la Repubblica, 18 maggio 2023
Intervista a Jordan Ifueko
Parla Jordan Ifueko, regina del genere fantastico, amata anche dai social La scrittrice afroamericana sarà al Salone di Torino. Che oggi apre i battenti
Dabambina leggevo tanto. Ma nelle favole non ho mai trovato nessuna protagonista che miassomigliasse». Ecco perché Jordan Ifueko si è inventata Tarisai, la sua eroina nera. Se c’è una scrittrice che rappresenta le nuove istanze della letteratura – diritti, integrazione, lotta agli stereotipi – questa è l’autrice dell’epopea fantasy diventata un caso internazionale che presto sarà una serie Netflix:Raybearer, che Fazi ha pubblicato a gennaio con un grande lancio su TikTok.
Ifueko, classe 1993, è nata in California da genitori nigeriani. Al Salone del libro, sabato, sarà protagonista di due diversi appuntamenti: alle 13,30 all’Arena Bookstok con Megi Bulla. Alle 18,15 ad Arena Robinson con le booktoker Rita Nardi, @pensieri_come_parole, Emanuela Scarpelli, @ema_in_neverland, e Giulia Salaccione, @laclizia.
Chi è Tarisai?
«Spesso le ragazze nere vengono rappresentate come sfacciate e forti. Da scrittrice, è importante per me ritrarle come persone bisognose di amore e protezione, esattamente come chiunque altro. Creo mondi in cui le persone potenti possono essere allo stesso tempo tenere e delicate. Mondi in cui le ragazze nere diventano magiche, ma anche molto, molto umane. Come Tarisai».
Cosa significa essere una seconda generazione nell’America di oggi?
«Gli immigrati di seconda generazione, me compresa, spesso sentono di non appartenere a nessun luogo: non siamo cresciuti nel paese di origine dei nostri genitori ma non condividiamo nemmeno l’eredità del paese in cui la nostra famiglia si è trasferita.
Finiamo per creare una cultura interamente nostra. Descrivo spesso Raybearer, comelasomma del mio groviglio di influenzeculturali. Sono la figlia americana di immigrati nigeriani, cresciuti a loro volta quando la Nigeria era una colonia britannica. A casa guardavamo molti film dell’Asia meridionale e, quando ero un’adolescente, i drammi coreani erano diventati estremamente popolari negli Stati Uniti».
Dice che la bellezza dei neri non è stata raccontata abbastanza: cosa intende?
«Molti media eurocentrici hanno problemi a vedere i neri come persone tridimensionali. Dobbiamo essere santi altruisti o sfacciati personaggi comici, forze animalesche della natura o sfondi silenziosi. La bellezza e la gentilezza sono concetti che la mentalità eurocentrica associa principalmente al candore.
Pensiamo a quante frasi nelle storie magiche collegano nero concattivo: magia nera, stregone oscuro, cuore nero. Sfido quelle frasi inRaybearer».
Quanto il genere fantasy permette di affrontare temi scottanti, delicati, attraverso il filtro della magia?
«Il fantasy consente sia agli scrittori sia ai lettori di sperimentare i problemi della vita reale applicando una lente che accresce la posta in gioco e il mistero, dando dignità a quelle lotte interiori che molti di noi affrontano».
Nell’esergo scrive dei bambini “di cui abbiamo ridotto le storie a dramma o prodigio senza chiedere, una sola volta, i loro nomi». Vengono in mente i piccoli migranti, i bambini in guerra in Ucraina: parlava anche di loro?
«Quella citazione può descrivere tutti i bambini che sono stati ridotti a una statistica. Ma mi riferivo alleragazze di tutto il mondo e al modo in cui sono spinte a conformarsi a una idea di bontà sottomessa o malvagità ribelle, piuttosto che alla loro essenza di esseri umani complessi portatori di storie individuali».
Nel libro affronta anche il tema degli asessuali, come il principe Ekundayo: quanto è importante essere rappresentati da una letteratura senza stereotipi?
«Fondamentale. Quando le persone, specialmente i bambini, non si vedono rappresentate dai media, si sentono aliene, persino mostruose: se la società non riconosce la tua esistenza, ti sembra che ci sia qualcosa che non vada in te».
Quali libri l’hanno formata come scrittrice?
«Tantissimi. Alcuni dei più importanti sono Io so perché canta l’uccello in gabbia di Maya Angelou,Jane Eyre di Charlotte Bronte eThe Two Princesses of Bamarre di Gail Carson Levine».
Il suo libro è esploso su TikTok.
Qual è il suo rapporto con i social e con #booktok?
«È così bello vedere persone di tutto il mondo unite dal loro amore per le storie. Mi piace TikTok. Ma devo stare attenta: i social creano dipendenza e non alimentano la mia energia creativa».
Si parla tanto di cancel culture.
Cosa ne pensa?
«Ritenere i personaggi pubblici responsabili delle metafore dannose che utilizzano è una buona cosa. Ma mi frustra il fatto che, soprattuto sui social, molte persone trovino più facile spendere la propria rabbia cercando di punire i singoli artisti, invece di lavorare per smantellare i sistemi di potere».
Cosa ci sarà nel nuovo volume di “Raybearer”?
«Se il primo volume racconta di Tarisai che trova il suo scopo, il secondo si concentra sulla sua lotta per realizzarlo e sul coraggio di chiedere aiuto».