Estratto dell'articolo di Giuseppe Videtti per “il Venerdì di Repubblica”, 20 maggio 2023
SE LA SENTIVA CALLAS – CENTO ANNI FANASCEVA MARIA CALLAS, CHE VISSUTO HA UNA VITA DA TRAGEDIA GRECA – QUANDO ARRIVÒ A VERONA NEL '47 UN COLLEGA LA DEFINÌ “UN FAGOTTO DI STRACCI” – LE SEI LEGGENDARIE INAUGURAZIONI DELLA SCALA, IL LICENZIAMENTO DAL MET E IL CLAMOROSO FIASCO ALL'OPERA DI ROMA DEL 1958 – IL DIVORZIO DA MENEGHINI (“UNA SORTA DI CARCERIERE”), LA SUPERCHIACCHIERATA LOVE STORY CON ONASSIS E L'UMILIAZIONE DEL MATRIMONIO DELL'ARMATORE CON JACKIE KENNEDY – SU RAITRE UN DOCUMENTARIO SULLA DIVINA – VIDEO -
Un secolo. Cento anni. Ossignore, Callas avrebbe cent'anni? Ve la immaginereste curva, canuta, il volto scritto da milioni di minuscole rughe, le mani deformate dall'artrite, a raccontare in tivù la gloria e gli amori? O su un profilo Instagram a commentare – per voce di una zelante segretaria, s'intende – spezzoni di recital, immagini rubate dai paparazzi sul mega-yacht Christina o nel suo eremo parigino?
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Più presente in morte (nel 1977, a 53 anni) che in vita, negli anni dei trionfi, che furono tanti, troppi, in un tempo così breve. Magari anche bellissima, più bella di com'era in realtà, come l'ha raccontata Monica Bellucci in Lettere e Memorie, lo spettacolo teatrale che dopo i successi europei ha avuto una calorosa accoglienza al Beacon di New York.
La Bellucci è tra gli ospiti di Corrado Augias, che celebra il centenario con il corposo documentario Callas Segreta, in onda sabato 20 maggio alle 21.45 su Rai 3. Con la passione del grande narratore, Augias si sposta nella penisola attraverso un itinerario-Callas (Arena di Verona, La Fenice, La Scala, l'Opera di Roma, il Danieli di Venezia), interrogando amici, colleghi ed esperti sulla magia di quella voce: la direttrice d'orchestra Speranza Scappucci, il giornalista Alberto Mattioli, Stefano Belisari (in arte Elio), Giovanna Lomazzi, confidente del soprano e destinataria di molte lettere.
A corredo, le testimonianze filmate di Pasolini, Visconti, Muti, Pavarotti. E del biografo Tom Volf, autore del magnifico docufilm Maria by Callas (2017) e del voluminoso e preziosissimo Io, Maria - Lettere e memorie inedite (Rizzoli, 2019) con, tra l'altro, le confessioni dettate dalla diva, tra la fine del 1956 e l'inizio del 1957, a un'amica, la giornalista Anita Pensotti […]
NORMA, MEDEA, AIDA Fu un anno felice per le nascite, il 1923: […] Poi, quando l'anno stava per scadere, il 2 dicembre, a New York, di domenica, nacque lei (ormai poco importa che fosse stata registrata come Maria Anna Cecilia Sofia Kalos, «Callas si nasce», dice Mattioli), non una delle…, ma la più grande della lirica (soprano drammatico d'agilità, cantante di coloratura, chiamatela come volete; fosse stata solo armata di tecnica, non sarebbe nell'Olimpo).
Norma (che interpretò 92 volte), Elvira, Carmen, Santuzza, Manon, Mimì, Cio-Cio-San, Turandot, Rosina, Medea, Elisabetta di Valois, la Gioconda, Giulia, Abigaille, Leonora, Violetta, Aida – c'è un puzzle di donne a costruire Callas, e non c'è una sola tessera di queste figure che non le appartenesse, che non la elevasse da popolana a eroina, da diva a martire.
