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 2023  maggio 20 Sabato calendario

Messina Denaro, i colloqui in carcere dopo l’arresto


Il vetro blindato divide Matteo Messina Denaro dalle tre sorelle che sono andate a trovarlo per la prima volta dopo l’arresto, nel carcere dell’Aquila. Ci sono Rosalia (che poche settimane dopo verrà arrestata per mafia), Bice e Giovanna. U siccu le rassicura sulla sua strategia, e con un filo di voce, quasi sussurrando, ma facendosi capire con l’aiuto del labiale, ripete: «Non mi pento».
Le tre donne di famiglia che dal trapanese hanno intrapreso il viaggio, prima in aereo e poi da Roma in macchina con autista e vetri oscurati, sono arrivate davanti a lui anche per avere una conferma. Non che ne dubitassero, ma sentirlo da lui, guardandolo in faccia, per queste donne ha un altro sapore. D’altro canto, questa sua linea l’aveva già chiarita ai pm che lo hanno incontrato la prima volta in cella, affermando che non avrebbe collaborato, salvo fare lunghe e tortuose dichiarazioni in cui si discolpa di ogni omicidio, strage o delitto in cui è stato condannato definitivamente. Sostenendo pure che lui non è nemmeno affiliato a Cosa nostra e quindi dice di non essere un uomo d’onore. Scarica ogni responsabilità sul padre, Francesco Messina Denaro, amico di Riina. Questo modo di fare rientra nel personaggio mafioso che racconta bugie e non vuole “sporcare” il blasone dei Messina Denaro, tradendo Cosa nostra.
Il boss è consapevole che se parlasse potrebbe cambiare la storia del Paese e a chi glielo fa notare in cella, U siccu si limita a sorridere, e non risponde. Come se volesse vantare questo invisibile potere. È un personaggio che vive nel suo mito. Il tumore lo sta corrodendo e lui vuole andare via senza tradire nessuna delle persone che per trent’anni lo hanno coperto e favorito. E lo hanno aiutato a nascondere il suo ricco bottino. Un tesoro a cui il procuratore della Repubblica di Palermo Maurizio de Lucia e il suo aggiunto Paolo Guido stanno dando la caccia. Ma ha fatto male i conti: i complici, quelli dai colletti bianchi, sono già nel mirino degli inquirenti. In questi mesi sono emerse tracce importanti che vengono sviluppate dagli investigatori, utili a svelare la ricchezza di Messina Denaro e le persone che lo hanno aiutato a investire e riciclare. È il lato grigio di questa inchiesta a cui i magistrati arrivano attraverso elementi che potrebbero essere la chiave del forziere.
La detenzione gli ha portato via le maschere che negli anni di latitanza ha indossato, e ora mostra il suo vero volto: avido, prepotente, senza alcun interesse per le persone che sono finite in cella a causa sua, compresa la sorella Rosalia e le amiche del boss di Campobello di Mazara. Nonostante ciò, lui si sente sicuro: «Non mi tradisce nessuno».È un capomafia diverso rispetto ai vecchi corleonesi Riina, Provenzano e Bagarella. U siccu non è stato il capo di Cosa nostra ma il capo della mafia di Trapani e ha accumulato ricchezze pensando solo a sé stesso.I sentimenti non fanno parte della sua natura. Lo ha dimostrato il 26 aprile scorso, nel giorno del suo compleanno, quando è andata a trovarlo in carcere la figlia Lorenza, 26 anni. Ufficialmente è la prima voltache si incontrano. In latitanza non l’avrebbe mai cercata per parlarle. Adesso ha davanti una ragazza che ha insistito per andarlo a trovare. Lui è seduto dietro il vetro della sala colloqui. Lei è emozionata. Lui nonlascia intravedere alcuna commozione, è freddo anche quando Lorenza lo chiama papà. In meno di un’ora di colloquio il boss le rinfaccia alcuni comportamenti che lei ha avuto quando era adolescente.
Dal modo con il quale il boss ricostruisce gli episodi del passato è come se l’avesse sempre controllata a distanza. E con tono freddo, ma pacato, chiede se ha ricevuto i regali che in questi anni le ha fatto recapitare, lamentandosi però di non aver mai avuto un segnale di «ringraziamento», un assenso o un rigetto peri suoi «pensieri». Lorenza gli fa capire che erano regali costosi, afferma di averli presi, non li ha mostrati ma non li ha rivenduti. Li ha conservati. Avrebbero tante cose da dirsi padre e figlia, il tempo nella sala colloqui è tiranno ma basta a Lorenza per non nascondere la gelosia di figlia per un’altra ragazza di Campobello di Mazara di cui ha parlato suo padre in messaggi e lettere. Parlano di una quasi coetanea cresciuta in una famiglia mafiosa, presa come esempio in lettere e messaggi scritti da Messina Denaro, il quale adesso prova ad aggirare la storia e si raccomanda di non dare retta a quello che legge sui giornali o sente in televisione.
La figlia lo ascolta e poi gli spiega che ha riallacciato i rapporti con le zie, le tre sorelle di suo padre, con le quali aveva avuto forti discussioni in passato, dopo la sua decisione di lasciare la casa dei Messina Denaro, dove è stata costretta a vivere per diciotto anni con la mamma. Un modo per dirgli che è rientrata nella famiglia. Alla fine dell’incontro il boss la guarda in faccia e le dice che se vorrà il cognome di Messina Denaro all’anagrafe, lui non si opporrà. E adesso è una decisione che spetta solo a Lorenza.