Corriere della Sera, 19 maggio 2023
la cementificazione in Emilia Romagna
La pioggia eccezionale, certo. Ma c’è anche altro dietro il disastro che ha colpito la Romagna. C’è quella che una volta chiamavamo cementificazione e che da un po’ di tempo ha preso il nome di consumo di suolo. Tecnicamente si tratta della perdita di una superfice originariamente agricola o naturale a causa della copertura artificiale del terreno. Qui una volta era tutta campagna, insomma. E da questo punto di vista, il territorio messo in ginocchio negli ultimi giorni non è messo per niente bene.
Secondo l’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, l’Emilia-Romagna è la terza regione per incremento di suolo consumato tra il 2020 e il 2021, con 658 ettari. E anche per il totale di suolo consumato sempre nel 2021, con oltre 200.000 ettari. L’anno prima era al quinto posto, adesso davanti ha solo Lombardia e Veneto. Nella classifica dei comuni, poi, al secondo posto c’è Ravenna, preceduta soltanto da Roma. E i dati peggiori si concentrano proprio nella parte meridionale della fascia costiera, quella finita sott’acqua. Non che nel resto del Paese le cose vadano molto meglio. Nel 2021 in Italia c’è stato il più alto consumo di suolo degli ultimi dieci anni. Una tendenza che trasforma in miraggio quell’obiettivo del consumo zero che secondo l’Unione europea dovremmo raggiungere entro il 2050. In Emilia-Romagna, però, la situazione sembra più complessa che altrove. È vero che, al di là di ogni ambizione di sostenibilità, il consumo di suolo è maggiore nelle regioni dove l’economia tira di più. L’Emilia-Romagna non sfugge alla regola.
Oltre che per consumo di suolo, la regione è terza anche per ricchezza procapite. Non solo. L’accelerazione nel numero di ettari cementificati del 2021 marcia di pari passo con il rimbalzo dell’economia regionale dopo la pandemia: nel 2021 l’Emilia-Romagna era uno delle cinque regioni già tornate sui livelli pre Covid. Segno che, in attesa di diventare davvero circolare, l’economia continua a procedere in modalità lineare, cioè bruciando nuove risorse, terreni compresi. L’Emilia-Romagna, tuttavia, è una delle poche regioni che sul consumo di suolo, in attesa di una regolamentazione nazionale, si è dotata di una propria legge regionale. Ed è qui che la questione diventa politica.
I numeri
L’Emilia-Romagna è il terzo territorio italiano per incremento del suolo consumato
La legge risale al 2017 e dice che l’incremento annuale di superfice cementificata deve restare in ogni Comune al di sotto del 3%. Come sempre, però, ci sono delle eccezioni. Restano fuori dal calcolo le opere pubbliche, gli insediamenti strategici di rilievo regionale, gli ampliamenti delle attività produttive esistenti, i nuovi insediamenti residenziali collegati a interventi di rigenerazione urbana. Abbastanza, insomma, per far salire l’Emilia-Romagna al terzo posto di questa classifica non proprio virtuosa.
Per questo Legambiente ha più volte definito quel testo «un fallimento», chiedendo di intervenire di nuovo. La legge è arrivata durante il primo mandato di Stefano Bonaccini come governatore della Regione. L’accelerazione del 2021, invece, quando vice presidente della Regione era Elly Schlein, oggi segretaria del Pd. Che tra le sue deleghe aveva anche il cosiddetto patto per il clima, e cioè il «coordinamento delle politiche di prevenzione e adattamento ai cambiamenti climatici e per la transizione ecologica». Temi che, seppure non direttamente, hanno a che fare con gli effetti del consumo di suolo e delle piogge eccezionali degli ultimi giorni. Due indizi che ieri hanno spinto Libero a titolare in prima pagina «Sott’acqua il modello Pd», e qualche parlamentare di centrodestra a mugugnare, ma nulla più, perché questo è ancora il momento dell’emergenza, dei soccorsi e della solidarietà. Più avanti, però, la polemica potrebbe prendere quota.