Maria ne era consapevole: «Che cos'è la leggenda? È il pubblico che mi ha creata. Quando il pubblico ti ama così tanto, vuoi dare molto di più». È la regola ferrea dello show-business, l'abc dello star system: origini greche, sarebbe diventata italiana (per via del matrimonio con l'impresario Meneghini), ma era cittadina americana e quelle leggi non scritte ma inviolabili le conosceva bene: erano le stesse che stavano stritolando contemporanei come Judy Garland, Marilyn Monroe e Elvis.
Dopo le sei leggendarie inaugurazioni della Scala, a partire dal 1951, il chiacchierato licenziamento dal Met e il clamoroso fiasco all'Opera di Roma (il 2 gennaio 1958, quando dopo il primo atto di Norma, per un improvviso calo di voce, si rifiutò di rientrare in scena, lasciando in vana attesa vip e autorità – dal presidente Gronchi a De Chirico, da Lollobrigida a Magnani: dovettero accontentarsi di quella Casta Diva che, parole di Maria, «meritava di essere fischiata, non applaudita»), Callas era più di quella voce, sul palco era divina.
AMORI, DIETE, DOLORI «Ci sono due persone in me, mi piacerebbe essere Maria, ma devo convivere con la Callas». Sono i sintomi, che spesso degenerano in patologie, del successo pop; il destino era già scritto negli anni in cui la piccola Maria, dotata di un dono naturale fuori dal comune, era in balìa delle smanie di sua madre, la severissima e intraprendente Evangelia Dimitriadou che, come Maddalena Cecconi (il personaggio di Anna Magnani in Bellissima di Visconti), aveva già deciso: sarai una cantante, la più grande (la sorte le avrebbe riservato ben altre soddisfazioni rispetto alla Cecconi).
Maria, che non era ancora Callas, si lasciava guidare – zero aspettative: «Non sono una poetessa, non sono famosa, permettetemi solo di scrivere il mio nome» annotò sopra la sua firma nell'albo della scuola, il 28 gennaio del 1937. Gli anni della gavetta non hanno offuscato, semmai ingigantito l'aura pop; Maria, miope, povera, figlia di immigrati, alta, sgraziata, grassoccia: quando arrivò a Verona nel '47 per una (malpagata) Gioconda, qualche perfida collega (che ne aveva intuito le potenzialità – con quella voce!) la bullizzò con ferocia: «Un fagotto di stracci venuto dall'America».
Dieci anni dopo arriva a Parigi in trionfo: magra, visone, gioielli, fiori, trucco perfetto, la folla che l'attende sotto la scaletta dell'aereo e, a teatro, ad applaudirla (19 dicembre 1958), i duchi di Windsor, Brigitte Bardot con Sacha Distel, Jean Cocteau.
Diva al cento per cento (capricci compresi), pop al novanta («Parlare d'arte è difficile, parlare d'altre cose non son capace, quindi l'intervista in fondo non serve»). Il restante dieci lo aggiunge la superchiacchierata love story con Aristotele Onassis, il divorzio da Meneghini, l'impresario di 27 anni più grande che le diventa insopportabile («una sorta di carceriere»), infine l'umiliazione cui l'armatore greco la condanna alla fine del '68 sposando, a insaputa dell'artista, Jackie Kennedy – lo squallido contratto prematrimoniale è sbandierato dai tabloid.
Ora sì primadonna da melodramma; ora sì protagonista di una tragedia greca. Finalmente è davvero magra come voleva essere, proprio come il suo idolo, Audrey Hepburn, una bellezza che non avrebbe mai potuto uguagliare ma che imita con grazia: tailleur, cappellini, borsette. Non ha più bisogno di diete drastiche (92 chili nel 1952, 64 nel 1954, e 54 negli ultimi anni).
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Non meno travagliata fu la love story col collega Giuseppe Di Stefano, sposatissimo, che l'accompagnò nell'ultima tournée prima dell'oblio – ultima data Sapporo, in Giappone, l'11 novembre 1974). Potenza della lirica, dove ogni dramma è un falso, che con un po' di trucco e con la mimica puoi diventare un altro, avrebbe cantato Dalla in Caruso. Vale per tutti, per Pavarotti e Renata Tebaldi, la rivale, non per Maria. Lei era Callas, c'era dentro fino al collo. Cantante lirica che il melodramma ha reso pop.