Corriere della Sera, 18 maggio 2023
Intervista a Daniele Bossari
«Quando arriva la diagnosi ti tremano le gambe». E, a Daniele Bossari, l’anno scorso sono tremate. Cancro. Un carcinoma alla base della lingua. Per affrontarlo, il conduttore ha dovuto sottoporsi a pesanti cure. «Oggi sai che la scienza ti dà più possibilità di guarigione, ma all’inizio mi sembrava di vivere in un incubo, si disintegrano tutte le certezze. Il primo risultato è la distruzione dell’ego: di colpo non puoi fare niente se non affidarti agli altri». E gli altri, per lui, ci sono stati. «Ho ricevuto l’amore immediato di Filippa (Lagerbäck, sua moglie da cinque anni e compagna di vita da 22), ma anche della mia famiglia, che ho sentito ancora più vicina: mio padre, che era da sempre un esempio di forza, un uomo tutto d’un pezzo, impostazione rigida, una carriera militare, non faceva che ripetermi “ti voglio bene”. Mia mamma pregava. Trovo affascinante notare come in queste tempeste si cerchi sempre un aiuto trascendentale».
Lo ha fatto anche lei?
«Io mi sono affidato completamente alla scienza per il corpo ma non ho chiuso la speranza metafisica. Ho pregato anche io, come mia mamma, e mi sono rifugiato nell’amore. Dopo le cure, che sono state belle invasive, ho deciso di raccontare questa esperienza che avevo tenuto riservata con il pensiero che potesse fare bene ad altri, visto che anche io ero alla costante ricerca di altre esperienze simili da leggere».
Ora come sta?
«Sto bene, sono in una fase molto bella, produttiva. Ho voglia di solarità, di vita e amore: sto esplorando la sua potenza a livello universale. E ho sperimentato una interconnessione profonda con l’universo; mi fa ridimensionare i problemi e le arrabbiature: scivola tutto più velocemente. Intervisto ricercatori, scienziati ma con consapevolezza diversa rispetto al passato».
Il suo interesse per la spiritualità e l’esoterismo ha, in realtà, radici lontane.
«La mia ricerca è cominciata guardando il cielo d’estate, in riva al mare, da ragazzino. Mi ero fatto le classiche domande ancestrali: chi siamo, da dove veniamo. Volevo cercare di raggiugnere una consapevolezza circa la nostra posizione nell’universo e quindi avevo iniziato a leggere testi di astronomia, ma non mi bastava. Ho virato sui testi esoterici, sulla filosofia, sull’antroposofia, cercando anche di fare uno studio parallelo delle religioni. Fino a quando ho incontrato una figura molto importante, Franco Battiato».
Cosa ha rappresentato per lei?
«In lui ho trovato un maestro, anche se non amava farsi chiamare così. Ma nel mio caso lo era. Facevo meditazione in maniera selvaggia, come diceva. Lui mi ha insegnato le tecniche, gli esercizi di respirazione e di consapevolezza che faccio ancora oggi: danno dei picchi di benessere e ti fanno capire che non siamo che piccoli granelli di sabbia nell’universo».
Come vi eravate conosciuti?
«Nel 2007: lui era in promozione con un suo disco ed era venuto in radio, dove lavoravo. Io ero abbastanza timoroso perché aveva la reputazione di essere un ospite abbastanza difficile da gestire. In realtà ci siamo trovati subito e abbiamo iniziato a scambiarci una serie di informazioni: è scattata un’affinità e un’amicizia. Senza contare che mi ha dato subito una lezione: mi aveva promesso di inviarmi la copia master di un film a cui stava lavorando, Niente è come sembra; a me sembrava impossibile e invece dopo una settimana mi è arrivato il pacchetto da parte sua. Da lì abbiamo iniziato a sentirci con regolarità e abbiamo anche scritto un libro».
Ha iniziato la sua carriera come dj.
«Era eccitante, bellissimo. E, inconsapevolmente, avevo già messo in pratica una serie di tecniche, come il visualizzarsi. Nel mio lavoro, insomma, sono partito dall’immaginazione: avevo un sogno ben chiaro, cioè lavorare in radio e in tv. Ascoltavo Jovanotti su radio Deejay e sentivo che volevo appartenere a quel gruppo, fare quello stesso mestiere. Prima te lo immagini e poi cerchi di realizzarlo».
E lei come ci è riuscito?
«Un passaggio chiave è avvenuto una sera, in un locale a Milano, il Propaganda. C’era una serata revival, organizzata da Cecchetto: era l’occasione della mia vita. Sgattaiolando, mi sono infilato nel privé, mi sono fatto coraggio e sono andato da Claudio dicendogli: “Sono Daniele, vorrei lavorare in radio”. Mi rispose: “Ok, chiamami domani”. Io me ne sono andato felicissimo, realizzando solo dopo che non sapevo dove chiamarlo. Per un paio di settimane telefonavo tutti i giorni in radio ma non me lo passavano mai. Una sera però, tornando a casa, ho trovato un biglietto dei miei genitori: “Ti ha chiamato Pierpaolo Peroni (allora braccio destro di Cecchetto, ndr.), dice di richiamarlo”. Il giorno dopo alle 7.30 l’ho fatto e mi ha dato un appuntamento il lunedì per un provino. Jovanotti lo sentì e disse: “Bravo questo ragazzo” e quindi andai in onda. Io volavo: avevo 21 anni e mi fa ridere pensare che ho iniziato con un programma in cui parlavo di viaggi mentali».
