la Repubblica, 19 maggio 2023
Intervista a Elly Schlein
«È la prima volta che mi siedo al tavolo di una redazione», dice Elly Schlein, appena arrivata nella sede diRepubblica, per il primo forum da quando è segretaria del Pd.
Un’intervista a tutto tondo, che affronta in profondità la politica estera, interna, i nodi delle alleanze, il suo rapporto con la premier Giorgia Meloni. La leader dei democratici parte dalla sua regione, l’Emilia Romagna, travolta insieme alle Marche da una drammatica alluvione. «Un fenomeno devastante. Non è il momento delle polemiche, ma dell’unità e della coesione nazionale. Noi, come Pd, sosteniamo la raccolta fondi dell’Emilia Romagna e con i nostri iscritti siamo a disposizione di Comuni e Protezione civile, se serve, anche come braccia per spalare il fango. Ma soprattutto siamo disponibili a lavorare col governo, per mettere in campo mezzi e risorse necessari per la messa in sicurezza dei territori, per ristori e indennizzi».
Di questo e di molto altro Schlein ha parlato nel forum con la redazione diRepubblica, coordinato dal direttore Maurizio Molinari. Qui di seguito potete leggere una sintesi della conversazione.
Dopo questa ennesima alluvione, da parte della politica servono scelte più coraggiose?
«Sì. Nell’immediato, per le zone colpite va bene la sospensione degli adempimenti fiscali, ma ci vorranno molte altre risorse, miliardi di euro. E serve una semplificazione per gli interventi. In prospettiva, è fondamentale un salto di qualità del sistema Paese. L’Italia non ha ancora fatto i conti con la sua fragilità. Si parla in questi mesi di modifiche al Pnrr, c’è chi dice che non potremo spendere tutte le risorse, ecco avrebbe senso mettere più fondi sulla prevenzione del dissesto idrogeologico. Poi diciamolo: possiamo migliorare la resilienza del territorio, ma è chiaro che questo è l’impatto della crisi climatica, su cui questo governo è totalmente indifferente. Quante volte gli ecologisti sono stati accusati di dipingere scenari apocalittici... purtroppo poi le cose accadono».
Uno dei problemi dell’ultima tragedia è l’assenza di bacini di espansione per i fiumi che hanno esondato. Una parte dell’ambientalismo italiano è contraria. Il Pd come si pone?
«Non sono una tecnica. Sicuramente c’è un tema di politiche di contrasto al consumo del suolo, di adattamento, di prevenzione del dissesto. È ineludibile un piano nazionale. Non possiamo spendere 4volte dopo i disastri ciò che spendiamo in prevenzione».
Il vicepremier Matteo Salvini dice: il Paese paga decenni di politiche del no. Che visione contrappone il Pd?
«Non so a cosa si riferisca. Ma dico: non dividiamoci anche sul dissesto idrogeologico, troviamo le risorse».
L’ufficio Bilancio del Senato ha smontato il progetto di autonomia differenziata di Calderoli. Che farà il Pd se la maggioranza tira dritto?
«Siamo contrari nel merito e sul metodo. È un percorso nato su forzature gravi: non sono stati coinvolti i territori ed è stato scavalcato il Parlamento, perché i livelli essenziali delle prestazioni, che toccano la carne viva delle fratture sociali del Paese, quindi salute, sanità, trasporti locali, verrebbero fissati da una commissione tecnica del governo. Avanzare questa proposta senza mettere un euro per il fondo di perequazione, che dovrebbe essere di almeno 50 miliardi, significa prendere in giro le persone.
Si piantano bandierine ideologiche e si rischia di dividere ulteriormente il Paese, di acuirne i divari. Siccome il governo ci ha invitato a dialogare sulle riforme, noi abbiamo detto chiaramente che ci stiamo. Non sul presidenzialismo o sul premierato,ma sulla sfiducia costruttiva e per una legge elettorale che cancelli i listini bloccati. Ma ci siamo se è un confronto vero, se non hanno già deciso come va a finire, e se c’è una moratoria sull’autonomia differenziata, oltre che sul blitz della destra contro i ballottaggi. La risposta l’abbiamo vista: la presidente del Consiglio ha detto che presidenzialismo e autonomia differenziata stanno insieme. Noi ci batteremo per fermarli».
