Corriere del Mezzogiorno, 18 maggio 2023
Intervista a Vittorio Sgarbi - su "Scoperte e rivelazioni. Caccia al tesoro dell’arte" (La nave di Teseo)
Vittorio Sgarbi, critico d’arte, saggista, sottosegretario alla Cultura, oggi è a Bari (ore 17.30 al Country Club, in strada Santa Caterina 18, introduce Annalisa Tatarella), ospite della Fondazione Tatarella, per presentare il suo ultimo libro «Scoperte e rivelazioni. Caccia al tesoro dell’arte» (edito da La nave di Teseo) che rappresenta un affresco delle tante opere d’arte diffuse nel Paese, in collezioni private e piccoli musei, che meritano di essere valorizzate. Un volume che prende le mosse dal capillare lavoro di segnalazione svolto da Sgarbi nella sua rubrica sul settimanale del Corriere, Sette, e rilancia. Sottosegretario, dal suo libro emerge un tesoro artistico inesplorato, sommerso, se non nascosto.
Cosa l’ha colpita maggiormente?
«Quella di domani (oggi, ndr) è una anteprima. Il libro sarà stampato definitivamente per il Salone del libro di Torino, che comincia anch’esso domani (oggi, ndr) e a Bari anticipo quello che dirò successivamente lì. Il libro è un viaggio in Italia, con la sorpresa non di luoghi che sono nelle guide, ma di ciò che non si trova lì ma c’è nelle chiese, nelle collezioni private. Quindi si tratta di una emozionante caccia al tesoro, che effettuo da anni; una caccia che porta anche a scoperte impreviste di autori davvero importanti. Nel libro parlo delle opere di Caravaggio e di Canova; del primo, l’opera emersa a Madrid, del secondo quella scoperta a Cremona. Andando in giro, la visita delle chiese e delle case rappresenta un viaggio parallelo che riserva molte sorprese e scoperte, quando si tratta di opere mai studiate prima e di rivelazioni, opere che meritano una maggiore conoscenza».
Ha scoperto grandi capolavori?
«Certo, come dicevo Caravaggio, Canova, Bellini, pittori importanti che rappresentano il segnale della vastità delle collezioni e di ciò che le case private nascondono. Ho sempre pensato che se potessi vedere tutte le case delle nostre città scoprirei tanti tesori nascosti. Oggi, per fare un esempio, una scrittrice mi ha mandato un’immagine di un dipinto di Ligabue sconosciuto fino ad oggi. Dar conto di questo patrimonio significa aggiungere opere d’arte a quelle che già conosciamo, già viste e studiate».
In Puglia ha fatto delle scoperte di rilievo?
«Ho scoperto ad Assisi una scultura di Stefano da Putignano, poi una bellissima scultura del grande Niccolò dell’Arca, che è un maestro di prim’ordine. Stefano da Putignano ha lavorato in tante chiese del litorale adriatico».
Forse per valorizzare al meglio questo patrimonio occorrerebbe costruire una maggiore collaborazione con sovrintendenze ed enti locali?
«No, non c’è una questione metodologica. È il lavoro che io faccio che mi consente di non essere né un giornalista né un semplice funzionario delle belle arti, seppure ad un ruolo apicale del ministero. E di essere, invece, qualcuno che con amicizie di antiquari e collezionisti, frequenta un mondo parallelo da cui può venire fuori la scoperta di un autore sconosciuto. È questo un libro peculiare della mia vita. Per altri, invece, questo approccio può avere minore significato, perché anche se scopri un’opera inedita, poi occorre saperla interpretare».
Alcuni di questi capolavori appartengono a collezioni private. Ci sono difficoltà a costruire una rete di collaborazioni che ne consenta una fruizione pubblica?
«Molto spesso le proprietà private sono aperte al pubblico, con convenzioni. Ho trovato una cosa grottesca nella casa di D’Annunzio, a Gardone, dove ho trovato un’opera di valore. È un luogo aperto, visitato essenzialmente da persone che si recano lì per conoscere la vita sfrenata di D’Annunzio. È un esempio che dimostra che nei posti più impensati si possono trovare opere che finora sono state guardate in modo superficiale».
L’arte può rappresentare uno strumento di crescita e di sviluppo per il Paese?
«La bellezza dei luoghi è la ragione per cui uno va a visitarli. Poi, se ci sono attrazioni sconosciute, come fondazioni e case private, questo aumenta la curiosità per il non previsto, per l’inedito che non c’è nelle guide».
Lei è diventato sindaco di un paese in provincia di Frosinone. Cosa la spinge a questo impegno per valorizzare i piccoli borghi del Paese?
«Arpino è un comune importante, il paese di Cicerone. E se lei lo chiama un piccolo paese, è la testimonianza che merita di essere valorizzato. Così come occorre fare in tante altre parti del Paese, in altri luoghi, in Puglia, penso a Galatina, che non sono di primo piano. Arpino è un luogo che merita di essere visitato e che ha un turismo inferiore alle sue possibilità».
Lei è sottosegretario alla Cultura. Cosa pensa del dibattito in atto sul tentativo da parte del centrodestra di fondare una nuova narrazione, da contrapporre al mainstream della sinistra?
«È poco interessante per me perché sono sempre stato in primo piano su questo punto, con le mie idee e non ho avuto difficoltà ad affermarle. Non ho mai avuto bisogno di quote di garanzia. Capisco la battaglia che stanno conducendo, ma sono tra gli intellettuali riconosciuti a destra e a sinistra e non ho ansie di prestazione e ansie di postazione. Sono abbastanza postato dove sono».
Lei presenta il suo libro alla Fondazione Tatarella. Quali rapporti ha con questo centro culturale?
«Ero amico di Pinuccio Tatarella e quindi la Fondazione rappresenta una storia che conosco bene. Trent’anni fa abbiamo partecipato insieme ai primi governi Berlusconi, lui era vicepresidente del Consiglio. È stata una persona di valore e tanto amata, che ha cercato di dare alla sua parte politica uno spazio che oggi ha conquistato pienamente».
«Assolutamente. Tatarella è un modello la cui lezione può dare utili indicazioni di comportamento, può essere un esempio su come comportarsi anche per questo governo».