Poi arrivò anche la tv.
«Un altro mio sogno. Avevo visto su Mtv un promo che diceva: se già sei un dj, trasformati in vj. Così presi una telecamerina super 8, feci una cassettina in cui mi presentavo e la consegnai a mano nella sede di Milano di Mtv. Dopo qualche giorno arrivò la chiamata: preso, vai a Londra».
Un altro sogno realizzato.
«Incredibile. Continuavo la radio facendo i collegamenti da una postazione allestita nell’infermeria di Mtv: arrivavano ogni tanto queste ragazze con il mal di pancia, magari per il ciclo, e io nel mentre trasmettevo. Mi facevo la regia da solo, inventandomi la figura di questo presunto regista, Alfred, a cui davo la colpa quando sbagliavo qualcosa: mi sono divertito tantissimo».
Il successo è stato una vera esplosione, vero?
«Ma io, vivendo a Londra, all’inizio non mi rendevo conto. Il mio agente mi diceva che non potevo andare in giro da solo in Italia ma non ci credevo così un giorno l’avevo fatto: ricordo scene allucinanti, dove è dovuta intervenire la polizia per la ressa che si era creata, con tanto di vestiti strappati. Nel tempo mi sconvolgevo nel vedere che se mi mettevo un piercing nel pizzetto, dopo poco se lo mettevano tutti».
Poi c’è stato il passaggio a Mediaset.
«A un pubblico più grande, con programmi come Fuego, WhatsApp. Grandi successi».
In quegli anni è arrivata Filippa Lagerback.
«L’avevo vista la prima volta in un poster pubblicitario e forse anche lì ho visualizzato, visto che ho pensato subito: ok, sarà la donna della mia vita. Ho avuto modo di incontrarla proprio a Fuego e ho cominciato a chiedere agli autori di invitarla il più spesso possibile. Era il mio corteggiamento. Lei ci ha messo un po’ più di tempo a decidersi».
Cosa l’ha conquistata oltre all’immagine su quel poster?
«La sua ironia. La capacità che ha di farmi ridere fino alle lacrime con sagacia e acume: è velocissima nel fare battute su tutto e questa cosa non l’avevo trovata in nessuna. Penso che lei, in generale, sia molto più evoluta di me come essere umano e lo è naturalmente, senza leggere tutti i libri che leggo io: lei ha innato il rispetto per gli altri, l’amore, la dolcezza, la responsabilità, il senso civico, il legame con la natura. In tutti questi anni mi è sempre stata vicina e per sempre intendo dire sempre, anche nei miei momenti di depressione e dolore: lei c’era».
Litigate mai?
«Capita di discutere ed è sempre per colpa mia. Davvero: sono una testa calda. In più, avendo un carattere ipersensibile, alterno picchi di gioia a momenti di sconforto: è una oscillazione difficile da gestire per chi mi sta vicino, anche se l’ho capito solo dopo con un percorso terapeutico e psicologico».
Ha parlato della sua depressione in televisione, durante il «Grande Fratello Vip».
«Penso sia giusto parlarne, che ci sia una certa urgenza di cercare una condizione di felicità: per ottenerla bisogna parire da noi stessi, provare a meditare anche se si pensa di non avere tempo. Nessuno si apre ai mondi interiori: appena c’è un momento di pausa si prende in mano il cellulare e non ci si ferma mai ad ascoltare i propri pensieri. Ma farlo apre già una porta».
La sua depressione appartiene al passato?
«Secondo me rimane sempre, anche se l’ho curata. Adesso ne riconosco i segni: è come se fosse un ciclo, un respiro. Quando capisco che ricominciano ad affacciarsi gli spettri, so però come affrontarli: ci sono arrivato dopo anni di terapia e ricerca introspettiva. Ma la depressione è come una fiammellina: resta sempre lì».
Quando si è accesa?
«Negli anni del grande successo mi sentivo onnipotente: ero solare, affrontavo la vita in modo propositivo, avevo soldi, fama, tutto. E pensavo che sarebbe stato così per sempre. E invece le botte le ho prese ed è stata una delle lezioni della vita: è nata lì la crepa che mi ha fatto scivolare giù, nella depressione».
Come mai ha deciso di chiedere a Filippa di sposarsi dopo tanti anni insieme?
«Prima non ne sentivamo l’esigenza in effetti: il sigillo del nostro amore è stata Stella, nostra figlia. Gliel’ho chiesto durante il Grande Fratello ma, nonostante sia avvenuto sotto gli occhi delle telecamere, avevo maturato in me questo desiderio e mi sono buttato: per fortuna ha detto sì ed è stato bellissimo proprio perché eravamo maturi e consapevoli della nostra scelta».
Cosa visualizza ora, nel suo futuro?
«Considero un traguardo aver imparato a concentrarmi sul presente: questo è il mio vero cambiamento interiore. La mia focalizzazione è legata all’amore, al circondarmi di persone interessate a fare del bene, curando le emozioni: siamo sommersi da tempeste emotive ma nessuno ci insegna a gestirle. Vorrei provare a farlo».