A proposito di autonomia, in passato la sua regione, l’Emilia Romagna, è stata in prima fila per rivendicare per sé molte materie. È stato un errore?
«Oggi non è in discussione la proposta dell’Emilia Romagna, ma quella di Calderoli e contro questa anche il presidente Bonaccini si è espresso con nettezza».
Inflazione, salari bassi, precarietà. L’Italia non riesce a uscire da una condizione sociale di estrema sofferenza. Se fosse al governo quali sarebbero le sue prime azioni?
«Questa è l’emergenza del Paese, ma il governo va nella direzione sbagliata. Nel decreto lavoro nascondono un aumento strutturale della precarietà, che incide anche sulla crisi della natalità. Se ho uncontratto che scade fra un mese, non penso a costruire una famiglia. Cosa fare? È interessante quello che ha fatto la Spagna, dove il governo ha limitato fortemente i contratti a termine. È essenziale un intervento per aumentare i salari, ma che sia strutturale. E servono una legge sulla rappresentanza per spazzare via i contratti pirata e il salario minimo. Il Reddito di cittadinanza poteva essere migliorato, certo, ma non azzoppato così».
Siamo vicini alla controffensiva ucraina. L’Italia fa bene a continuare il suo sostegno anche militare insieme ai partner della Nato? E l’Ucraina deve entrare nella Nato, come chiede Zelensky? E nell’Ue?
«L’Ucraina è stata oggetto di un’invasione militare criminale che viola il diritto internazionale, non ho mai avuto dubbi che fosse giusto sostenerla con ogni forma necessaria. Accanto al sostegno pieno, non dobbiamo perdere l’aspirazione a un ruolo diplomatico-politico dell’Ue che possa contribuire alla fine del conflitto. Ma dev’essere una pace giusta, nell’interesse del Paese invaso, non ci può essere equidistanza. Sull’adesione all’Ue, l’Ucraina oggi ha lo status di candidata, non sarà semplice, ma è laprospettiva su cui insistere».
Le istituzioni europee stanno esercitando una forte pressione sul governo per la ratifica del Mes. Che iniziative metterà in campo il Pd?
«Abbiamo già chiesto conto al governo della mancata ratifica. Dal punto di vista della credibilità internazionale, mi sembraopportuno che l’esecutivo proceda. In Ue stanno aspettando solo noi».
Come vede il Pd laproposta della Commissione di riformare il Patto di Stabilità e Crescita? E da federalista Ue pensa che una vittoria delle destre alle Europee possa compromettere il progetto dell’Unione?
«Sono una federalista europea convinta. Il rischio di una vittoria delle destre è da sventare. È preoccupante che una parte dei popolari stia ragionando sull’asse con i nazionalisti. Si rischia di intralciare il processo di integrazione, senza il quale rischiamo di non mettere in campo le risposte che servono alle grandi sfide, penso al clima, ma anche al fisco. In Europa abbiamo un problema, una concorrenza fiscale al ribasso, spietata, fra Stati, una corsa che ruba risorse per i servizi. Sono questioni che non si risolvono all’interno dei confini, questa è la bugia dei sovranisti: difendono aliquote dello zero virgola per le multinazionali, quando lavoratrici e lavoratori sono tassati sopra il 40. È un tema su cui il trattato prevede l’unanimità fra gli Stati, ma è un meccanismo che va superato, per evitare i veti. Ed è giusto che anche i paesi di Visegrad, alleati della premier, accettino la condivisione equa dell’accoglienza. Il muro di Orbàn è contro l’Italia, anche se Salvini lo guarda col binocolo e applaude. Sul patto di stabilità, sto studiando la riforma che ha elaborato il nostro commissario Paolo Gentiloni».
In Italia come pensa di costruire le alleanze?
