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 2023  maggio 18 Giovedì calendario

Biografia di Tina Modotti

"Tina Modotti, sorella, tu non dormi, no, non dormi: forse il tuo cuore sente crescere la rosa di ieri, l’ultima rosa di ieri, la nuova rosa. Riposa dolcemente, sorella.../ Sono i tuoi, sorella: quelli che oggi pronunciano il tuo nome, quelli che da tutte le parti, dall’acqua, dalla terra, col tuo nome altri nomi tacciamo e diciamo. Perché il fuoco non muore". Queste parole fanno parte dell’epitaffio che Pablo Neruda dedicò a Tina Modotti, morta a quarantasei anni il 5 gennaio 1942. E dai versi si intuiscono i tratti di un’esistenza vissuta sotto il segno di un metaforico "fuoco". Un’esistenza fatta di inquietudini, scandali, misteri, ma anche e soprattutto di coraggio, tenacia, passione politica, immenso talento. All’insegna della libertà, dell’impegno civile, del desiderio di "testimoniare" la realtà così come è, con le sue crudeltà, le sue ingiustizie. Tina considerava la fotografia uno "strumento di indagine e denuncia sociale". «Desidero fotografare ciò che vedo, sinceramente, direttamente, senza trucchi e penso che possa essere questo il mio contributo a un mondo migliore», aveva detto colei che si sarebbe affermata in un campo all’epoca soprattutto maschile, divenendone uno dei grandi esponenti.
LITTLE ITALY
Assunta - detta Assuntina, poi Tina - Saltarini Modotti nasce a Udine il 17 agosto 1896. Viene da una famiglia povera, di operai socialisti. Il padre emigra in America; lei dodicenne lascia la scuola, comincia a lavorare in fabbrica e frequenta lo studio fotografico dello zio. Nel 1913 va a San Francisco, dal genitore. E di nuovo trova lavoro in fabbrica, al tempo stesso recita in teatro per gli esponenti di Little Italy, fa la modella. Si sposa con un pittore soprannominato "Robo", con lui va a Los Angeles, conduce vita bohémien, frequenta gli intellettuali. Bella, seducente e seduttiva, intelligente, inizia quindi a lavorare nel cinema. La sua prima pellicola è The tiger’s coat, "Pelle di tigre". Siamo nel ’20, in pieni "anni ruggenti". Tina lavora con Rodolfo Valentino ma si stanca subito degli stereotipi hollywoodiani. Conosce il fotografo Edward Weston, amico del marito, diviene la sua modella, ha una storia con lui. Robo allora parte per il Messico, dove muore di vaiolo.
LE RELAZIONI
Anche Tina si sposta a Città del Messico con Edward Weston, dal cui lavoro impara molto. Ha un’esistenza libera e turbolenta, costellata da relazioni, si lega alla pittrice militante Frida Kahlo e al marito di lei, il potente pittore comunista Diego Rivera, che la fa divenire fotografa ufficiale dei "muralisti". La Modotti si lancia nell’attività politica, che va di pari passo con l’arte. Aderisce al Partito comunista messicano, si iscrive a Soccorso Rosso, alla Lega antimperialista. Passa dalla fotografia "romantica" a quella "rivoluzionaria" e sociale. Usa una macchina Graflex: foto in bianco e nero, primi piani, campesinos, lavoratori, popolo, parate, bambini, donne. Un celebre e significativo scatto del ’29 si chiama Le mani del burattinaio. All’apice del successo, terrà un’esposizione definita "la prima mostra rivoluzionaria in Messico".
La storia con Weston finisce, ma Tina si innamora di Julio Antonio Mella, uno dei fondatori del Partito comunista di Cuba, che viene ucciso davanti a lei nel gennaio del ’29. Morte misteriosa, con diversi strascichi e una violenta campagna scandalistica contro la Modotti stessa, che allora va a fotografare le donne belle e fiere della regione del Tehuantepec. Ha una relazione con l’italiano Vittorio Vidali, stalinista e agente del Comintern, che viene sospettato della morte di Mella (celebre è il murales di Rivera The Arsenal, in cui sono raffigurati i tre). La situazione in Messico si fa esplosiva, Tina viene arrestata e poi espulsa. Nel ’30 arriva a Rotterdam, va a Berlino, quindi a Mosca. Segnalata come antifascista e agente russa, lascia la fotografia per dedicarsi alla politica, ma è una scelta che le consuma l’animo. Arte e politica hanno sempre rappresentato per lei un connubio fondamentale e inscindibile. Si dedica a Soccorso Rosso, va a Parigi per il Comintern, secondo alcuni fa la spia, poi prende parte alla guerra civile spagnola. Il controverso Vidali "il Comandante Carlos" - è l’animatore del V Reggimento delle Brigate internazionali antifranchiste. Tina combatte a sua volta; incontra Robert Capa che vorrebbe convincerla a riprendere la macchina fotografica, ma lei non accetta.
LA FINE
Nel ’39, la Modotti e Vidali tornano in Messico. Lev Trotsky viene brutalmente ucciso: Vidali è sospettato di coinvolgimento e arrestato, anche su Tina c’è qualche diceria. Ma nel gennaio ’42 è lei a morire a Città del Messico. Diego Rivera punta il dito contro Vidali, che secondo lui avrebbe preferito eliminare una testimone scomoda dei feroci eventi spagnoli. Resterà una storia oscura, anche se sembrerebbe che la Modotti sia morta d’infarto in un taxi che la stava conducendo a casa. E nel taxi viene ritrovata la mattina dopo. «Metto troppa arte nella mia vita e di conseguenza non mi rimane molto da dare all’arte», aveva detto una volta.