Corriere della Sera, 20 maggio 2023
Cosa pensano gli italiani delle riforme
Il tema delle riforme istituzionali è tornato al centro del dibattito mediatico a seguito della decisione della premier di convocare i leader delle opposizioni per aprire un necessario confronto su una serie di aspetti e opinioni connessi alla materia. A cominciare dalla proposta, che ha maggiormente sollecitato il dibattito, legata all’ipotesi di una possibile riforma «presidenzialista», con l’elezione diretta del presidente della Repubblica e il relativo rafforzamento dei suoi poteri o, in alternativa, la scelta di un altro tipo di riforma come quella del «premierato», cioè l’elezione diretta del capo del governo con conseguente elevata crescita delle sue facoltà individuali di nomina e revoca dell’esecutivo. Ebbene, per il 25% degli italiani la riforma più opportuna sarebbe il premierato, a fronte di un 20% che propende per il presidenzialismo, di un significativo 26% che non gradisce entrambe le soluzioni e di un 29% che non sa cosa rispondere.
Tra i partiti
Fra gli elettori di FdI, forti del gradimento nazionale oggi goduto dalla premier, campeggia la propensione per il premierato con il 44%, seguito dalle altre forze di governo Lega-FI-Noi moderati al 36%. Se il centrodestra è prevalentemente propenso al premierato e in subordine al presidenzialismo (preferito da un terzo circa), gli elettori del centrosinistra esprimono un giudizio assai più tiepido su tale ipotesi, con il Pd al 21% e il M5S al 23%. Sempre nel centrosinistra molto più ampia appare la forbice fra elettori Pd e M5S sul presidenzialismo, con i primi favorevoli al 13% e i secondi al 29%. Nel complesso, tuttavia, solo il 12% considera prioritarie le riforme istituzionali nel loro insieme, mentre il 19% pur non considerandole prioritarie ritiene necessari alcuni miglioramenti dell’assetto istituzionale, il 20% è del parere che ci siano molte altre emergenze e, infine, per il 24% si tratterebbe addirittura di un tentativo per dirottare l’attenzione rispetto ad altre problematiche più urgenti da affrontare come lavoro, economia e diseguaglianze.
Pur se con differenti percentuali legate all’appartenenza partitica, emerge una chiara omogeneità del Paese sull’importanza dell’attuale ruolo super partes del presidente della Repubblica a garanzia del buon funzionamento e dell’autonomia dei tre principali poteri dello Stato (esecutivo, legislativo e giudiziario). Il 66% ritiene sia del tutto (39%), o almeno in parte (27%), un prezioso elemento di tutela civica. In linea con tale sentimento nazionale attento alla presenza fiduciaria di pesi e contrappesi istituzionali, il 61% dà molta (28%) o abbastanza (33%) importanza al ruolo e alle funzioni del Parlamento quale luogo privilegiato di esercizio della vita democrazia, in quanto eletto dai cittadini e chiamato a legiferare, a dare o togliere la fiducia al governo e ad eleggere il capo dello Stato. Un segnale che in parte sorprende evidenziando, più che l’attribuzione di grandi meriti al Parlamento, forse la raggiunta consapevolezza della maggior parte degli italiani del valore delle competenze presente in un sistema istituzionale rappresentativo, per quanto perfettibile.
Le ipotesi
Una consapevolezza che compare anche nel quesito inerente un’eventuale riforma costituzionale e le differenti strade da percorrere per attuarla. Per il 32%, in mancanza della prevista convergenza parlamentare dei due terzi, sarebbe opportuno porre in atto un referendum costituzionale. Percentuale pressoché analoga (31%) di coloro che rispetto a un referendum costituzionale preferirebbero affidarsi all’esperienza di autorevoli costituzionalisti, con l’elezione parlamentare di un’Assemblea costituente in grado di mettere tutti, o quasi tutti, d’accordo. Meno edificante il dato del 37% di chi non sa dare una risposta (raggiunge il 61% tra gli astensionisti), a testimonianza della perdurante scarsa dimestichezza di molti italiani verso i temi istituzionali e costituzionali.
I principi democratici
Non è dato sapere se quanto emerge dal sondaggio odierno sia espressione del buon senso che alligna tra i cittadini quando si tratta di riflettere sui principi democratici e neppure se siamo in presenza di un’inversione di tendenza del processo di disintermediazione e di messa in discussione della rappresentanza che ha caratterizzato l’ultimo decennio: sono segnali da seguire con attenzione. L’auspicio non può che essere indirizzato verso un accurato e solerte efficientamento delle articolazioni della macchina statale che, pur tenendo conto dei differenti pesi specifici e posizioni di forza fra maggioranza e opposizione, abbia la lungimiranza di produrre la migliore sintesi fra le molteplici istanze parlamentari e, soprattutto, fra i molteplici bisogni, tutti degni e la maggior parte improcrastinabili, delle categorie sociali che animano il nostro Paese.