«Non ci sono scadenze particolari, se non le amministrative e poi le Europee, dove ognuno presenterà la sua lista. Sui territori da parte nostra c’è una grande apertura a trovare punti d’incontro: a Brescia abbiamo vinto al primo turno in alleanza con il Terzo polo, a Teramo con i 5 Stelle.
Continueremo a essere molto disponibili a iniziative comuni, come stiamo facendo in Parlamento,partendo da tre priorità: lavoro di qualità, giustizia sociale, questione climatica. Su queste basi si trovano punti di convergenza importanti. Io la ritengo una necessità. Dopo la sconfitta alle Politiche e alle Regionali, sarebbe irresponsabile continuare a evitare di mettere al centro le cose su cui siamo d’accordo, che sono tante. Certo, non possiamo essere d’accordo su tutto: ci sono divergenze, altrimenti saremmo un partito unico e non lo ritengo nemmeno auspicabile. Gli elettori si aspettano questo da noi, non litigi».
Alcuni riformisti hanno lasciato il Pd. Come pensa di tenere unite culture diverse?
«Il Pd è e resterà un partito plurale.
Dispiace sempre quando qualcuno se ne va, ma in questi mesi non abbiamo fatto alcuna forzatura, su nulla.
Abbiamo appena svolto un congresso, partecipatissimo, e stiamo portando avanti il mandato ricevuto: il Pd non può continuare a voler essere tutto e il suo contrario, perché finisce per non rappresentare nessuno. Il fatto di coniugare unità e coerenza sta riavvicinando moltissime persone. Vi ricordate quale era il dibattito dopo la sconfitta? C’era chi diceva che il Pd non si sarebbe rimesso in piedi, era al 14%. Con questo slancio abbiamorialzato la testa».
Nella riunione sulle riforme, con Meloni vi siete appartate da sole per una ventina di minuti. Al di là delle divergenze politiche, cosa pensa della premier?
«È la nostra avversaria. La mia avversaria. E tra avversari ci deve essere rispetto e quando occorre anche dialogo».
E c’è? Vi siete scambiate i numeri di telefono?
«Ci mancherebbe che non avessimo canali di dialogo. Ho ricevuto una telefonata quando mi sono insediata. Sappiamo come trovarci. Ma sono più le cose che ci diciamo pubblicamente».
Che farà il Pd per arginare l’assalto della destra alla Rai?
«Meloni è nostalgica degli editti di Berlusconi. Vedo una fame di poltrone, un’occupazione senza visione strategica, con un impoverimento dell’offerta pubblica. Purtroppo è stato così anche in passato, ma vogliamo che Meloni sia l’ultima premier a procedere alla lottizzazione. Vogliamo costruire una riforma che favorisca pluralismo e indipendenza».
Cosa ne pensa dell’inchiesta di
Repubblica che svela gli affari della famiglia Meloni?
«Fate il vostro mestiere. È giusto chevigiliate».
Il procuratore nazionale antimafia Melillo ha lanciato un allarme sugli interessi delle mafie per il Pnrr. C’è poca attenzione?
«L’allerta sui rischi di infiltrazione nell’economia e nel Pnrr è per noi una priorità. Siamo preoccupati perché il governo invece pensa ai condoni, all’innalzamento del tetto del contante, a un codice che favorisce i subappalti a cascata. Così rendono più difficili i controlli».
Un’ultima domanda. Cosa pensa del duello fra democrazie ed autocrazie? Che rapporto dobbiamo avere con Mosca e Pechino?
«Non dobbiamo dare per scontata mai la democrazia. Purtroppo anche all’interno dell’Ue non abbiamo strumenti sufficienti a garantire il rispetto dello stato di diritto, penso all’Ungheria e alla Polonia. Dobbiamo rinsaldare i nostri principi e lo possiamo fare se siamo coerenti sia nell’Ue che nelle nostre relazioni estere e commerciali. L’ho detto di recente: non possiamo sacrificare sull’altare degli interessi economici i diritti fondamentali. Per questo insistiamo a chiedere verità e giustizia per Giulio Regeni e la liberazione di Patrick Zaki».