La Stampa, 18 maggio 2023
Intervista a Vittorio Sgarbi
Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura, è il nuovo sindaco di Arpino, borgo del Frusinate dove ha avuto i natali Cicerone. Ieri era proprio li, per l’insediamento e per annunciare progetti come l’istituzione di una scuola di oratoria. E visto che si parla di insegnamenti gli chiediamo subito del nuovo liceo del made in Italy, voluto dal ministro Adolfo Urso e sponsorizzato dalla presidentessa del Consiglio Meloni.
Cosa ne pensa?
«Che se ne poteva fare anche a meno».
Ma come?
«Penso che i licei classico e scientifico siano più che sufficienti. Il design è materia universitaria come le tecniche artigianali sono materie da istituto professionale».
Ma c’è bisogno di mano d’opera nei distretti industriali. Lo fanno anche per questo.
«Appunto. Non lo chiamerei comunque liceo, ma istituto tecnico. Prima di impiegarti nei settori del made in Italy devi imparare l’anima del mondo, i concetti, la bellezza dell’arte. Poi uno che fa questo liceo che vantaggio ne ha. Se si deve andare a lavorare nei distretti servono semmai l’apprendistato o una scuola tecnica. Non un liceo».
Pensa che in tutto questo, e parlo del decreto sul made in Italy, prevalga la narrazione sovranista?
«Vi ricordo che furono Alemanno e i ministri di destra a restituire a Carlo Petrini il primato della sovranità alimentare, un ulteriore avanzamento, che lui introdusse in chiave progressista al tema del made in Italy. Che può essere legato al cibo ma anche alla capacità artigianale. Non è altro che la continuazione naturale delle capacità creative degli artisti italiani. Abbiano avuto Giotto e poi Emilio Pucci. Non c’entrano né la destra né la sinistra».
Tutti questi marchi del made in Italy se parliamo di moda, ma non solo, sono in mano agli stranieri. Hai voglia a dire sovranismo…
«Questa è un’evoluzione della moda e del design, ma il made in Italy rimane tale anche se lo producono gli stranieri. Il produttore conta meno dell’inventore».
Ma poi sono i produttori, spesso stranieri, a fare profitti.
«Il fatto dei costi riguarda il percorso produttivo non creativo. Molte cose italiane sono vendute da gruppi internazionali. Dobbiamo tutelare la creazione».
E c’è il tema della sovranità alimentare.
«Il tema della sovranità alimentare è in realtà la difesa di una produzione legata alla nostra terra, al nostro vento, al nostro clima che rendono unici i prodotti, come dice anche Farinetti».
Veramente a Farinetti la parola sovranista fa venire l’orticaria in campo alimentare.
«Però, in realtà, il suo amico Petrini la ha confermata. Forse è giusto cambiare parola, anche perché sovranità è troppo regale per il mondo contadino e comunque si possono trovare parole più miti rispetto ai concetti. Però certamente quello che lui chiama la biodiversità italiana è la stessa cosa. Quando penso al Gorgonzola, penso all’Italia e va bene. Quando penso alle cipolle penso a Tropea. Noi siamo un’area della terra privilegiata rispetto alle biodiversità decantate da Farinetti e su questo non possiamo che essere tutti d’accordo».
Visto che vanno usate parole italiane il decreto non dovrebbe chiamarsi “fatto in casa” invece che made in Italy?
«Certo secondo la logica che stanno portando avanti, sì».
E adesso lei ad Arpino insegnerà la retorica ciceroniana.
«Occorre insegnare alle persone a parlare. Hanno tolto persino il corso di eloquenza forense all’università e così anche gli avvocati non sanno più parlare. I corsi di eloquenza ciceroniana sono necessari perché le funzioni pubbliche sono professioni fatte di parole».
Come fa a fare tutto? Il sindaco è un compito impegnativo. E lei è anche sottosegretario oltre che prosindaco di Urbino. Praticamente un collezionista di cariche...
«Farò come ho sempre fatto nella mia articolata capacità di fare le cose. L’idea del sindaco che deve stare, fisso, nel suo paese è assurda, occorre trovare finanziamenti e fare iniziative; la forza del sindaco sta nelle idee e nei contatti che ha. Avrò poi un vicesindaco operativo, Massimo Sera che sarebbe stato il sindaco se non fossi arrivato io, adesso integriamo le nostre attività».
Primo consiglio?
«Il 2 giugno nel giorno della Festa della Repubblica. Arpino è stato dimenticato, non è nella lista dei borghi più belli d’Italia. E come con Sutri farò in modo che questa ingiustizia sia sanata. Faremo anche una mostra su Cavalier d’Arpino, cittadino illustre, il maestro di Caravaggio. Stamattina mi ha chiamato il famoso designer Ugo La Pietra, anche lui di Arpino e mi ha detto che ci tornerebbe volentieri se non fosse che tanta bellezza lo distrae, mentre a Milano si concentra».
Non sembra un complimento a Milano per la proprietà transitiva...
«Lui lo sostiene. Milano è fatta per produrre ma il suo cuore è ad Arpino dove tra le altre cose c’è un olio buonissimo».
Olio sovranista?
«Olio buono». —