, sarei stato perfetto per un ruolo simile a quello che fu del grandissimo Ennio Fantastichini. Virzì, sei un grande, ma perché non mi hai chiamato?».
Cosa ha scoperto di sé facendo “Il Marchese del Grillo”?
«Che devo smettere di avere paura e avere più coraggio».
Quando non ce l’ha avuto?
«Tutte le volte che ho accettato progetti di cui non ero convinto pensando che il lavoro non si rifiuta mai. Ora so chi sono e voglio vivere e lavorare di conseguenza. Non mi accontento. Infatti voglio fare un “one man show” tutto mio. Nuovo. In tv».
Ne ha già parlato con quello che fra pochi giorni, quasi sicuramente, sarà il nuovo responsabile del Prime Time Rai, Marcello Ciannamea?
«No, ma se sarà lui, lo farò senz’altro. L’ho conosciuto quando curava
Affari tuoi».
Magari le fa da scudo.
«Io cerco solo alleati artistici tipo Fiorello o Amadeus, uno che a Sanremo ha fatto benissimo. Il suo è il trionfo del mediano».
Dopo di lui farebbe Sanremo ?
«Certo, come tutti. Anche perché ormai è l’unico programma che si fa con i soldi».
Nel 2012 lei aveva un contratto biennale con la Rai da 600 mila euro lordi l’anno: quest’anno com’è andata?
«Ho guadagnato molto meno. Però mi è andata bene i tre anni precedenti».
Da anni ha preso in gestione un circolo tennistico a Roma: economicamente funziona?
«Insomma. Ogni tanto sbaglio a fare i conti, sono un pessimo imprenditore, però mi sta bene così: volevo dare il massimo a chi non se lo può permettere, visto che da me non si pagano iscrizione e quota fissa, ma solo le ore effettivamente giocate».
I suoi figli la seguono?
«Ovviamente no. Uno fa nuoto, l’altra ginnastica...».
Rimpianti?
«Mi dispiace che a Roma quelli della mia generazione siano da sempre cani sciolti. E la colpa è solo di ignoranza e rivalità. Per questo ai giovani dico di parlarsi e fare rete. Pensi a cosa avremmo potuto fare io, Brignano, Giuliani, De Carlo...».
A Milano c’è lo Zelig che ha unito tanto.
«Io ho solo un brutto ricordo. Nel 1999 andai a Milano da loro in auto, a spese mie, per fare una serata di prova gratis. Con il locale strapieno prima di entrare in scena chiedo un cuba libre, cosa che faccio sempre, e al bar a brutto muso mi dicono che dovevo pagarlo subito: il locale non offre da bere. Ci rimasi così male che lo raccontai anche sul palco, facendo ridere tutti, e poi alla fine dello show me ne andai. Da allora non ho mai più avuto a che fare con lo Zelig».
Imita da sempre con grande successo: ora chi vorrebbe mettere nel mirino?
«Fedez, uno che vive davanti al telefonino».
Un progetto tutto suo, che prima o poi farà, ce l’ha?
«Ho scritto il soggetto per un film su Matteo Boe, il bandito sardo dei sequestri e della fuga – unico ad esserci riuscito – dal carcere di massima sicurezza dell’Asinara. Vicenda davvero incredibile».
Alla fine degli Anni 90 per sette anni è stato fidanzato con Selvaggia Lucarelli: quando la vede in tv la riconosce?
«Sì, certo. È sempre lei. Di persona non la vedo da tempo, posso non condividere quello che fa, ma la stimo e la rispetto».
Vi siete lasciati male?
«No. Abbiamo capito che era finita e abbiamo chiuso».
È vero che quando prepara i suoi show, ed è sotto stress, le vengono degli strani tic?
«Sì, sbuffo con la bocca, spernacchio. È un po’ assurdo, ma è così».