il Fatto Quotidiano, 18 maggio 2023
L’austerità spiegata facile: gli Statali
Il nostro ministro della Funzione pubblica, Paolo Zangrillo, è un ammiratore di Adriano Olivetti e ritiene che “quello sulle persone è il più importante e strategico degli investimenti”. Parole sante. Ora, il nostro non ha avuto un euro da spendere nella Pa e dunque parla forse di un investimento emotivo (“al posto fisso è preferibile il posto figo”) o è un tipo molto ottimista: per i rinnovi contrattuali “dobbiamo uscire da questa tempesta perfetta, ma le previsioni economiche ci danno ragione”. Tra le previsioni del Def, però, c’è che la spesa per stipendi pubblici decresca nel triennio e qui veniamo a come funziona l’austerità. Avevamo circa 3,5 milioni di “statali” nel 2010 e ne abbiamo persi 300mila in pochi anni. Adesso il monitoraggio annuale di Forum Pa stima in 3,266 milioni gli impiegati nel pubblico al 1° gennaio 2023, finalmente in aumento rispetto all’anno prima. Problema: i lavoratori stabili sono 2,932 milioni, il livello più basso dal 2001, quelli precari 437mila (la metà in scuola e sanità), il 15%. Ora col Pnrr servono tecnici (precari), ma in pochi pensano sia “figo”: il 20% rinuncia al posto dopo il concorso, percentuale che sale al 50% per quelli a termine. Oggi l’Italia – citiamo dal Sole – ha “5,5 dipendenti pubblici ogni 100 abitanti, sono 6,1 in Germania, 7,3 in Spagna, 8,1 in UK e 8,3 in Francia” e sul totale degli occupati “il 14% italiano si confronta col 16,9% del Regno Unito, il 17,2% della Spagna e il 19,2% della Francia”. Come ci ricorda il sindacato Usb non solo abbiamo meno dipendenti, ma in proporzione li paghiamo meno: il 26% rispetto alla Francia, il 34% alla Spagna, il 56% alla Germania. Non è solo un problema di servizi carenti (che pure c’è e ha un costo), ma degli effetti generali di queste scelte: come la rinuncia a investire in case popolari è prodromica al mercato di rapina negli affitti, così la fuga dello Stato come datore di lavoro consente il “modello Bangladesh” in quello dei salari. L’austerità non è stata (solo) i tagli, ma un riassetto di sistema che ha ridotto davvero la Costituzione al “pezzo di carta” che “lo lascio cadere e non si muove” su cui ci mise in guardia Calamandrei. Il federalismo degli schei e la De Gaulle della Garbatella non sono che la ciliegina sulla torta (di merda).