la Repubblica, 21 maggio 2023
Orban contro gli insegnanti
Mostrano striscioni con scritto «il potere è del popolo» i migliaia di ungheresi scesi in strada venerdì a Budapest per opporsi alla nuova legge che vuole revocare lo status di dipendente pubblico ai docenti. «La storia è scritta dai giovani», si legge ancora sui cartelli dei manifestanti che sventolano bandiere dell’Ungheria e dell’Unione europea. Studenti e professori marciano insieme per criticare il primo ministro ultraconservatore Viktor Orbán, contestato da tempo per le sue politiche illiberali e accusato di essere incapace di gestire il sistema scolastico del Paese. E che ha stroncato le richieste dei cittadini con una mossa che penalizza ulteriormente gli insegnanti.
Rinominata dai manifestanti «legge della vendetta», per Orbán la proposta migliorerà il sistema dell’istruzione. Ma la verità è che la principale conseguenza sarebbe la perdita dei benefici garantiti dallo status el’aumento del carico di lavoro del personale delle scuole. Per chi protesta la legge non sarebbe altro che un modo del governo di punire la categoria degli insegnanti per aver espresso il proprio dissenso nei confronti di Orbán.
L’eliminazione dello status di dipendente pubblico sarebbe l’ennesimo colpo inferto alla categoria. Le difficoltà economiche del Paese hanno portato il tasso di inflazione al 24%, che ha eroso i salari dei docenti, i penultimi tra i Paesi dell’Ocse. La retribuzione scarsa e l’inadeguata tutela dei dipendenti hanno contribuito alla carenza di personale, in un circolo vizioso che ha reso quello dell’istruzione uno degli ambiti più colpiti dal governo. Quasi 5mila insegnanti hanno dichiarato di essere pronti a lasciare il posto di lavoro se la legge entrerà in vigore.
Secondo Magyar Hirlap la polizia di Budapest, la Brfk, avrebbe arrestato due manifestanti, accusati di aver attaccato un membro delle forze dell’ordine. Un comunicato sul sito della Brfk racconta che il corteo hamarciato dalla piazza Oktogon della capitale verso viale Andrássy, fino a piazza degli Eroi. La protesta, prima riconosciuta, è stata definita illegale dopo i tafferugli tra poliziotti e manifestanti. Secondo la nota i civili avrebbero colpito gli agenti in uniforme con lattine di birra, bottiglie di vetro e viti di ferro.
Al potere dal 2010, Orbán ha dovuto far fronte a crescenti manifestazioni contro il suo operato, legate alla sua contesa con l’Unione europea sullo Stato di diritto nel Paese, alla limitazione della libertà di stampa, e alle sue posizioni su migranti e comunità Lgbtq+. Lo scorso dicembre la Commissione Ue aveva congelato quasi 22 miliardi di euro di fondi destinati all’Ungheria fino a quando non saranno soddisfatte le 27 condizioni per ripristinare lo Stato di diritto – l’accusa a Budapest è di manipolare le gare d’appalto e falsificare i conti di bilancio – e i diritti fondamentali nel Paese. E le ripercussioni dello scontro con Bruxelles pesano sui cittadini.
Le proteste dell’ultimo anno sono state prevalentemente pacifiche. Non quella all’inizio di questo mese, che pure chiedeva un’istruzione pubblica migliore e salari più alti per gli insegnanti. La polizia era arrivata a utilizzare lacrimogeni e manganelli di gomma contro gli studenti, accusati di volersi avvicinare agli uffici di Orbán attaccando le forze dell’ordine. In quell’occasione i giovani avevano risposto intonando il coro «i gas lacrimogeni non insegnano».