la Repubblica, 20 maggio 2023
L’erba di Bangkok
«Senti, annusa qua. Buonissima, è la nostra ultima arrivata». Roy, papà inglese, mamma giapponese, trasferitosi a Bangkok quindici anni fa, apre uno dei barattoli di vetro appoggiati sul bancone del Wonderland. «Mimosa, va alla grande. Ma ne abbiamo tante altre: Blue Sunset, Peyote Gorilla, un po’ più leggere». A fianco, tra cartine, bonghi egrinder, un menù: qualità, effetti, sapori, prezzi. Da un minimo di un grammo a un massimo di 28. Un grammo di Mimosa te lo porti a casa con 695 baht, 18 euro. «Vendiamo erba», sta scritto sul neon rosa lampeggiante in vetrina. E si era capito molto bene.
Da quando lo scorso giugno la Thailandia ha tolto la cannabis dalla lista dei narcotici liberalizzando le regole su coltivazione, consumo, possesso e vendita – primo Paese asiatico a farlo – qui a Sukhumvit, una delle strade principali della capitale, negozi dalle vetrine con insegne abbaglianti con la foglia verde a cinque punte, scritte a caratteri cubitali come “Enjoy your weed”e coffee shop stanno spuntando come funghi. A Khao San, mecca dei giovani zaino in spalla, c’è Plantopia: sembra un centro commerciale. Tutto a tema ganja. Tè e gelati alla marijuana. Di “dispensari”, come li chiamano qui, ne è piena anche Silom, la zona commerciale della capitale. A Patpong farmacie della cannabis dove si sceglie la propria qualità di indica o sativa. Per strada, però, non si fuma (in teoria) liberamente: ufficialmente si rischia l’arresto o una multa.
Ma il regno thai sta diventando la nuova mecca dell’erba. Un’esplosione disordinata e arrivata in fretta, però: mancano ancora regole chiare per la produzione e l’uso. A chiederle sono i coltivatori e gli stessi commercianti che si sono fiondati velocemente nel business.
Come Kitty Chopaka, pioniera del settore, che ha fatto parte della commissione parlamentare che un anno fa ha scritto la nuova legge. Fino allo scorso giugno si poteva essere incarcerati per 5 anni solo per il possesso di marijuana, 15 anni per la produzione. «Quando ho aperto, ero l’unica nel quartiere», ci dice Chopaka dentro il suo minuscolo negozio tra vasetti dimaria, oli, creme e caramelle gommose al gusto erba appoggiati sul bancone e sugli scaffali. «Guardati in giro ora – continua sorridendo – ho concorrenti dappertutto. I miei clienti sono 50% stranieri e 50% locali. Non vendo canne già fatte, anche se c’è qualcuno che lo fa: vendo i fiori, unico modo in cui si può fare questa attività. Certo, la nuova legge può essere un volanoper il turismo, dopo i tre anni di Covid, ma tutto deve essere fatto in modo responsabile, con delle regole. La legge è stata approvata molto in fretta, mancano regolamenti che la accompagnino, e questo sta causando molta confusione specialmente n ell’opinione pubblica». Al Far West iniziale si sono iniziati a mettere dei paletti. No alla vendita a donne incinte o che allattano. E nemmeno nei pressi di scuole e templi. Ufficialmente bisogna avere più di 20 anni per comprare e si può fumare solo in privato o in locali appositi. Fumare in pubblico per uso ricreativo è ancora punibile con 3 mesi di carcere o una multa fino a 25mila baht (670 euro). Nessun prodotto per i cibi, bevande, cosmetici deve avere più dello 0,2% di Thc. Gli estratti e qualsiasi altro tipo di prodotto trasformato a base di cannabis che superi questi limiti è ancora controllato dalla legge sugli stupefacenti. Più alto lo si trova in giro per l’erba pura: finora il contenuto di Thc nei fiori grezzi non è ancora stato controllato o regolamentato. Tutti i negozi devono avere una licenza, per contrastare il traffico illegale. «Ne sono state registrate 8.879 in tutta la Thailandia, più di 1.800 solo qui a Bangkok», dice Chopaka mostrandoci sul cellulare gli ultimi dati. «Ogni licenza costa 3mila baht (80 euro). Ma non tutti qui ce l’hanno, c’è ancora una zona molto grigia».
Padre della legalizzazione della cannabis è il ministro della Salute uscente, Anutin Charnvirakul, piazzatosi terzo col suo partito alle elezioni di domenica. La liberalizzazione della cannabis in Thailandia era iniziata già nel 2018, con la legalizzazione della marijuana solo a scopi medici. C’è chi teme però che il nuovo governo – qualunque esso sarà – possa fare marcia indietro: limitarla nuovamente all’uso medico, oppure a quello ricreativo. Vari partiti hanno messo in guardia dall’uso ricreativo che starebbe “danneggiando” i giovani.
«Escludo che ormai si possa tornare indietro», ci racconta nella lobby di un albergo del centro Tom Kruesopon, l’imprenditore thailandese conosciuto qui come “Mister Erba”. Ha aperto una filiale del negozio di cannabis statunitense Cookies a Bangkok, ne ha un centinaio in tutta la Thailandia ed è amico intimo proprio dell’ex ministro Charnvirakul. «Migliaia di persone sono uscite di galera dopo che la legge è passata lo scorso anno, non è fantastico? Ogni negozio che vedi in giro fattura in media 30mila euro. Entro due anni l’industria della cannabis varrà un miliardo. È un volano per l’economia. Il 70% dei miei clienti sono turisti. La maggior parte giapponesi, sono i più stressati. Diventeremo la nuova Amsterdam», se ne va ridendo.