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 2023  maggio 20 Sabato calendario

LA SOLITA ITALIA DA RECOVERY – I FONDI DEL PNRR CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO CI SONO, MA NON VENGONO USATI. SI TRATTA DI 9 MILIARDI PER LA TUTELA DEL TERRITORIO. MA I PROGETTI SONO RIMASTI QUASI TUTTI SULLA CARTA – FITTO CHIUDE ALL’IPOTESI DI SPOSTARE PARTE FONDI EUROPEI PER L’EMERGENZA IN EMILIA-ROMAGNA, COME AVEVA PROPOSTO LA SEGRETARIA DEM ELLY SCHLEIN – DA PALAZZO CHIGI SPIEGANO CHE I TEMPI TECNICI PER UN “TRAVASO” DELLE RISORSE SONO TROPPO STRETTI, EPPURE... -

La rinuncia, invece del rilancio dell’impegno. Motivata, dal governo in retromarcia, con la spesa che arranca. Ma sempre una resa resta quella di non sfruttare il Pnrr per rafforzare il contrasto al dissesto idrogeologico.

Eppure lo spazio c’è. Perché la revisione del Piano di ripresa e resilienza è stata voluta da Giorgia Meloni proprio per riadattare gli obiettivi a un contesto che è mutato da quando il Piano è nato. Tra le priorità, però, non rientra la tutela del territorio se, come dicono i suoi ministri, il Pnrr non è la leva da utilizzare per cambiare passo nei giorni dell’alluvione in Emilia-Romagna.

Tecnicamente il travaso è possibile: le risorse per mettere in sicurezza il Paese potrebbero aumentare, assorbendo quelle che lasceranno per strada i progetti che non ingranano, da spostare altrove, su fondi che hanno una scadenza più lunga rispetto a giugno del 2026.

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C’è un problema, però. E qui si innestano le giustificazioni di Palazzo Chigi. Che restano coperte, ma che sono ben note agli addetti ai lavori che stanno seguendo da vicino la revisione dei progetti. Il problema: i 9 miliardi, sparsi nel Pnrr, per la salvaguardia del territorio, sono rimasti quasi tutti sulla carta. È da questa consapevolezza che è maturato il gran rifiuto alla proposta avanzata dalla segretaria del Pd Elly Schlein, che ha chiesto di «mettere più fondi sulla prevenzione del dissesto idrogeologico».

Non solo la dote non aumenterà, ma potrebbe addirittura diminuire. Dei 9 miliardi a disposizione, circa 6,5 sono assegnati a progetti che hanno a che fare indirettamente con la tutela del territorio. È la “fetta”, distribuita in più ambiti, che registra un avanzamento, seppure minimo. Sono invece fermi i 2,5 miliardi che il Pnrr assegna alle misure «per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico». Sono soldi che servono a portare in sicurezza 1,5 milioni di cittadini, oggi a rischio.

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Una valutazione che è stata fatta anche a Bruxelles: l’Italia ha i soldi, ben 9 miliardi, ma non li riesce a utilizzare. Dal governo Draghi, la destra ha ereditato il lavoro preparatorio, fino all’approvazione degli elenchi dei progetti. Poi il meccanismo si è inceppato. Le aggiudicazioni degli appalti procedono a rilento: vanno completate entro la fine dell’anno, ma l’obiettivo è già a rischio. Eppure la stragrande maggioranza di questi progetti deve solo cambiare il vestito finanziario, passando dal Fondo per lo sviluppo e la coesione al Pnrr.

Sono progetti “in essere”: esistono da tempo e però fanno fatica ad andare avanti. Dei 2,5 miliardi che il governo può impiegare, appena 800 milioni sono stati invece indirizzati a nuovi investimenti. E qui il quadro si fa più critico perché questi progetti sono ancora più indietro. Quella che invece ha preso forma è l’accusa del governo alle Regioni.

«È inutile cercare altro denaro se ancora qualcuno ha delle risorse nel cassetto», ha tuonato il ministro della Protezione civile Nello Musumeci. Che però, in quanto gestore di una parte dei fondi (1,2 miliardi, gli altri sono affidati all’Ambiente) a ieri non aveva un quadro preciso della spesa. Al ministero, i dati li aspettano dalle Regioni. […]